Qualora in un contratto fra professionista e consumatore venga pattuita una clausola di individuazione di una competenza convenzionale esclusiva sulle controversie originanti dal contratto in luogo diverso da quello del foro del consumatore e, quindi, da presumersi vessatoria ai sensi della lettera u) dell’art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005 e, conseguentemente, nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso d.lgs., in mancanza di esito positivo dell’accertamento della non vessatorietà ai sensi dell’art. 34 del medesimo d.lgs., ove il professionista convenga in giudizio il consumatore davanti al foro a lui riferibile, nel convincimento (espresso o implicito) della vessatorietà della clausola, compete al consumatore che eccepisca l’esistenza della clausola convenzionale dare la dimostrazione che essa non era vessatoria e, quindi, provare la ricorrenza di alcuno degli elementi contrari alla vessatorietà indicati dal citato art. 34, come quello indicato dal suo comma 4. In mancanza la causa deve ritenersi correttamente radicata dal professionista presso il foro del consumatore convenuto.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI
ORDINANZA 28 settembre 2016, n. 19061
Fatto e diritto
Ritenuto quanto segue:
p.1. La Banca Italease s.p.a. ha proposto istanza di regolamento di competenza avverso la sentenza de 22 gennaio 2015, con la quale il Tribunale di Velletri, investito da P.M. , C.P. ed P.E. dell’opposizione avverso un decreto ingiuntivo, nei loro confronti ottenuto da essa ricorrente per il pagamento della somma di Euro 1.019.141,47 in forza di un contratto di locazione finanziaria, si è ritenuto incompetente a conoscere della controversia ed ha revocato il decreto ingiuntivo opposto, ordinando la cancellazione dell’ipoteca che sulla base di esso era stata iscritta.
Il Tribunale di Velletri ha accolto l’eccezione di incompetenza territoriale formulata dagli opponenti sulla scorta della clausola del contratto di locazione finanziaria nella quale le parti, derogando al Codice del Consumo, avevano indicato quale giudice competente in via convenzionale a conoscere delle controversie scaturenti dalla esecuzione del rapporto, il Tribunale di Firenze.
p.2. A sostegno del ricorso per regolamento parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità della sentenza impugnata, adducendo che il Tribunale di Velletri non aveva considerato che il consumatore può liberamente scegliere di non rilevare la nullità della clausola derogativa della competenza e di non avvalersi conseguentemente del Codice del Consumo nei soli casi in cui assuma la iniziativa giudiziaria, ma non nelle diverse ipotesi in cui rivesta la posizione di convenuto.
Poiché, nel caso di specie la clausola contrattuale era invalida ai sensi del D.Lgs. 206/2005, la creditrice ricorrente, nel propone la domanda monitoria, bene invece aveva ritenuto di adire il giudice del luogo di residenza del consumatore, prestando osservanza alla inderogabilità del detto foro.
p.3. All’istanza di regolamento di competenza hanno resistito con memoria gli intimati.
p.4. Prestandosi il ricorso ad essere trattato con il procedimento di cui all’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione agli avvocati delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.
p.5. I resistenti hanno depositato memoria.
Considerato quanto segue:
p.1. Nelle sue conclusioni il Pubblico Ministero ha svolto le seguenti argomentazioni:
‘Il presente regolamento deve ritenersi ammissibile atteso che la pronuncia recante la revoca del decreto ingiuntivo è stata assunta, non per ragioni di merito, ma in conseguenza dell’accoglimento della eccezione di incompetenza per territorio svolta dai signori P.M. , C.P. , P.G. e P.E. .
Ciò premesso, è circostanza incontestata tra le parti che nel caso di specie dovesse trovare applicazione il Codice del Consumo.
Si tratta allora di stabilire se, a fronte di una clausola derogativa della competenza fissata ai sensi dell’art. 33 D.Lgs. n. 205/2006, la Banca Italease, assumendo la invalidità di detta clausola, potesse proporre la domanda monitoria dinanzi al Tribunale di Velletri, luogo di residenza del consumatore (così derogando al foro contrattuale); ed, ancora, è rilevante valutare se, una volta proposta la domanda monitoria dinanzi al giudice competente ai sensi del D.Lgs. n. 205/2006, i consumatori ingiunti avessero la facoltà di eccepire la incompetenza territoriale del giudice adito rinunciando ad avvalersi del foro del consumatore.
Orbene, nel caso di specie, la soluzione impone un duplice ordine di considerazioni.
