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La massima

Integra il concorso morale nel delitto di cui all’art. 337 cod. pen. il comportamento di chi, assistendo ad una resistenza attiva posta in essere con violenza nei confronti di un pubblico ufficiale da altra persona con la quale partecipa ad una comune manifestazione collettiva, rafforzi l’altrui azione offensiva, o ne aggravi gli effetti, ponendo in essere condotte di aperta ostilità ovvero pronunciando espressioni minacciose all’indirizzo del pubblico ufficiale e dei suoi collaboratori.

 

Suprema Corte di Cassazione

sezione  VI

sentenza del 19 aprile 2013, n. 18242

…omissis..

2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova il quale, nel dedurre il vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, e la violazione di legge in relazione all’art. 337 cod. pen., si è doluto del fatto che il Tribunale del riesame aveva escluso la ricorrenza dei presupposti di applicazione della misura nei confronti dei quattro suddetti indagati, benchè le carte del procedimento avessero provato che gli stessi facevano certamente parte del gruppo di giovani che, armati di scudi, avevano fronteggiato gli agenti di polizia e dal quale erano state lanciate pietre e bombe carta contro i pubblici ufficiali.

3. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato.

4. Questa Corte ha già avuto modo di sottolineare come integri il concorso morale nel delitto di cui all’art. 337 cod. pen. il comportamento di chi, assistendo ad una resistenza attiva posta in essere con violenza nei confronti di un pubblico ufficiale da altra persona con la quale partecipa ad una comune manifestazione collettiva, rafforzi l’altrui azione offensiva, o ne aggravi gli effetti, ponendo in essere condotte di aperta ostilità ovvero pronunciando espressioni minacciose all’indirizzo del pubblico ufficiale e dei suoi collaboratori (Sez. 6, n. 18485 del 27/04/2012, Carta, Rv. 252690; Sez. 6, n. 40504 del 26/05/2009, Torrisi, Rv.

245011; Sez. 6, n. 7445 del 02/04/1992, Gori, Rv. 190890), dunque tenendo un qualsiasi comportamento che serva a fortificare o rinvigorire l’iniziativa criminosa materialmente riferibile ad altro soggetto che di quello stesso gruppo faccia parte.

Di tale principio di diritto il Tribunale di Padova – specificamente formulato con riferimento al delitto di resistenza a pubblico ufficiale, ma che ben può valere anche per il delitto di lesioni personali, che con il primo dovesse concorrere – non ha fatto corretta applicazione in quanto, con una motivazione contraddittoria e lacunosa, da un lato ha affermato che i dati di conoscenza a disposizione avevano provato, senza tema di smentita, che il D. C., il R., il Z. e lo Zu. avevano fatto parte del corteo non autorizzato composto da circa 400 persone che, armate di scudi e “assumendo una formazione a testuggine di romana memoria”, avevano fronteggiato gli agenti di polizia posti a protezione delle entrate della stazione ferroviaria di (OMISSIS), corteo dal quale – sostanzialmente senza soluzione di continuità – era partito un primo lancio di oggetti e, poi, dopo il fermo di uno dei manifestanti, un secondo lancio di pietre e di bombe carta all’indirizzo dei poliziotti (tre dei quali erano rimasti feriti); da altro lato, in maniera del tutto irragionevole, ha reputato sufficiente per escludere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza la mancata individuazione dei singoli soggetti che avevano effettuato il lancio delle pietre e delle bombe carta, quasi che si trattasse di condotta del tutto autonoma da quelle precedentemente poste in essere dagli appartenenti a quel corteo, circostanza, invero, irrilevante in base alla regula iuris sopra enunciata, considerato che i quattro prevenuti, dopo essere stato osservati nei pressi del luogo dove i facinorosi avevano indossato i caschi e si erano armati di scudi, erano stati poi visti e filmati nel mentre “guidavano” il gruppo allo scontro con il reparto di polizia, gruppo dal quale erano stati lanciati fin dall’inizio oggetti contundenti contro gli agenti.

L’ordinanza impugnata deve essere, dunque, annullata con rinvio al Tribunale di Padova che, nel nuovo esame, dovrà uniformarsi al principio di diritto innanzi esposto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo esame, al Tribunale di Padova.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2013.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2013

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