Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 24 maggio 2017, n. 25927

Il reato previsto dall’art. 483 cod. pen. la condotta del privato che renda, a norma degli artt. 46 e 76 del D.Lgs. n. 445 del 2000, falsa dichiarazione circa stati, qualita? personali e fatti per ottenere un assegno familiare

Suprema Corte di Cassazione

sezione V penale

sentenza 24 maggio 2017, n. 25927

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO Paolo Antonio – Presidente

Dott. MAZZITELLI Caterina – Consigliere

Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere

Dott. MICHELI Paolo – Consigliere

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI PALERMO;

nei confronti di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 29/02/2016 del GIP TRIBUNALE di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/02/2017, la relazione svolta dal Consigliere EDUARDO DE GREGORIO;

Udito il Procuratore Generale in persona del FRANCESCO SALZANO che ha concluso.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata il Gup di Palermo, investito della richiesta di decreto penale per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, in relazione all’articolo 483 c.p., per la falsa dichiarazioni sostitutiva dell’atto notorio sul reddito familiare allo scopo di ottenere un assegno familiare, ha assolto l’imputato perche’ il fatto non e’ previsto come reato. La motivazione si e’ posta consapevolmente in difformita’ del consolidato orientamento di questa Corte, che ha considerato come il Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, comma 1, delinei autonomamente una condotta penalmente rilevante, facendo rinvio al codice penale ed alle leggi speciali al solo fine di individuare la sanzione applicabile. Secondo il Giudice palermitano la predetta disposizione conterrebbe, invece, una norma di mero rinvio alle fattispecie previste dal codice penale e da leggi speciali, ponendosi in caso di diversa interpretazione un problema di costituzionalita’ per difetto di tassativita’ e determinatezza. Per altro verso la falsa asserzione in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio non integrerebbe il delitto ex articolo 483 c.p., per mancanza del requisito di essere rilasciata in atto pubblico.

1. Avverso la decisione ha proposto ricorso il PG presso la Corte d’Appello, che ha sottolineato come la falsa dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio sia di valore squisitamente pubblicistico. Tuttavia ha posto in luce che, secondo il prevalente insegnamento di questa Corte, la norma Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, ex articolo 76, delinea un’autonoma condotta criminosa ed in tal senso ha sollecitato questo Giudice di legittimita’ a verificare i presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza, a causa della quasi impossibilita’ di individuare di volta in volta la norma applicabile, quindi, in violazione dei principi di tassativita’ e determinatezza.

All’odierna udienza il PG, dr Salzano, ha concluso per l’annullamento con rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato.

1. Il percorso logico-giuridico seguito dal Gup palermitano per giungere alla conclusione che il fatto di aver affermato il falso nella dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 47, rubricato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, in relazione all’articolo 483 c.p., non costituisce reato, e’ fondato su due considerazioni.

1.1 La prima e’ che la disposizione di cui all’articolo 76 del medesimo D.P.R., che prevede la sanzione penale per “chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente decreto”, costituisca solo una norma di mero rinvio alle fattispecie incriminatrici previste dal codice penale e dalle leggi speciali. Se non fosse questa la natura della norma il semplice rinvio al codice penale ed alle leggi speciali sarebbe talmente generico da far dubitare della costituzionalita’ della disposizione, per difetto di tassativita’ e determinatezza, quantomeno con riferimento alla pena applicabile.

1.2 La seconda considerazione, collegata alla precedente, e’ che, secondo l’opinione del Giudice a quo, la falsa affermazione contenuta in una dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 46 e 47, definibile sinteticamente falsa autodichiarazione, non possa integrare la fattispecie astratta di cui all’articolo 483 c.p., poiche’ in essa mancherebbe il requisito di essere resa in un atto pubblico. A conferma di tale assunto ha sostenuto il Gup che questa Corte non avrebbe mai affermato apertamente che la dichiarazione sostitutiva di atto notorio sia un atto pubblico, citando in proposito giurisprudenza molto antica (Cass. Pen. 24.2.1983, n 4135). Ha aggiunto che l’affermazione contenuta nell’articolo 76 comma 3 dpr 445/2000, secondo la quale le dichiarazioni rese ex articoli 46 e 47, del medesimo dpr si considerino rese al pubblico ufficiale, non sarebbe sufficiente per considerarle rese in un atto pubblico.

