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Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 18 luglio 2013 n. 17564

Svolgimento del processo

In data 24 maggio 2006 il tribunale di Alba dichiarava risolto il contratto di locazione relativa ad una cantina ubicata ai n.30 e 32 di via (omissis) stipulato il 31 dicembre 1991 tra B.A. , B.G. e la F.lli De Nicola s.r.l. e condannava la società in liquidazione in persona del liquidatore D.N.A. , nonché il liquidatore di persona al rilascio della cantina nel termine di sei mesi, oltre al pagamento delle spese processuali.
Su gravame della F.lli De Nicola s.r.l. in liquidazione, cui resisteva B.G. quale unico erede di B.A. la Corte di appello di Torino in data 10 novembre 2008 confermava la sentenza di prime cure e condannava l’appellante alle spese del grado.
Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione la società e di persona il suo liquidatore D.N.A. , affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il B. che ha depositato memoria. All’udienza del 18 ottobre 2012, il Collegio, rilevato che la questione giuridica, concernente la carenza di legittimazione a proporre ricorso da parte della società era sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite di questa Corte, rinviava la causa a nuovo ruolo.

Motivi della decisione

1. – Con l’unico motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 2945 c.c.) la società in liquidazione si duole che erroneamente il giudice dell’appello non avrebbe rilevato la propria carenza di legittimazione passiva in ragione dell’avvenuta estinzione della società a seguito di cancellazione della stessa dal registro delle imprese avvenuta in data 22 luglio 2005 per effetto del decreto del Giudice Delegato e, quindi, la domanda avrebbe dovuto essere riproposta nei confronti dei soci della società estinta (p. 5 ricorso). Alla illustrazione del motivo viene formulato in modo corretto il quesito di diritto (p. 10 ricorso):
“Posto che la Corte di appello di Torino ha escluso che l’art. 2495 c.c. nella parte in cui prevede la estinzione della società, possa trovare applicazione per il caso in cui la cancellazione della società dal R.I. non è intervenuta a seguito dell’approvazione del bilancio finale di liquidazione, conclusivo appunto di tale fase di liquidazione, ma in forma di ordinanza del giudice del R.I. quale effetto sanzionatorio per il mancato deposito del bilancio per tre anni consecutivi cosi che mancando la fase liquidatoria non sarebbe possibile per i criteri agire nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio o perché, mancando la fase liquidatoria nonostante il provvedimento di cancellazione la società ha continuato ad operare:
dica codesta Ecc.ma Corte di cassazione se l’art. 2495 c.c. nella parte in cui prevede la estinzione della società trovi applicazione nel caso in cui la cancellazione della società dal registro delle imprese sia avvenuta a seguito di provvedimento del giudice del Registro delle imprese e se tale cancellazione determini la estinzione della società con efficacia irreversibile e ciò quand’anche sia mancata la fase di liquidazione e, di fatto, la società nel periodo successivo alla detta cancellazione, abbia proseguito la sua attività”.
2. – In riferimento all’attuale giudizio il Collegio osserva.
In primo luogo va dichiara la inammissibilità del ricorso proposto in proprio dal liquidatore in quanto soggetto non appellante.
Infatti, l’appello fu proposto dalla De Nicola s.r.l. in liquidazione.
In merito alla questione giuridica va precisato quanto segue.
In punto di fatto A. e G..B. proprietari di immobili promessi in vendita a D.N.A. che citavano avanti al Tribunale di Alba per ottenere sentenza ex art. 2932, con scrittura del 12 ottobre 1992 conciliavano la lite concordemente e convenivano la risoluzione del preliminare di compravendita e la restituzione da parte dei B. della somma di Euro 260.000/00 al D.N. e la riconsegna da parte del D.N. ai B. degli immobili liberi entro il 30 giugno 2004.
Il D.N. non adempiva e gli immobili erano occupati a far data dal 30 giugno 2004 alla F.lli De Nicola s.r.l. in forza del contratto di locazione stipulato il 31 dicembre 1991, per cui i B. si rivolgevano al Tribunale di Alba per la risoluzione del contratto di locazione della cantina ubicata ai n.30 e 32 di via (omissis) per ottenerne il rilascio nel termine di mesi sei.
