Suprema Corte di Cassazione
sezione V
Sentenza 9 luglio 2013, n. 29383
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana – Presidente
Dott. DE BERARDINIS Silvan – rel. Consigliere
Dott. FUMO Maurizio – Consigliere
Dott. ZAZA Carlo – Consigliere
Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 229/2011 CORTE APPELLO di TRIESTE, del 02/02/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/02/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gaeta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con sentenza in data 2-2-2012 la Corte di Appello di Trieste riformava parzialmente la sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale in data 5.5.2010, con la quale (OMISSIS) era stato dichiarato responsabile dei reati di minaccia aggravata (capi A-B-C-) ascrittigli, rispettivamente, al capo A), ai sensi dell’articolo 612 c.p., comma 2, perche’ minacciava appartenenti al Partito della Rifondazione comunista inviando presso la sede del partito una busta contenente un proiettile e frasi quali “educarne uno per educarne cento”. In data (OMISSIS); capo B) articolo 612 c.p., comma 2, perche’ minacciava (OMISSIS) e (OMISSIS) inviando presso la sede dell’emittente (OMISSIS) una busta contenente un proiettile e frasi quali “educarne uno per educarne cento”. in data (OMISSIS); C) articolo 612 c.p., comma 2, perche’ minacciava personale del CAF (OMISSIS) inviando preso la sede una missiva dal seguente contenuto “contiene antrace non pallottole” in data (OMISSIS);
La Corte territoriale, qualificata l’ipotesi di cui al capo B) ai sensi degli articoli 56, 612 cpv. c.p., – rideterminava la pena in mesi uno e giorni dieci di reclusione,confermando nel resto l’impugnata sentenza.
L’imputato risultava individuato a seguito di indagini di Ps. nelle quali si era svolta perquisizione domiciliare, con esito positivo secondo quanto descritto in sentenza. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:
1 – In riferimento alla mancata assoluzione dell’imputato dal reato sub B), che la Corte territoriale, nel qualificare come “tentativo di minaccia” la condotta ascritta all’imputato aveva disatteso il principio secondo cui l’applicazione dell’articolo 56 c.p., sarebbe esclusa in riferimento ai reati di pericolo-essendo tale la fattispecie enunciata dall’articolo 612 c.p..; 2 – deduceva altresi’ la mancanza o manifesta illogicita’ della motivazione in ordine al giudizio di responsabilita’ del ricorrente per i reati di cui ai capi A) e C) della rubrica,rilevando che non era stato individuato il soggetto destinatario delle minacce, restando incerta la destinazione delle espressioni contestate agli addetti alla ricezione della posta o aderenti al partito di cui in rubrica.
Sul punto rilevava altresi’ che la sig.ra (OMISSIS) era solo la ex convivente dell’imputato.
Da tali rilievi la difesa desumeva l’insussistenza del reato di minaccia.
3 – Rilevava altresi’ la illogicita’ della motivazione, in ordine alla mancata assoluzione del (OMISSIS) ai sensi del secondo comma dell’articolo 530 c.p.p., rilevando che nella perquisizione non era stato trovato alcun corpo di reato, evidenziando l’obbligatorieta’ della assunzione di una perizia per l’accertamento del reato.
4 – infine censurava le disposizioni inerenti alla determinazione della pena, anche per la quale non erano state concesse le attenuanti generiche – censurando la decisione del giudice di appello che aveva fatto riferimento ad uno solo dei parametri richiamati dall’articolo 133 c.p..
Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B, E.
Il ricorso deve ritenersi privo di fondamento, fatta eccezione per la censura inerente alla insussistenza del tentativo di minaccia ritenuto in sentenza per il capo B u’ per quanto sara’ specificato di seguito.
Va rilevato, in primo luogo che la sentenza impugnata rende motivazione esaustiva in riferimento alle doglianze formulate dalla difesa in grado di appello, senza evidenziare lacune sostanziali in merito alle richieste dell’appellante.
Tanto consente di escludere il fondamento delle censure attinenti ai vizi di motivazione, risultando che l’analisi degli elementi probatori e’ stata eseguita nel rispetto dei criteri enunciati dall’articolo 192 c.p.p..
Tanto premesso deve tuttavia evidenziarsi che risulta fondata la censura inerente alla insussistenza del reato di cui al capo B.
