Suprema Corte di Cassazione
sezione V
sentenza 17 giugno 2014, n. 26017
Ritenuto in fatto
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Perugia non convalidava l’arresto di H.G. , indagata – in concorso con altra persona – del reato di furto aggravato, ai sensi degli artt. 110, 624, 625 n. 2, cod. pen. (per essersi, in concorso tra loro, impossessate al fine di trame profitto di n. 6 capi di abbigliamento per bambini, per un valore complessivo di Euro 107,00, sottraendoli al detentore T.V. , responsabile del punto vendita Originals Marins, con l’aggravante del mezzo fraudolento consistito nel distrarre la commessa facendo richiesta di mercé presente solo in magazzino al fine di poter eludere la sorveglianza visiva, oltre che scambiandosi le borse).
Osservava il giudicante che, pur ravvisandosi i gravi indizi di reato, alla luce delle risultanze indicate nel verbale di arresto, non sussistevano nei confronti dell’indagata i presupposti né della fragranza né della quasi-flagranza, ai sensi dell’art. 382 cod. proc. pen., considerato che: a) l’indagata non era stata fermata nell’atto di compiere l’azione delittuosa e, pertanto, non sussisteva la condizione della flagranza; b) non era stata arrestata a seguito d’inseguimento, ma, al contrario, era stata lei stessa a recarsi volontariamente in Caserma; c) non era stata sorpresa con tracce da cui appariva evidente che avesse, poco prima, commesso, giacché gli elementi di sospetto a suo carico (dovuti al fatto che la coindagata era stata trovata in possesso della sua borsa, contenente effetti personali ed il documento d’identità) erano stati colti immediatamente, ma non erano apprezzabili in quanto si trattava di cose che non erano nella sua disponibilità. Del resto, l’indagata, per quanto si è detto, era stata identificata a distanza di tempo dal furto e solo a seguito di spontanea comparizione in Caserma.
2. Avverso tale pronuncia il P.m. di Perugia ha proposto ricorso per cassazione, deducendo violazione di legge, sul rilievo della manifesta erroneità della pronuncia impugnata, sussistendo i presupposti della quasi flagranza, posto che – alla stregua di pacifico insegnamento giurisprudenziale di legittimità – le ricerche del reo erano state intraprese subito in modo mirato, essendo stati, addirittura, trovati i documenti d’identità della stessa indagata.
3. La censura è fondata e merita, pertanto, accoglimento.
È indiscusso nella giurisprudenza di questa Corte regolatrice che lo stato di quasi-flagranza, ai sensi dell’art. 382 cod. proc. pen., si caratterizza per lo stretto collegamento tra la condotta commissiva del reato, o quella ad essa immediatamente successiva, e la percezione della medesima da parte della polizia giudiziaria. Lo stato di quasi-flagranza implica, infatti, che la polizia giudiziaria abbia avuto immediata e contestuale percezione della commissione del reato e che, in forza della stessa, abbia posto in essere una tempestiva attività di localizzazione ed apprensione degli autori del reato (Sez. 2, 6.7.2007, n. 35458, rv. 237802). Il collegamento anzidetto sussiste – e l’arresto è legittimamente operato – anche quando sia trascorso un certo lasso di tempo, anche non breve, durante il quale, però, l’azione della polizia giudiziaria si sia svolta senza soluzione di continuità, anche per l’espletamento degli accertamenti volti a qualificare la gravità del fatto, al fine di valutare l’esercizio della facoltà di arresto (Sez. 6, 14.1.2004, n. 19392, rv. 228455).
Nel caso di specie, tutto questo si è verificato, posto che, anche in ragione del rinvenimento, nella borsa della coindagata, degli effetti personali di H.G. , dopo che le commesse dell’esercizio avevano notato lo scambio di borse tra le due donne, non v’è dubbio che le ricerche della p.g. avevano una traccia evidente che portava inevitabilemnte all’odierna ricorrente, senza che potesse assumere rilievo la circostanza che l’indagata – ben consapevole di quanto sopra e, dunque, del fatto che gli organi di polizia erano a conoscenza della sua identità – si fosse spontaneamente presentata in Caserma.
Nell’apprezzamento dei presupposti della quasi-flagranza il decidente è, dunque, incorso in errore di giudizio, che è ragione di nullità del provvedimento impugnato, da dichiarare, pertanto, nei termini indicati in dispositivo.
L’annullamento va pronunciato senza rinvio giacché, nella fase in cui è giunto il procedimento (che, nelle more, ha proseguito il suo corso), sarebbe, ovviamente, inutile un rinnovato giudizio di convalida, pur dovendosi riconoscere, in questa sede, la piena legittimità dell’arresto operato dalla polizia giudiziaria.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato, stante la legittimità dell’arresto, limitatamente alla mancata convalida dell’arresto di H.G. , che dichiara legittimamente eseguito.
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