Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 17 febbraio 2016, n. 3137

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18175/2014 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del Procuratore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 91/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del 23/12/2013, depositata il 21/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;

udito l’Avvocato (OMISSIS) (delega avvocato (OMISSIS)) difensore della controricorrente che si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 20 luglio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza in data 21 gennaio 2014, la Corte d’Appello di Firenze ha rigettato l’impugnazione proposta dal sig. (OMISSIS), contro la sentenza del Tribunale di Pistoia, che aveva respinto la domanda risarcitoria proposta contro (OMISSIS) SpA per l’acquisto di obbligazioni Argentina 10% 22.2.2007. Secondo la Corte territoriale, per quello che ancora interessa in questa sede, la deposizione del teste (OMISSIS) (il quale aveva testimoniato della rappresentazione di rischiosita’ dell’investimento, per il rischio Paese, del consiglio dato di non acquistare quei prodotti, ecc.) e l’esame dell’ordine di acquisto (da cui era desumibile la doppia sottoscrizione dell’investitore (la seconda, posta sotto la dicitura di operazione non adeguata in relazione all’oggetto), avrebbero fatto escludere la rappresentata violazione di legge (articolo 29 Reg. Consob).

Avverso la sentenza della Corte d’Appello ha proposto ricorso il soccombente (OMISSIS), con atto notificato a mezzo posta il 1 luglio 2014, sulla base di due motivi, con cui denuncia la violazione o falsa applicazione di legge (articolo 246 c.p.c., e articoli 28 e 28 Reg. Consob n. 11522/98), ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., nn. 4, 5 e 3.

La Banca resiste con controricorso.

Il ricorso appare manifestamente infondato, giacche’, sotto le apparenti spoglie della violazione dei menzionati dispositivi di legge, chiede a questa Corte un sostanziale riesame delle risultanze processuali ed una diversa valutazione delle prove (precostituite e semplici)compiuta dai giudici di secondo grado, dopo che allo stesso risultato era pervenuto anche il primo giudice.

Infatti, nell’impianto motivazionale della decisione impugnata, non sono ravvisabili i vizi di violazione di legge ipotizzati dal ricorrente, atteso che la Corte ha diffusamente motivato in ordine:

a) Alla piena legittimita’ della deposizione del teste (OMISSIS) (de relato e non de relato actoris) ed alla sua congruenza con le stesse risultanze documentali, senza profili di incompatibilita’ con l’ordinanza di esclusione da teste della persona da cui la (OMISSIS) avrebbe appreso le circostanze riferite, avendo la Corte territoriale motivato circa la correttezza di quella esclusione e la non necessita’ di una sua apposita revoca, essendo risultato, il teste escusso, pienamente puntuale (preciso e circostanziato: p. 3).

b) Del resto, le censure della ricorrente in ordine alla presunta violazione degli articoli 28 e 29 Reg. Consob, mirano sostanzialmente alla inammissibile ripetizione del giudizio di merito (attraverso il riesame di fatti e documenti oggetto di apprezzamento nella fase di merito) e, con riferimento alle sentenze (come quella oggetto del presente giudizio) pubblicate oltre il termine di trenta giorni successivo all’entrata in vigore della Legge n. 134 del 2012 (che ha convertito il Decreto Legge n. 83 del 2012), si infrangono sull’interpretazione cosi’ chiarita dalle SU civili (nella Sentenza n. 8053 del 2014): la riformulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 54, conv. in Legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’articolo 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimita’ sulla motivazione. Pertanto, e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.

In conclusione, si deve disporre il giudizio camerale ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., e articolo 375 c.p.c., n. 5″.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra, alla quale risultano essere state mosse osservazioni critiche dalla parte ricorrente che, tuttavia, non colgono nel segno;

