incidente

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza  17 luglio 2013, n. 17460

Fatto e diritto

Considerato:
che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori: “Il relatore, cons. Antonio Segreto, letti gli atti depositati, osserva:
1. A..G. conveniva davanti al tribunale di Torino, S..C. , quale proprietaria di autovettura Punto e l’assicuratrice Società Reale Mutua Assicurazioni, per sentirli condannare in solido al risarcimento del danno alla persona subita nel mentre su un motociclo veniva investito dall’auto della C. .
Il tribunale dichiarava la responsabilità della C. e condannava le convenute in solido al pagamento della somma di Euro 158.674,92, per danni alla persona subiti dall’attore.
La Corte di appello di Torino, adita sia dall’attore che dall’assicuratrice, riteneva il concorso di colpa del danneggiato attore nella misura del 20% e condannava in solido le convenute al pagamento del danno non patrimoniale in Euro 94.287,60 e quello non patrimoniale in Euro. 134.222,49, oltre interessi e spese.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione G.A. .
Non hanno svolto attività difensiva le intimate.
2. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione agli artt. 1223, 2043, 2056 2057, 112, 115 1 116 c.p.c..
Assume il ricorrente che è manifestamente illogico il percorso giuridico logico adottato dal giudice in merito alla ripartizione delle quote di concorsualità, attribuendo al ciclomotore una determinata velocità sulla esclusiva valutazione delle tracce di frenata, con incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi.
Inoltre il ricorrente lamenta che la corte ha omesso di considerare le deposizioni dei testi S. e Sa. .
2. Il motivo è manifestamente infondato.
Infatti, come costantemente affermato da questa Corte, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 2/03/2004, n.4186; Cass. 25/02/2004, n.3803; Cass.30/01/2004, n.1758; Cass. 05/04/2003, n. 5375).
Nella fattispecie la sentenza impugnata, fondandosi sia sul rapporto dei vigili urbani, che sulla deposizione del vigile M. ha rilevato l’esistenza di una traccia di frenata di ben m. 15,08, ed utilizzando le nozioni di comune esperienza, a cui il giudice ben può riportarsi, ha ritenuto che la velocità del ciclomotore fosse piuttosto elevata con una condotta non prudenziale ed adeguata alle condizioni di circolazione e che tale velocità aveva influito sull’eziologia dello scontro e sulle conseguenze.
Tale motivazione è immune da vizi di insufficienza o contraddittorietà della motivazione, rilevabili in questa sede di legittimità.
3. Quanto alla mancata rilevanza assegnata alle prove testimoniali, rispetto alle risultanze del rapporto dei verbalizzanti, va osservato che al giudice del merito spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge).
4. Va inoltre osservato che l’apprezzamento del giudice del merito circa le modalità di un incidente stradale, il comportamento delle persone in esso coinvolte, le singole violazioni compiute dalle medesime, e, in particolare, la valutazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente nella produzione dell’evento dannoso, costituiscono altrettanti giudizi di fatto, incensurabili in sede di legittimità, ove risultino immuni da errori logici e giuridici (Cass. n. 9040 del 15/04/2010; 15809 del 11/11/2002).
Sulla base di quanto sopra detto va, quindi, rigettato il ricorso”.
Ritenuto:
che il Collegio condivide i motivi in fatto e diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve, perciò, essere rigettato;
che nessuna statuizione vada emessa per le spese processuali;
visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

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