2. In contrario va osservato che da lungo tempo si e’ formato e consolidato l’orientamento di questa Corte secondo il quale il delitto di falsita’ ideologica commessa da privato in atto pubblico (articolo 483 c.p.) e’ configurabile solo nei casi in cui una specifica norma giuridica attribuisca all’atto la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, cosi’ collegando l’efficacia probatoria dell’atto medesimo al dovere del dichiarante di affermare il vero. Sez. U, Sentenza n. 28 del 15/12/1999 Ud. Rv. 215413. Tale principio e’ stato ripreso e confermato da una pluralita’ di pronunzie: N. 17363 del 2003 Rv. 224750, N. 5365 del 2008 Rv. 239110, N. 4970 del 2012 Rv. 251815, N. 23587 del 2013 Rv. 256259, N. 18279 del 2014 Rv.259883;Sez. 5, Sentenza n. 39215 del 04/06/2015 Ud.(dep. 28/09/2015)Rv. 264841. Tra queste alcune hanno preso in considerazione la fattispecie oggetto di ricorso Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, ex articolo 76, in relazione all’articolo 483 c.p. Cosi’ Sez. 5, Sentenza n. 16275 del 16/03/2010 Ud. (dep. 26/04/2010) Rv. 247260: integra il delitto di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico la condotta di colui che, in sede di dichiarazione sostitutiva di atto notorio resa ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 47, allegata ad istanza preordinata ad ottenere il passaporto, attesti falsamente di non avere mai riportato condanne penali. E’ stato, inoltre, osservato che l’atto disciplinato dalle norme di cui agli articoli 46 e 47, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa e’ per sua natura “destinato a provare la verita’” dei fatti in esso affermati, che – concernono – fatti, – stati e qualita’ personali. Sez. 5, Sentenza n. 38748 del 09/07/2008 Ud. (dep. 14/10/2008) Rv. 242324: integra il reato previsto dall’articolo 483 cod. pen. la condotta del privato che renda, a norma del Decreto Legislativo n. 445 del 2000, articoli 46 e 76, falsa dichiarazione circa stati, qualita’ personali e fatti per conseguire l’esenzione dal contributo alla spesa sanitaria.

2.1 Dalla citata giurisprudenza si ricava che la riflessione di questa Corte ha individuato la natura pubblica dell’atto di cui all’articolo 483 c.p., solo nei casi in cui una specifica norma attribuisca all’atto stesso la funzione di provare i fatti attestati dal privato al pubblico ufficiale, collegandone l’efficacia probatoria al dovere del dichiarante di affermare il vero; con riguardo al caso per cui e’ ricorso, delle dichiarazioni sostitutive di atto notorio rilasciate ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 46 e 47 – autodichiarazioni – la natura pubblica dell’atto e’ stata desunta anche dalla sua naturale destinazione a provare la verita’ dei fatti in esso affermati, a sua volta ricavabile dalla funzione di comprovare stati, qualita’ personali e fatti, che le due disposizioni in parola assegnano alle dichiarazioni sostitutive di atti notori e di certificazioni.

2.2 Del resto, a stare alla lettera della legge, secondo la quale “le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale” e considerato il tenore letterale dell’articolo 2699 c.c., che definisce la nozione di atto pubblico in riferimento al soggetto che lo emana secondo le previste formalita’, notaio o altro pubblico ufficiale, ed al potere conferitogli ad attribuirgli pubblica fede, deve osservarsi che la stessa legge sulla documentazione amministrativa vuole attribuire alle suddette autodichiarazioni la qualita’ di atti pubblici; ne deriva, pertanto, l’illiceita’ penale, da inquadrare in una delle fattispecie astratte previste dal codice in tema di falsita’ in atti pubblici, nel caso in cui il privato rilasci una dichiarazione, ai sensi degli articoli 46 e 47, che sia falsa.

2.3 Le sovrabbondanti e tortuose argomentazioni del Giudice del merito hanno il difetto di trascurare l’interpretazione letterale della legge, nella fattispecie articolo 76 comma 3 del TU, canone ermeneutico prioritario per l’interprete, seguendo la quale sembra chiaro che il significato da attribuire alla disposizione incriminatrice e’ quello di includere le dichiarazioni rese ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articoli 46 e 47, nel numero degli atti pubblici; nel caso concreto il risultato di tale interpretazione e’ arricchito in senso confermativo dalla ponderazione della ragione giustificatrice delle norme di riferimento, individuabile nella gia’ evidenziata destinazione probatoria.

3. Quanto alla prospettata incostituzionalita’ della norma in questione deve ribadirsi quanto gia’ affermato da questa stessa Sezione nella sentenza 2978 del 2009, secondo la quale il rinvio alle norme del codice penale contenuto nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, non prevede un’espressa delimitazione al solo trattamento sanzionatorio ma deve ritenersi formulato anche con riguardo alla parte precettiva, in maniera tale da richiedere all’interprete l’adattamento della fattispecie integrata dalla falsa dichiarazione in una delle ipotesi previste dalle disposizioni incriminatrici del codice penale e/o delle leggi speciali in materia.

3.1 L’interpretazione che questa Corte ha dato della norma in parola – della quale sono stati citati innanzi una pluralita’ di esempi con riguardo all’articolo 483 c.p., – corrisponde alla generale indicazione proveniente dal Giudice delle leggi, secondo la quale occorre che il Giudice provi ad intendere le norme in modo conforme ai principi della Costituzione, essendone egli il primo esegeta, prima di porsi e porre dubbi di incostituzionalita’, e consente di superare il problema della prospettata questione di costituzionalita’, che appare, quindi, manifestamente infondata.

Alla luce delle considerazioni che precedono la sentenza deve essere annullata per l’errata applicazione della legge penale in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, articolo 76, e articolo 483 c.p., e gli atti rinviati al Tribunale di Palermo per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Palermo per il giudizio.

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