che, infatti,quanto alle critiche alla ricostruzione della verita’ anche per il tramite della deposizione di un teste (tale (OMISSIS)) che gia’ la Relazione di cui sopra ha chiarito trattarsi di un teste “de relato” e non “de relato actoris” (come tendenzioasamente affermato dal ricorrente) va richiamato il principio di diritto gia’ affermato da questa Corte (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8358 del 2007 e succ. conff.) e secondo cui “In tema di rilevanza probatoria delle deposizioni di persone che hanno solo una conoscenza indiretta di un fatto controverso, occorre distinguere i testimoni de relato actoris e quelli de relato in genere: i primi depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto medesimo che ha proposto il giudizio, cosi che la rilevanza del loro assunto e’ sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte del giudizio e non sul fatto oggetto dell’accertamento, che costituisce il fondamento storico della pretesa; gli altri testi, quelli de relato in genere, depongono invece su circostanze che hanno appreso da persone estranee al giudizio, quindi sul fatto della dichiarazione di costoro, e la rilevanza delle loro deposizioni si presenta attenuata perche’ indiretta, ma, ciononostante, puo’ assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilita’”; che, le dichiarazioni riportate in sede istruttoria, riferite al teste escusso ( (OMISSIS)). da un funzionario della banca, possano rendere assimilabili quelle raccolte dal giudice ad una inconsistente testimonianza de relato actoris, e’ affermazione del tutto ipotetica (se non gratuita) perche’ priva dell’allegazione (comunque intempestiva) degli interessi specifici che avrebbero (potuto o dovuto) trasformare quel dichiarante da teste (per quanto non escusso dal giudice per ragioni di assicurazione al processo di una prova sicuramente attendibile) in una parte, idonea a spiegare perche’ il dipendente di un ente si sarebbe identificato con l’ente medesimo, e’ oggi messo in discussione dal ricorrente, sulla base di un asserita potenziale confluenza di interessi (onde assimilare, nella sostanza, la testimonianza del (OMISSIS) a quella di un teste de relato actoris), che e’ dato meramente surrettizio, del tutto ipotetico e privo di un’idonea base giustificatrice;

che, al riguardo va respinta l’argomentazione del ricorrente in base al seguente principio di diritto: In tema di rilevanza probatoria delle deposizioni di persone che hanno solo una conoscenza indiretta di un fatto controverso, perche’ il teste “de relato”, ossia quello che depone su circostanze che ha appreso da persone estranee al giudizio, possa dirsi inutile (recando un contributo non rilevante) o dannoso ai fini della ricostruzione dei fatti da accertare (in quanto divenga portavoce, anche inconsapevole, di una delle parti in causa), occorre dimostrare che esso costituisce di fatto un dichiarante sostanzialmente assimilabile al testimone “de relato actoris”, ossia a quel teste che depone su fatti e circostanze di cui e’ stato informato, piu’ o meno in modo interessato, dal soggetto medesimo che ha proposto (o subito) il giudizio o che abbia operato per conto e nell’interesse di quest’ultimo, fino a identificarsi con esso – sulla base di specifiche ragioni e circostanze – cosi’ da perdere la propria autonomia;

che il sol fatto di essere dipendente dell’ente chiamato in causa, ove operino regole giuridiche che tutelino l’autonomia del prestatore di lavoro e i suoi principi morali, non costituisce una ragione sufficiente per far declassare ed identificare il dichiarante con la parte in causa, per la quale egli abbia prestato o ancora presti la sua opera lavorativa, pur potendo il giudice considerare non pienamente attendibile la sua dichiarazione;

che, beninteso, nella specie, il dichiarante non e’ stato escusso ma le sue dichiarazioni sono state riferite da altro teste (percio’ de relato) e, quindi, valutate, per circostanze di tempo e luogo e attendibilita’, dal giudice che le ha raccolte; che, come gia’ affermato nella Relazione posta dopo l’epigrafe, nell’economia della motivazione del giudice a quo, l’attendibilita’ dei contenuti della deposizione del teste de relato e’ stata, poi, ulteriormente riscontrata con “le stesse risultanze documentali”, che non possono in questa sede essere svalutate, come pretende il ricorrente con la sua memoria, sol perche’ esse si ridurrebbero ad una “crocetta” posta su di un modulo cartaceo (verosimilmente, del tipo predisposto), poiche’ la documentazione in esame – non anomala ma di rito – e’ stata ritenuta un valido riscontro dei contenuti di quelle dichiarazioni, da parte del giudice del merito, che quelle dichiarazioni ebbe a raccogliere e a valutare, con un giudizio – anche di credibilita’ del teste – che e’ insindacabile in questa sede; che esso va respinto in applicazione degli enunciati principi di diritto;

che per ogni altra doglianza appare superflua ogni ulteriore precisazione oltre quanto gia’ riportato della Relazione del consigliere relatore;

che, in conclusione, il ricorso, manifestamente infondato, deve essere respinto, con condanna le ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate come da dispositivo, e raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio che liquida in complessivi euro 4.100,00 di cui euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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