In ordine all’esatta interpretazione del nuovo testo dell’art. 342 cod. proc. civ. in punto di contenuto e struttura dell’atto di appello: il nuovo testo normativo non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata; sia pure con un grado di specificità ben più accentuato rispetto al passato, imponendo la norma novellata un ben preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità ora specificamente prevista, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI
sentenza 22 febbraio 2017, n. 4541
Fatto e diritto
Rilevato che:
C.A. ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza con cui la corte di appello di Lecce – sez. dist. di Taranto ha dichiarato inammissibile, per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ., il suo appello avverso il rigetto della sua domanda di condanna di I.A. al risarcimento dei danni derivatigli da un’aggressione da quest’ultimo perpetrata ai suoi danni;
resiste con controricorso l’intagliata;
è stata formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi del primo comma dell’art. 380-bis cod. proc. civ., come modificato dal comma 1, lett. e), dell’art. 1-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168, conv. con modif. dalla l. 25 ottobre 2016, n. 197;
le parti, in vista dell’adunanza, hanno presentato memorie;
Considerato che:
va adottata una motivazione semplificata;
in primo luogo, va disattesa ogni doglianza sul carattere immotivato e succinto della proposta del relatore: la novella del 2016 non prevede affatto ed in alcun modo che la proposta, appunto e significativamente a differenza della precedente relazione, possa e debba essere motivata, sicché le sommarie o schematiche indicazioni somministrate dal relatore e ritenute dal presidente – al momento della trasmissione del decreto di fissazione della camera di consiglio – meritevoli di essere segnalate alla parte costituiscono una spontanea, ma assolutamente non dovuta né doverosa e tale da fondare un corrispondente diritto delle parti, forma di agevolazione per costoro per l’individuazione dei temi della discussione su cui soffermarsi nella redazione delle difese ancora consentite per il rito particolarmente agile prescelto per la definizione;
del resto giammai si configura, in alcun processo e neppure in nome di principi generali di rango costituzionale o sovranazionale, alcun diritto della parte a conoscere – e tanto meno particolareggiatamente – in via preventiva l’opinamento o l’orientamento del relatore o del giudicante in genere sul tema da decidere, in modo da potere, appunto in via preventiva, interloquire al riguardo;
in secondo luogo, la conformità della riforma del 2016 ai principi costituzionali e sovranazionali è già stata affermata da Cass. ord. 10/01/2017, n. 395, alla cui ampia motivazione può qui bastare un integrale richiamo, solo specificandosi che, in base alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo ivi richiamata, la procedura oggi regolata dall’art. 380-bis cod. proc. civ. rientra de plano nelle eccezioni alla regola, altrimenti generale, della necessità della pubblica udienza;
infatti, quelle eccezioni sono previste (da ultimo: Corte eur. dir. Uomo, quarta sez., “fato Marinho c/ Portogallo, punti 92, 93 e 95, ove riferimenti alla giurisprudenza precedente) nei casi in cui: a) non vi siano questioni di credibilità del tribunale o della corte; b) non vi sia da ricostruire un fatto o da assumere prove; c) vi siano particolari esigenze di una trattazione rapida dell’affare; d) si vena esclusivamente su punti di diritto; e) l’oggetto sia altamente tecnico;
e tanto accade, nelle procedure previste dall’attuale art. 380-bis cod. proc. civ., con tutta evidenza nei casi di inammissibilità o di manifesta infondatezza o fondatezza del ricorso, nei quali neppure vi è da esaminare una questione di fatto (del resto, sempre esclusa in Cassazione) o da ricostruire un fatto e vi sia anzi un’esigenza di rapida trattazione dell’affare;
ciò posto e quanto al ricorso, vanno richiamati i criteri già elaborati da questa Corte in ordine all’esatta interpretazione del nuovo testo dell’art. 342 cod. proc. civ. in punto di contenuto e struttura dell’atto di appello (Cass. 05/02/2015, n. 2143): il nuovo testo normativo non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata; sia pure con un grado di specificità ben più accentuato rispetto al passato, imponendo la norma novellata un ben preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità ora specificamente prevista, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice (Cass. 07/09/2016, n. 17712);
peraltro, tanto è, con evidenza, avvenuto nell’atto di appello, come riportato in ricorso, ben potendosi dire che esso rispettava i requisiti richiesti, come è reso evidente dal fatto che il gravame è stato poi esaminato nel merito dalla corte territoriale, nonostante la proclamata sua inammissibilità;
ed è appena il caso di ricordare che era preclusa al giudice del merito la disamina del merito del gravame, una volta rilevatane l’inammissibilità (in termini: Cass. Sez. U., 20/02/2007, n. 3840; successivamente, tra molte altre: Cass. 05/07/2007, n. 15234; Cass. 02/05/2011, n. 9647; Cass. Sez. U., 17/06/2013, n. 15122; Cass. 19/12/2014, n. 27049);
le contrapposte osservazioni delle parti nelle memorie depositate in vista dell’adunanza attengono essenzialmente al merito della vicenda oggetto della controversia e la loro disamina resta preclusa sia per la natura del presente giudizio di legittimità che per il carattere intuitivamente assorbente dell’accoglimento del primo motivo in rito sull’ammissibilità dell’appello, mentre l’interpretazione dell’art. 342 cod. proc. civ. novellato finora offerta dalla giurisprudenza di questa Corte va invece ribadita anche in questa sede, siccome rispondente alle esigenze di tutela del diritto di difesa e di quello al giusto processo, di cui agli artt. 24 e 111 Cost.;
il ricorso va così accolto, con cassazione della gravata sentenza;
appare peraltro opportuno disporre il rinvio a corte territoriale diversa, sebbene territorialmente prossima, attesa l’opportunità eccezionale di attenuare i potenziali condizionamenti del contesto geografico di riferimento della vicenda, già di per sé particolarmente delicata per genesi e sviluppo, indotti dalla peculiarità della fattispecie processuale, consistita nella formulazione, da parte del giudice di secondo grado di cui si cassa la sentenza, di piene valutazioni sul merito della vicenda, nonostante l’espressa, preliminare e particolarmente motivata pronuncia di inammissibilità in rito del gravame;
il giudice del rinvio, che si individua nella corte di appello di Bari, provvederà ad un nuovo esame nel merito del gravame, ritenuto) ammissibile quanto al profilo invece non correttamente escluso nella qui gravata sentenza, come pure per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla stregua dell’esito complessivo e finale della controversia;
per essere, infine, stato accolto il ricorso, non si applica l’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale di questa.
P.Q.M.
la Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza e rinvia alla corte di appello di Bari, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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