cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 5 giugno 2014, n. 23595

Ritenuto in fatto

Il procuratore generale presso la corte d’appello di Trieste ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale il tribunale di Udine, nel corso del dibattimento a carico di A.V., dopo la contestazione – ad opera del sostituto procuratore di udienza – di un reato concorrente ai sensi dell’articolo 517 del codice di rito, ha emesso sentenza ai sensi dell’articolo 444 del medesimo codice, ma in relazione a tutte le imputazioni.
1.1. Il ricorrente procuratore deduce violazione di legge e in particolare degli articoli 446, 421, 517 cpp. Sostiene che il giudicante non aveva il potere di emettere sentenza ai sensi dell’articolo 444 in relazione a tutte le imputazioni, che in origine erano state contestate, imputazioni, s’intende dire, diverse da quella contestata nel corso di udienza ai sensi del ricordato articolo 517 cpp.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Si deve disporre in conformità alla requisitoria scritta formulata dal procuratore generale presso questa corte di legittimità.
2. Ai sensi degli articoli 516 e 517 cpp, in base alla lettura datane dalla corte costituzionale con la sentenza 265 del 1994, all’imputato cui venga contestato in udienza un reato concorrente deve essere riconosciuta la facoltà di chiedere l’applicazione della pena ai sensi dell’articolo 444 del codice di rito. Ma ciò unicamente con riferimento al fatto diverso, ovvero al reato concorrente contestato in dibattimento, quando la nuova contestazione sia riferibile a un fatto che già risultava dagli atti d’indagine. D’altra parte la medesima corte, con la sentenza 101 del 1993, aveva ritenuto che, qualora non potesse ravvisarsi alcun profilo di inerzia dell’imputato e quindi di addebitabilità al medesimo delle conseguenze della mancata instaurazione del rito differenziato, non si poteva negare che l’impossibilità di ottenere,relativi benefici sostanziasse una compressione niente affatto giustificata del diritto di difesa. Ciò non significa che possa essere esteso ai reati ab origine correttamente contestati la richiesta di tardivo patteggiamento.
2.1. Nel caso in esame, invero, l’imputato non ha ritenuto di esercitare per tempo la scelta verso i riti alternativi ed ha accettato il dibattimento. Solo successivamente, nel corso dei predetto dibattimento, ha preteso di sfruttare la contestazione del reato concorrente per poter ritornare sui suoi passi e cambiare il contenuto della scelta a suo tempo effettuata. Erroneamente, dunque, il giudicante ha ritenuto di poter assecondare tale cambio di strategia processuale, che, viceversa, per le ragioni sopraindicate, era inibito con riferimento ai reati già precedentemente e regolarmente contestati.

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone restituirsi gli atti al tribunale di Udine per il corso ulteriore.

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