Suprema Corte di Cassazione
sezione unite
sentenza 7 luglio 2014, n. 15428
Svolgimento del processo
Con sentenza del 30.1-15.3.2013, la Corte d’Appello di Lecce rigettò il gravame proposto dall’Agenzia delle Dogane nei confronti di B.R. avverso la pronuncia di prime cure che aveva accolto, per il periodo successivo al 30.6.1998, la domanda risarcitoria svolta dalla B. per il ritardo nell’attribuzione del superiore inquadramento in seguito a procedura concorsuale.
A fondamento del decisum la Corte territoriale osservò, per ciò che ancora qui rileva, quanto segue:
– andava ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario, vertendosi in tema di risarcimento del danno da ritardata assunzione, dopo che la procedura concorsuale era terminata e si era instaurato il diritto soggettivo all’assunzione stessa;
– la responsabilità contrattuale dell’Amministrazione datrice di lavoro comportava l’applicazione del termine di prescrizione decennale, non essendo rilevante, al riguardo, che la misura del risarcimento fosse stata calcolata sull’entità delle retribuzioni;
– l’Amministrazione non aveva dimostrato l’incolpevolezza del ritardo, risultando anzi il contrario dalle intervenute vicende giudiziarie innanzi al giudice amministrativo e dalla verificatasi necessità della nomina di un commissario ad acta.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Direzione Interregionale per la Puglia, il Molise e la Basilicata ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi. L’intimata B.R. non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la giurisdizione del giudice amministrativo (art. 360, comma 1, n. 1, cpc), rilevando che il danno lamentato trovava la sua fonte in un provvedimento amministrativo di carattere autoritativo, ossia nell’atto di approvazione della graduatoria concorsuale; si era quindi concretizzata una situazione giuridica soggettiva nella quale la dipendente era titolare di un interesse legittimo e non di un diritto soggettivo, con i consequenziali riflessi, in ordine al riparto di giurisdizione, in presenza di una domanda risarcitoria da danno derivante dall’esercizio di attività autoritative.
Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2947 cc (art. 360, comma 1, n. 3, cpc), ricollegandosi alle considerazioni svolte nel motivo che precede, si duole che la Corte territoriale non abbia riconosciuto che, nella fattispecie, si verteva in ipotesi di illecito extracontrattuale, onde la pretesa risarcitoria era assoggettabile al termine di prescrizione quinquennale, decorrente dalla data in cui (24.6.1996) era stata approvata la graduatoria concorsuale poi dichiarata illegittima.
Con il terzo motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione (art. 360, comma 1, n. 5, cpc), deduce che le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale erano inconferenti rispetto alla fattispecie all’esame, posto che il danno non era derivato da una tardiva assunzione in servizio a seguito di una procedura concorsuale legittimamente espletata, bensì da un vizio della stessa procedura concorsuale e, in particolare, dal provvedimento di approvazione della graduatoria.
Con il quarto motivo la ricorrente, denunciando vizio di motivazione (art. 360, comma 1, n. 5, cpc), lamenta che la Corte territoriale non abbia spiegato affatto la ritenuta sussistenza di un illecito contrattuale piuttosto che extracontrattuale.
Con il quinto motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cc (art. 360, comma 1, n. 3, cpc), deduce che la lavoratrice non aveva provato la sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione, atteso che la questione sulla quale si era verificato il vizio del provvedimento sanzionato dal giudice amministrativo non era affatto pacifica al momento in cui essa ricorrente aveva esercitato la propria attività provvedimentale.
2. In ordine al primo motivo deve premettersi che la controversia trae origine dall’espletamento di una procedura concorsuale per il passaggio dalla VII all’VIII qualifica funzionale riservata ai dipendenti dell’amministrazione finanziaria.
All’esito della suddetta procedura, l’Amministrazione aveva formulato una graduatoria, approvata con atto del 24.6.1996, nell’ambito della quale la B. , seppur idonea, non era risultata vincitrice.