Il Tribunale accoglieva la domanda.
Nelle more dell’appello della società in liquidazione, proposto in nome e per conto di essa dal liquidatore A..D.N. , all’udienza dell’8 febbraio 2007 la Corte territoriale dichiarava la interruzione del processo per morte di A..B. .
Il processo veniva riassunto dalla s.r.l. De Nicola in liquidazione in persona del suo liquidatore.
Integrato il contraddittorio nei confronti degli eredi, il giudice dell’appello, decidendo in via preliminare sull’eccezione di difetto di legittimazione passiva della società stessa perché cancellata e, quindi, estinta in data 22 luglio 2005 e, pertanto, non essendovi più l’ente (la società) per cui neppure il liquidatore poteva ritenersi legittimato ad agire o ad essere convenuto, non ha condiviso questa impostazione.
La società ricorrente ha contestato e contesta con il presente ricorso questa statuizione, alla luce dell’art. 2495 c.c., così come novellato.
3.-In linea interpretativa va sottolineato che questa Corte, già con le sentenze” gemelle” n.4060, 4061, 4062/10, in osmosi con specialistica dottrina, ha avuto modo di ravvisare nelle modifiche apportate dal legislatore al testo dell’art. 2495 c.c., rispetto alla formulazione del precedente art.2456, che disciplinava la medesima materia,una valenza innovativa, per cui la cancellazione di una società di capitali dal R.I. ora è da considerarsi senz’ altro produttiva di un effetto estintivo destinato ad operare in coincidenza con la cancellazione, se questa ha avuto luogo in data successiva al 1 gennaio 2004.
Ma, l’intervento di questa Corte non si è fermato qui.
Ritenuta la questione della legittimazione attiva o passiva della società estinta per cancellazione, come questione di notevole importanza, le Sezioni Unite con le sentenze “gemelle” n. 6070/13 e n. 6071/13 hanno statuito che il giudizio in cui la società attrice o convenuta sia cancellata dal R.I. e, quindi, estinta può essere proposto o proseguito nei confronti dei soci, ove si tratti di giudizio in cui i creditori abbiano convenuto in giudizio la società, mentre il giudizio può proseguire ad iniziativa dei soci nel caso di rapporti attivi della società.
Di vero, con la riforma dell’art. 2495 comma 2 c.c. – il comma 1 riproduce il contenuto di cui all’art. 2456 comma 1 c.c. – la cancellazione ha assunto efficacia costitutiva e i creditori insoddisfatti possono notificare la propria domanda contro i soci e i liquidatori presso l’ultima sede della società e possono agire anche nei confronti del liquidatore (deve intendersi, però, per risarcimento dei danni) se il mancato pagamento dei debiti sociali sia dipeso da colpa di questi; ma di tale ulteriore previsione non occorre occuparsi – osserva il Collegio -, non essendo stata esercitata alcuna azione contro il liquidatore nella vertenza in esame.
Peraltro, l’efficacia costitutiva della cancellazione, che è disposta dall’ufficio del R.I. sotto la sorveglianza del giudice, che attiene al controllo formale del procedimento, determinando la estinzione della stessa, configura un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale le obbligazioni di essa si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda che, pendente societate, essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali.
In virtù di questo autorevole dictum, quindi, la F.lli De Nicola s.r.l. in liquidazione non poteva proporre ricorso per cassazione, in quanto il proposto mezzo deve provenire, a pena di inammissibilità, dai soci della stessa.
In altri termini, una volta estinta, la società attrice o convenuta, ricorrente o resistente, non può essere soggetto e protagonista della vicenda processuale che la riguarda.
Pertanto, il ricorso proposto dalla F.lli De Nicola in liquidazione va dichiarato inammissibile.
Ricorrono giusti motivi, atteso l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite di questa Corte, successivo alla sentenza impugnata, per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto in proprio da D.N.A. ; dichiara inammissibile il ricorso della società; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

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