Più precisamente, occorre tenere presente che, secondo l’orientamento della Suprema Corte, dal quale non vi è motivo per discostarsi, il consumatore può rinunciare ad avvalersi del foro inderogabile fissato dall’art. 33 D.Lgs, n. 5/2006 ogniqualvolta agisca nella qualità di attore, e ciò in virtù della considerazione che le disposizioni apprestate dalla legge citata sono previste per la sua tutela (cfr. Cass. 10811/2011; Cass. 5933/2012; Cass. 8167/2013; Cass. 13944/2014).
Va, però, altresì considerato che, nel caso in esame, la iniziativa giudiziaria è stata assunta da Italease e che nella opposizione al decreto ingiuntivo della quale si sta discutendo i consumatori hanno assunto la posizione di attori in senso formale e di convenuti in senso sostanziale.
Muovendo da questa premessa, dunque, i signori P.M. , P.G. , P.E. e C.P. , nella qualità di opponenti al decreto ingiuntivo, e, dunque non di attori, non potevano eccepire la incompetenza territoriale del Tribunale di Velletri limitandosi ad affermare che è loro facoltà rinunciare ad avvalersi del foro del consumatore ma avrebbero dovuto, a corredo di tale iniziativa, evidenziare pure che la clausola contrattuale che fissava la competenza in luogo diverso rispetto al foro del consumatore, non era nulla perché validamente sottoscritta previa specifica trattativa con le parti (Secondo Cass. 5933/2012 nell’ipotesi in cui il consumatore venga convenuto fuori dal luogo di sua residenza o domicilio in un luogo determinato da una clausola derogatoria, essendo la vessatorietà e, quindi, la nullità presunte, fino a prova dell’esistenza di una trattativa individuale (a norma dei commi 4 e 5, art. 36) ed essendo, altresì, da valutare la stessa vessatorietà alla stregua dell’apprezzamento di cui al comma 1, stesso art. 36, il rilievo della incompetenza potrà essere escluso se sia stata dimostrazione della trattativa individuale e se la valutazione ai sensi del detto comma 1 in tali sensi).
Orbene, poiché tale precisazione non è stata resa (i signori C. e P. si limitano a far riferimento alla specifica approvazione della clausola contrattuale in punto di competenza), ragion per cui è verosimile che la clausola contrattuale non potesse ritenersi esente da vizi che ne avrebbero potuto determinare la nullità, ben poteva la Banca Italease proporre la domanda monitoria dinanzi al giudice di Velletri, utilizzando il foro del consumatore poiché, diversamente opinando, si sarebbe esposto al rischio, non solo della eccezione della controparte (che, in questo diverso caso avrebbe potuto avere intereresse ad avvalersi del foro del consumatore), ma anche del rilievo officioso del giudice (cui è rimessa la facoltà di rilevare la invalidità della clausola contrattuale in deroga al foro del consumatore che non rispetti tutte le prescrizioni di legge).
Per quanto precede, il presente regolamento deve, dunque, essere accolto’.
p.2. La prospettazione della parte ricorrente e le conclusioni del Pubblico Ministero sono, ad avviso del Collegio, condivisibili.
p.2.1. Come opinato dal Pubblico Ministero la sentenza impugnata, che – vertendosi in giudizio introdotto dopo la I. n. 69 del 2009, che ha modificato l’art. 42 c.p.c. e nel primo comma dell’art. 279 c.p.c. ha disposto che la pronuncia sulla sola competenza sia resa con ordinanza – avrebbe dovuto essere adottata con la forma dell’ordinanza, è una decisione sulla sola competenza, in quanto, allorché il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ritiene che il decreto ingiuntivo sia stato emesso senza il rispetto della competenza, pronuncia sulla controversia ormai ordinaria, introdotta dall’opposizione, una decisione che si risolve in una declinatoria della competenza e, quindi, in una decisione sulla sola competenza, la quale ha come amminicolo la caducazione del decreto in quanto l’opposizione ha sì ripristinato le regole della cognizione piena, ma non ha eliminato la presenza del decreto ingiuntivo, la cui sorte è regolata dalla decisione a seguito di essa.
