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Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 17 aprile 2014, n. 8934

Osserva

La CTR di Palermo ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la sentenza n. 107/24/2009 della CTP di Bari che aveva accolto il ricorso proposto dalla contribuente ” I. srl”- ed ha così annullato la cartella di pagamento relativa ad accertamento di minor credito di imposta anno 2004 e recupero del medesimo, cartella adottata a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che l’iscrizione a ruolo, eseguita a norma dell’art.36 bis del DPR n.600/1973. non costituisce un semplice atto di riscossione, bensì un accertamento del debito d’imposta quando non sia preceduta da un autonomo avviso di accertamento, sicché la cartella esattoriale deve contenere anche una sufficiente motivazione circa la ragione dei recuperi, a mente dell’art.3 della legge n.241/1990, senza che sia consentito all’amministrazione di emendare il difetto di motivazione dell’atto impositivo a mezzo delle allegazioni e prove dedotte nel contraddittorio processuale. D’altronde, l’Amministrazione aveva anche obbligo di preventiva comunicazione delle irregolarità riscontrate nella dichiarazione, obbligo al quale non aveva assolto. Infine (e per quanto non si trattasse di questione affrontata dal primo giudice o riproposta dalla parte contribuente, che non si era costituita in appello, ma semplicemente richiamata dalla stessa parte appellante) la CTR evidenziava che la cartella in questione doveva pure considerarsi nulla per difetto di sottoscrizione ed indicazione del responsabile del procedimento.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La parte contribuente non si è costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art.380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art.375 c.p.c.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione degli art. 12 e 25 del DPR n.602/1973) la parte ricorrente -dopo avere premesso che nella fattispecie qui in esame era stata effettivamente recapitata al contribuente la comunicazione di irregolarità prodromica al ruolo e dopo avere riportato (con modalità invero illeggibile, perché effettuata con riproduzione fotostatica del contenuto della cartella all’interno dell’atto processuale) il dettaglio degli addebiti contenuti nella cartella- si duole dell’erronea affermazione del giudice del merito a proposito dell’incompiuta motivazione della cartella di pagamento, evidenziando che nella specie di causa la cartella si atteggiava come mero atto di riscossione, siccome conseguenza dell’iscrizione a ruolo concretata esclusivamente sulla base dei presupposti di legge. In questa luce, la cartella di pagamento risultava pienamente conforme al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze e del tutto scevra da vizi., siccome coerente con le previsioni dell’art.12 del DPR n.602/1973 secondo il quale è sufficiente la “motivazione anche sintetica della pretesa”. Ciò era stato rispettato, atteso che il ruolo conteneva “gli estremi necessari per la corretta individuazione delle ragioni del recupero, ovvero che trattasi di recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 art.62 (per gli investimenti nelle aree svantaggiate)”, estremi che sono sufficienti a garantire il diritto di difesa del contribuente.
La censura appare inammissibilmente formulata.
La parte ricorrente si limita infatti ad affermazioni apodittiche, nessuna delle quali corredata dalle necessarie delucidazioni e specificazioni, in ossequio al canone di necessaria autosufficienza del ricorso per cassazione.
E ciò, vuoi con riferimento all’assunto secondo il quale sarebbe stato comunicato al contribuente la preventiva comunicazione di irregolarità (nell’ottica delle indicazione delle ragioni che preludeva alla iscrizione a ruolo, assunto che è rimasto privo di alcuna specificazione relativa al dove ed al come sarebbe stata fornita nel processo la prova dell’avvenuta comunicazione di che trattasi); vuoi con riferimento all’assunto secondo il quale nella specie di causa la cartella si era atteggiata come “mero atto di riscossione”.
A quest’ultimo proposito, infatti, occorre evidenziare che secondo la stessa allegazione di parte ricorrente, la ragione dell’iscrizione a ruolo consiste nel “recupero del credito di imposta ex lege 289/2002 art.62”, recupero che -di per sé- è affermazione “anonima” delle ragioni per le quali l’Amministrazione suppone di vantare un credito, giacché quest’ultimo può emergere sia dalla erronea contabilizzazione di crediti effettivamente spettanti sia dall’esclusione dei presupposti per il riconoscimento della spettanza.
Non avendo la parte ricorrente in alcun modo chiarito se e come nel processo sia stato acclarato essersi trattato della prima anzicchè della seconda delle due alternative evenienze e non essendoci perciò alcuna ragione per supporre che -come la stessa parte ricorrente assume- al giudice del merito non potesse essere ignoto che la cartella qui in parola costituiva “mero atto di riscossione” giustificato dal puro riesame contabile degli stessi dati contenuti nella dichiarazione del contribuente, non resta che concludere che il motivo di impugnazione non consente di dare risposta al nucleo logico del quesito prospettato, e cioè se la motivazione della cartella di pagamento di cui qui trattasi fosse coerente con la funzione provvedimentale alla quale la cartella medesima è stata destinata ad assolvere.
Ed infatti, si veda in termini Cass. Sez. 5, Sentenza n. 26330 del 16/12/2009, già debitamente menzionata dal giudice del merito, secondo cui:”La cartella esattoriale, che non sia stata preceduta da un motivato avviso di accertamento, deve essere motivata in modo congruo, sufficiente ed intellegibile, tale obbligo derivando dai principi di carattere generale indicati, per ogni provvedimento amministrativo, dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990, e recepiti, per la materia tributaria, dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000. (Affermazione relativa ad una cartella esattoriale, emessa ai sensi dell’art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, nella quale l’Ufficio non si era limitato ad una mera correzione di errori materiali o di calcolo, ma aveva operato il conteggio delle somme da versare, non riconoscendo un credito di imposta”.
Il rigetto del motivo di impugnazione correlato ad una delle autonome rationes che sostengono la decisione qui in esame rende inutile l’esame dei residui motivi, che ne restano assorbiti.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità.
Roma, 30 settembre 2013
ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie; che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

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