Esclusa la particolare tenuità del fatto per la diffamazione di una dirigente della Asl accusata, senza prove, di fare turni non equi attribuendo prestazioni aggiuntive ad alcuni medici.
Suprema Corte di Cassazione
sezione V penale
sentenza 16 novembre 2016, n. 48272
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo – Presidente
Dott. VESSICHELLI Maria – Consigliere
Dott. DE GREGORIO Eduardo – rel. Consigliere
Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 08/06/2015 del TRIBUNALE di TRANI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/07/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dott. DE GREGORIO EDUARDO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ORSI LUIGI.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata il Tribunale di Trani ha confermato la decisione di primo grado che aveva condannato l’imputata alla pena di giustizia, oltre al risarcimento del danno per il delitto di diffamazione, nei confronti della dipendente della ASL, (OMISSIS), che avrebbe distribuito gli incarichi di turno medico in modo ritenuto discriminatorio ed illecito; fatto compiuto a (OMISSIS).
1. Ha presentato ricorso la difesa dell’imputata, che col primo motivo ha lamentato il vizio della motivazione e la violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilita’ ex articolo 131 bis c.p.. Il Giudice avrebbe motivato l’esclusione dell’esimente attraverso la ricostruzione della vicenda e non in riferimento ai parametri dell’articolo 133 c.p.. A favore dell’applicazione il ricorso ha segnalato la minima entita’ della pena della multa inflitta ed il complessivo tenore della missiva, in cui l’imputata si era espressa in maniera dubitativa, che doveva essere valutata ai fini dell’intensita’ del dolo.
1.1 Nel secondo motivo e’ dedotta l’omessa motivazione sui motivi di appello, che avevano invocato la scriminante del diritto di critica fondata sulla mancata contestualizzazione della frase incriminata e l’accertamento nel processo di primo grado di effettivi contrasti insorti tra l’imputata e la parte offesa circa i turni di lavoro con l’intervento di due dirigenti per dirimerli.
In data 30.6.2016 e’ pervenuta in Cancelleria istanza dell’avvocato Gagliardi di trattare il processo in tarda mattina.
All’odierna udienza Pg, Dr Orsi, ha concluso per l’inammissibilita’; l’avvocato (OMISSIS) per la parte civile si e’ riportato alle conclusioni, rimettendosi ai minimi per le spese ed il difensore dell’imputato, avvocato (OMISSIS) si e’ riportato al ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
1. Il secondo motivo di ricorso ha posto la questione della ravvisabilita’ nei fatti della scriminate del diritto di critica ed e’ analizzato per primo a causa della sua potenziale decisivita’ sull’esito del ricorso. In proposito deve osservarsi che la suddetta critica non coglie nel segno, poiche’ la motivazione ha (iato atto che la missiva a firma dell’imputata non si era limitata a lamentare disfunzioni di carattere organizzativo attribuendole alla persona offesa, ma aveva esplicitamente accusato quest’ultima di aver ordito un meccanismo idoneo a frodare non solo la Dr.ssa (OMISSIS) ma l’intero sistema sanitario, attribuendo prestazioni aggiuntive a taluni medici; in tal modo l’esponente aveva fatto chiaro riferimento alla commissione di illeciti penali ad opera di (OMISSIS).
1.1 Di tali comportamenti integranti reato non vi e’ traccia nelle sentenze di merito e gli stessi motivi di appello e di ricorso hanno posto in luce solo l’effettiva esistenza di situazioni di disparita’ nella gestione dei turni da parte della querelante, da cui sarebbe potuto derivare un danno per l’imputata, senza affrontare il tema della affermata illiceita’ penale. La sentenza impugnata ha, del resto, esplicitamente chiarito che anche le discriminazioni lamentate da (OMISSIS) non avevano trovato alcun riscontro nell’istruttoria processuale.