Questi concetti sono stati recentemente ribaditi – sebbene con riferimento a giudizio soggetto alla regola decisoria sulla forma anteriore alla l. n. 69 del 2009 – da Cass. n. 1372 del 2016, secondo cui: ‘La sentenza con cui il giudice, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, dichiara l’incompetenza territoriale non comporta anche la declinatoria della competenza funzionale a decidere sull’opposizione ma contiene necessariamente, ancorché implicita, la declaratoria di invalidità e di revoca del decreto stesso, sicché quello che trasmigra innanzi al giudice ‘ad quem’ deve considerarsi non più, propriamente una causa di opposizione a decreto ingiuntivo (che più non esiste), bensì un ordinario giudizio di cognizione concernente l’accertamento del credito dedotto nel ricorso monitorio. Tale pronuncia, peraltro, decidendo solo in ordine alla competenza ed alle spese, deve essere impugnata esclusivamente con il regolamento di competenza di cui all’art. 42 c.p.c., anche se emessa in grado di appello’.
p.2.2. Appare, inoltre, priva di fondamento l’eccezione svolta dai resistenti nella memoria di costituzione sulla procura, dato che essa figura in calce al ricorso e considerato che due dei tre difensori della ricorrente – che non hanno dichiarato essere il mandato congiuntivo – cui viene rilasciata nemmeno avevano bisogno del suo rilascio, essendo quelli del giudizio di merito (art. 47, primo comma, c.p.c.).
p.2.3. Il Collegio rileva ancora che correttamene il Pubblico Ministero ha evidenziato che i resistenti, nel proporre l’opposizione ed invocare la prevalenza del foro convenzionale pattuito su quello a loro favorevole del consumatore, avrebbero dovuto, di fronte alla implicita prospettazione della creditrice che il foro del consumatore facesse aggio su quello convenzionale per la nullità c.d. di protezione della relativa clausola di previsione, che, al contrario quella clausola era stata oggetto di trattativa individuale a norma dell’art. 34, comma 4, del d.lgs. n. 206 del 2005.
Invero, l’art. 33, comma 2, del detto d.lgs., nel prevedere che si presumono vessatore una serie di clausole che provvede ad elencare, fra cui, ai sensi della sua lettera u) quella che stabilisce come foro della controversia un luogo diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore, stabilisce che la presunzione opera fino a prova contraria.
Tanto significa che, nel caso di clausola convenzionale derogatoria del foro del consumatore, chi è onerato della prova contraria – salvo che ricorra alcun’altra delle ipotesi del citato art. 34 – deve dimostrare che la clausola non è vessatoria, in quanto pattuita sulla base di una trattativa individuale.
Allorquando il professionista, come nella specie, nel presupposto che la clausola derogatoria sia nulla agisce chiamando in giudizio il consumatore presso il foro a lui riferibile come tale a norma dell’art. 33, lett. u) e, quindi, nell’implicita prospettazione che la clausola non sia stata frutto di trattativa individuale, il consumatore che invece ritenga valida la clausola e voglia superare la presunzione di vessatorietà e, dunque, sostenere che il foro della controversia doveva essere quello della clausola convenzionale pur non coincidente con il c.d. foro del consumatore, è onerato, quale elemento costitutivo dell’eccezione di incompetenza, di dedurre e dimostrare che vi era stata la trattativa e che, pertanto, non essendo la clausola vessatoria, l’accordo derogatorio era stato legittimo.
p.3. Ne segue che l’istanza di regolamento di competenza dev’essere accolta sulla base del seguente principio di diritto: ‘Qualora in un contratto fra professionista e consumatore venga pattuita una clausola di individuazione di una competenza convenzionale esclusiva sulle controversie originanti dal contratto in luogo diverso da quello del foro del consumatore e, quindi, da presumersi vessatoria ai sensi della lettera u) dell’art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005 e, conseguentemente, nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso d.lgs., in mancanza di esito positivo dell’accertamento della non vessatorietà ai sensi dell’art. 34 del medesimo d.lgs., ove il professionista convenga in giudizio il consumatore davanti al foro a lui riferibile, nel convincimento (espresso o implicito) della vessatorietà della clausola, compete al consumatore che eccepisca l’esistenza della clausola convenzionale dare la dimostrazione che essa non era vessatoria e, quindi, provare la ricorrenza di alcuno degli elementi contrari alla vessatorietà indicati dal citato art. 34, come quello indicato dal suo comma 4. In mancanza la causa deve ritenersi correttamente radicata dal professionista presso il foro del consumatore convenuto’.
Dev’essere,pertanto dichiarata la competenza del Tribunale di Velletri, davanti al quale il giudizio andrà riassunto entro il termine di cui all’art. 50 c.p.c..
p.4. Le spese del giudizio di regolamento seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del d.m. n. 55 del 2014.
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Velletri. Fissa per la riassunzione termine di mesi tre dalla comunicazione del deposito della presente. Condanna i resistenti alla rifusione alla ricorrente delle spese del giudizio di regolamento, liquidate in euro cinquemilaottocento, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge, ed oltre il contributo unificato se corrisposto.
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