Al riguardo deve osservarsi che,secondo l’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte – Sez. 5 , 17-12-2008, n. 46528 – RV 216321 – la minaccia e’ reato di pericolo, per la cui integrazione non e’ richiesto che il bene tutelato sia realmente leso mediante l’incussione di timore nella vittima. E’ sufficiente,invece,che il male prospettato sia idoneo a incutere timore nel soggetto passivo, menomandone, per cio’ solo, la sfera della liberta’ morale.
Orbene, deve in tal senso rilevarsi che nella fattispecie di cui al capo B – la Corte di appello ha erroneamente applicato l’ipotesi del tentativo,avendo rilevato che risultavano carenti elementi di prova relativi alla materiale trasmissione della missiva a chi ne era destinatario, presupponendo il tentativo l’accertamento della idoneita’ della condotta a realizzare l’intimidazione della vittima.
Tale fattispecie, deve invero ritenersi insussistente, non risultando dagli elementi illustrati in sentenza che il messaggio rivolto ad una emittente televisiva ((OMISSIS) – nelle persone di (OMISSIS) e (OMISSIS)) sia stato inviato realmente,e che i destinatari fossero stati nelle condizioni di avere notizia della minaccia in esso contenuta.
In tal senso deve ritenersi fondata la censura difensiva, che richiama giurisprudenza di legittimita’ (Sez. 4 , 26.5.2003, n. 36353), non desumendosi dalla motivazione della sentenza il riferimento alla concreta trasmissione della missiva, non pervenuta per fatto indipendente dalla volonta’ dell’autore.
Pertanto, in relazione a tale contestazione va pronunziato l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Devono ritenersi, al contrario, prive di fondamento le censure inerenti alla carenza, contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione per quanto concerne i reati di minaccia indicati ai capi A – e C – della rubrica, in relazione ai quali la difesa deduce che non sarebbe stato individuato il destinatario delle espressioni minacciose.
Invero, dal testo del provvedimento si evince che la Corte territoriale ha reso adeguata motivazione dalla quale si desumono con chiarezza le risultanze delle indagini (illustrate richiamando la sentenza di primo grado a fl. 2), evidenziandosi che era stata accertata la condotta criminosa attraverso deposizioni testimoniali, e verbale di sequestro.
Deve rilevarsi peraltro che la motivazione risulta specifica anche in ordine alla individuabilita’ del destinatario dei messaggi (missive indirizzate alla sede di Rifondazione Comunista e al CAF) essendo la prima lettera indirizzata a ” (OMISSIS)”, per conoscenza e accoliti di tale partito.
Quanto all’accertamento della ascrivibilita’ all’imputato delle missive in contestazione devono ritenersi validi gli elementi di prova menzionati in sentenza, comprensivi di esito di perquisizione domiciliare e sequestro di materiale presso l’abitazione del predetto imputato.
Si rivelano pertanto ininfluenti e come tali inammissibili i rilievi peraltro del tutto generici, svolti dalla difesa per evidenziare l’inesistenza di prove della ascrivibilita’ dei messaggi in contestazione allo stesso imputato, dato che la prova della responsabilita’ dell’imputato risulta desunta dal complesso delle risultanze di indagine e deposizione testimoniale, secondo quanto e’ dato desumere dal testo del provvedimento impugnatole rende altresi’ evidente il contenuto minatorio dei messaggi in contestazione e la sussistenza della aggravante di cui al secondo comma dell’articolo 612 c.p..
Devono infine ritenersi inammissibili le generiche deduzioni sulla violazione degli articoli 133 e 62 bis c.p., ritenendo esaustiva e pertinente la motivazione sul punto ove risulta correttamente valutata la esistenza di precedenti penali anche specifici, dell’imputato.
Pertanto va pronunziato l’annullamento della sentenza, senza rinvio, limitatamente al reato di cui al capo B), e per l’effetto deve essere eliminata la relativa pena, a titolo di continuazione indicata in giorni due di reclusione.
Deve essere rigettato nel resto il ricorso.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al capo B) perche’ il fatto non sussiste ed elimina la relativa pena, fissata a titolo di continuazione, pari a giorni due di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.
Leave a Reply