Va accolta la richiesta di rimborso Irap presentata dal componente di uno studio associato relativamente all’Irap versata sui compensi percepiti per incarichi di controllo ed amministrazione ricoperti in società ed enti, fatturati nell’ambito della posizione personale, priva di dipendenti e di beni strumentali di rilievo
Suprema Corte di Cassazione
sezione VI civile
ordinanza 29 settembre 2016, n. 19327
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente
Dott. MELONI Marina – Consigliere
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 4123-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 123/34/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di TORINO del 03/07/2013, depositata il 24/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), giusta delega allegata al verbale dell’Avvocato (OMISSIS), difensore del controricorrente, che si riporta agli scritti.
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’articolo 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.
1. Con un unico motivo di ricorso si deduce la “falsa applicazione di norme di diritto con riferimento al Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articoli 1, 2 e 3, all’articolo 2697 c.c., agli articoli 50 e 53 del TUIR in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”, per non avere la C.T.R. “considerato che il diritto al rimborso Irap, nel caso di dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione, esplichi congiuntamente anche incarichi di componente di organi di controllo di societa’ e di componente di organi di amministrazione di enti di categoria, svolgendo sostanzialmente un’attivita’ unitaria, nella quale sono coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegato all’esercizio della professione nel suo complesso, spetta, con onere probatorio al riguardo posto in capo al Contribuente, solo allorquando sta possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame”.
2. Nel controricorso si sottolinea che la contribuente svolgeva la propria attivita’ professionale di dottore commercialista “principalmente in forma associata presso il proprio studio in Torino” (associazione professionale (OMISSIS), che ha versato l’Irap quale soggetto autonomo d’imposta) ed “anche alcune attivita’ in proprio” (sindaco di societa’, componente di organi di amministrazione e di controllo di societa’ ed enti di categoria), “senza l’ausilio di alcun dipendente e/o collaboratore e con (utilizzo di limitatissimi beni strumentali”, come da copia libro cespiti ammortizzabili allegata in 1 grado (pag. 2 controricorso).
3. Il motivo e’ manifestamente infondato.
4. Nella sentenza impugnata si da’ atto che la contribuente aveva sottolineato come “lo studio assodato di cui essa faceva parte svolgeva attivita’ di consulenza in materia fiscale e societaria e i relativi proventi venivano regolarmente assoggettati ad IRAP”, mentre “la richiesta di rimborso atteneva unicamente all’attivita’ svolta in forma individuale”, quale “componente di organi di controllo e di amministrazione”, sicche’ “il caso in esame risulta perfettamente inquadrabile nello schema esonerativo delineato” dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimita’, “atteso che la contribuente non si avvale di dipendenti ed utilizza beni strumentali minimi strettamente necessari allo svolgimento dell’attivita’”.
4. La C.T.R. ha altresi’ respinto l’eccezione per cui i redditi in contestazione andrebbero “attratti nell’ambito del reddito di lavoro autonomo”, poiche’ l’attivita’ sindacale risultava “svolta non nell’ambito dell’organizzazione ma separatamente ed individualmente”, in assenza del presupposto impositivo ai fini Irap della autonoma organizzazione.
5. Un simile decisum non integra l’errar in indicando dedotto dall’Agenzia delle entrate, ma si pone in continuita’ con l’orientamento di questa Corte, che anche di recente (Cass. ord. n. 4246/16), ha richiamato i seguenti principi in subiecta materia: a) “non ha diritto al rimborso dell’IRAP il commercialista che, nello svolgimento dell’attivita’ di sindaco, utilizza beni strumentali in misura eccedente il minimo indispensabile per (esercizio dell’attivita’ professionale” (Cass. n. 15803/11); b) “il libero professionista, che opera come amministratore di societa’ o presidente del consiglio di amministrazione, non va soggetto all’IRAP per la parte di ricavo netto che risulta da quelle attivita’, soltanto se adempie alla funzione senza ricorrere ad un’autonoma struttura organizzativa” (Cass. nn. 4959/09, 10594/07; conf. Cass. n. 3676/07 per l’attivita’ di consulente); c) “e’ legittimo il diniego del rimborso di imposta al dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di serieta’ e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attivita’ unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, allorche’ non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame”, stante il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul contribuente (Cass. n. 3434/2012).
6. Quest’ultimo precedente e’ particolarmente significativo perche’ reso in fattispecie analoga a quella in esame, in cui la C.T.R. aveva accertato che l’attivita’ di amministratore, revisore e sindaco di societa’, veniva svolta “senza avvalersi di particolari mezzi e collaboratore” – quindi in assenza di un’autonoma organizzazione – e la ricorrente Agenzia delle Entrate non aveva addotto elementi probatori contrari rispetto all’assunto del contribuente, condiviso dai giudici di appello, limitandosi a dedurre che anche l’attivita’ in contestazione era svolta dal professionista, dottore commercialista, presso uno “studio professionale”, cio’ che tuttavia non e’ stato ritenuto sufficiente ad integrare il requisito della “autonoma organizzazione”, necessaria per l’assoggettamento ad Irap dei relativi compensi (cfr. Cass. n. 4246/16 cit.).
7. Nel caso di specie il giudice d’appello, conformandosi ai principi richiamati, ha ritenuto, con congrua motivazione, che l’attivita’ in discussione fosse svolta: (a) singolarmente e separatamente da quella espletata all’interno dell’associazione professionale; b) senza ricorrere ad un’autonoma struttura organizzativa.
8. In ultima analisi, alla luce di quanto illustrato emerge anche che, sotto la veste della denunziata violazione di legge, l’amministrazione ricorrente finisce per contestare le valutazioni in fatto operate dal giudice a quo, in vista di una revisione del giudizio di merito che pero’ non e’ consentita in questa sede (ex plurimis, Cass. s.u. n. 7931/13, Cass. nn. 12264/14, 26860/14, 3396/15, 14233/15), spettando in via esclusiva al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (Cass. nn. 962/15, 26860/14); principio, questo, di recente confermato dalle Sezioni Unite di questa Corte proprio in tema di Irap, nel senso che l’accertamento del “requisito della autonoma organizzazione… spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimita’ se congruamente motivato” (Cass. s.u. 10 maggio 2016,11. 9451).
9. In conclusione il ricorso va rigettato, senza che tuttavia sussistano i presupposti per la condanna alle spese, che vanno conseguentemente compensate tra le parti, essendo recenti gli approdi nomofilattici di cui sopra si e’ dato conto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese processuali.
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