1.2 La motivazione della Corte territoriale, che, in coerenza con tali premesse, ha escluso la presenza della scriminante del diritto di critica, appare in armonia con l’insegnamento di questa Corte, che ritiene necessaria la verita’ dei fatti storici come fondamento dell’esercizio del diritto di critica. In tal senso, Sez. 5, Sentenza n. 26560 del 29/04/2014 Ud. (dep. 19/06/2014) Rv. 260229: Integra il reato di diffamazione la condotta di colui che invii una missiva gratuitamente denigratoria ad un Ordine professionale; sussiste, infatti, in tal caso il requisito della comunicazione con piu’ persone, considerato che la destinazione alla divulgazione puo’ trovare il suo fondamento oltre che nella esplicita volonta’ del mittente-autore, anche nella natura stessa della comunicazione, in quanto propulsiva di un determinato procedimento (giudiziario, amministrativo, disciplinare) che deve essere portato a conoscenza di altre persone, diverse dall’immediato destinatario, sempre che l’autore della missiva prevedesse o volesse la circostanza che il contenuto relativo sarebbe stato reso noto a terzi. Ne’ in tal caso puo’ ricorrere l’esimente del diritto di critica, il quale sussiste solo allorche’ i fatti esposti siano veri o quanto meno l’accusatore sia fermamente e incolpevolmente, ancorche’ erroneamente, convinto della loro veridicita’. (Nella specie la missiva, indirizzata all’Ordine dei medici, conteneva fatti destituiti di fondamento, non recava nemmeno la dicitura riservata-personale ed era destinata, per come formata, ad essere anzitutto conosciuta dagli addetti all’apertura della corrispondenza). In senso conforme, Sez. 5, Sentenza n. 7715 del 04/11/2014 Ud. (dep. 19/02/2015) Rv. 264064: In tema di diffamazione a mezzo stampa, presupposto imprescindibile per l’applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica e’ la verita’ del fatto storico posto a fondamento della elaborazione critica. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione impugnata, che aveva escluso la sussistenza dell’esimente con riferimento all’articolo di un quotidiano che, commentando una vignetta satirica, aveva attribuito al vignettista di avere qualificato una persona candidatasi alle elezioni quale “sporca ebrea”, sebbene l’immagine si limitasse ad effigiare una persona con tratti somatici riferiti dalla propaganda antisemita a persone di etnia ebraica, apponendo sul petto della stessa simboli di forze politiche comunemente considerate contrarie a tale etnia).
Infondato appare anche il primo motivo del ricorso, poiche’ la Corte, per escludere l’applicabilita’ della causa di non punibilita’ della tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131 bis c.p., ha richiamato la ricostruzione degli eventi per come risultante dalle sentenze di merito; in esse, infatti, e’ stata posta in luce la grave offensivita’ delle espressioni provenienti dall’imputata ritenute diffamatorie, in quanto consistenti nell’accusa di commissione di fatti penalmente rilevanti. In tal modo la motivazione ha implicitamente ma chiaramente dato conto delle ragioni della scelta di non ritenere l’attenuante invocata e, dunque, non sono riscontrabili i dedotti vizi di motivazione e di violazione di legge.
3. La non manifesta infondatezza dei motivi di ricorso consente a questo Giudice di legittimita’, in conformita’ con l’insegnamento di questa Corte nella sua composizione piu’ autorevole, di rilevare di ufficio che si e’ maturato il termine di prescrizione del reato prima della pronunzia della sentenza d’Appello, cioe’, al 12.5.2015. In tal senso Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015 Ud. (dep. 25/03/2016) Rv. 266818: L’inammissibilita’ del ricorso per Cassazione preclude la possibilita’ di rilevare d’ufficio, ai sensi dell’articolo 129 c.p.p. e articolo 609 c.p.p., comma 2, l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata ne’ eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso. (In motivazione la Corte ha precisato che l’articolo 129 c.p.p. non riveste una valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilita’, attribuendo al giudice dell’impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione).
4. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio per essersi il reato estinto per prescrizione e, per i motivi suesposti il ricorso va rigettato agli effetti civili ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. Il ricorrente in virtu’ del principio della soccombenza deve esser condannato, altresi’, alla refusione delle spese in favore della parte civile, che sono liquidate in Euro 1500 oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche’ il reato e’ estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonche’ alla rifusione delle spese in favore della parte civile (OMISSIS), che liquida in Euro 1500 oltre accessori di legge
Leave a Reply