Tale graduatoria era stata successivamente annullata dal TAR del Lazio, stante l’avvenuta inclusione in essa di soggetti che avevano partecipato alla selezione senza essere in possesso del requisito della maturazione, alla data del 31.12.1990, di cinque anni di appartenenza ai ruoli dell’amministrazione finanziaria e di avvenuta prestazione di servizio per cinque anni negli uffici della stessa amministrazione nella VII qualifica funzionale.
Il Commissario ad acta successivamente nominato provvide quindi, con determinazione del 21.5.2003, alla riformulazione della graduatoria, nell’ambito della quale la B. venne collocata come vincitrice.
Il TAR del Lazio ordinò tuttavia al Commissario ad acta di provvedere a redigere una nuova graduatoria, che tenesse conto dell’avvenuto annullamento dei provvedimenti di ammissione alla procedura concorsuale dei candidati non in possesso dei prescritti requisiti.
La graduatoria venne quindi definitivamente riformulata con determinazione del Commissario ad acta in data 14.1.2004 e dell’Amministrazione in data 6.2.2004, venendo la B. a collocarsi in posizione utile per il superiore inquadramento.
A conclusione di tale complessa vicenda, la B. ha agito in giudizio per il ristoro dei danni asseritamene patiti a far tempo dal giugno 1996, epoca di approvazione della prima graduatoria poi annullata, riconosciutigli per il periodo successivo al 30.6.1998.
2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di impiego pubblico privatizzato, l’art. 63, comma 4, dl.vo n. 165/01 si interpreta, alla stregua dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale sull’art. 97 della Costituzione, nel senso che per “procedure concorsuali di assunzione”, attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, si intendono quelle preordinate alla costituzione “ex novo” dei rapporti di lavoro (essendo tali le procedure aperte ai candidati esterni, ancorché vi partecipino anche soggetti già dipendenti pubblici) ed i procedimenti concorsuali interni destinati a consentire l’inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie più elevate, profilandosi in tal caso una novazione oggettiva dei rapporti lavorativi, mentre restano devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative a procedure riguardanti le progressioni all’interno di ciascuna area professionale o categoria (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 15403/2003; 2288/2008; 21558/2009; 8522/2012; 10409/2013).
Tuttavia è stato precisato che, con l’approvazione della graduatoria, si esaurisce l’ambito riservato al procedimento amministrativo e all’attività autoritativa dell’amministrazione, subentrando una fase in cui i comportamenti dell’amministrazione vanno ricondotti all’ambito privatistico, espressione del potere negoziale della P.A. nella veste di datrice di lavoro, da valutarsi alla stregua dei principi civilistici in ordine all’inadempimento delle obbligazioni (art. 1218 cc), anche secondo i parametri della correttezza e della buona fede; con la conseguenza che la controversia sulla domanda di un pubblico dipendente, il quale, dopo l’espletamento di una procedura pubblica concorsuale, chieda l’accertamento del suo diritto all’assunzione e alla stipulazione del relativo contratto di lavoro, con la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, esula dall’ambito di quelle inerenti la suddetta procedura del pubblico concorso, onde, ai sensi dell’art. 63, primo comma, dl.vo n. 165/01, la sua cognizione spetta alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 15342/2006; 21671/2013).
Specularmene, poiché in materia di concorsi “pubblici”, i rapporti giuridici e i diritti soggettivi devoluti alla cognizione del giudice ordinario si configurano solo a seguito dell’emanazione del provvedimento di approvazione della graduatoria, che ne rappresenta il fatto costitutivo, la domanda di risarcimento, proposta dal vincitore di un concorso interno, per i danni causati dall’esercizio del potere pubblico, laddove si imputi all’Amministrazione, che aveva indetto il concorso, il ritardo illegittimo e colpevole nell’espletamento della procedura concorsuale e nell’emanazione dell’atto terminale dell’approvazione della graduatoria, spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo riconducibile all’esercizio di attività autoritative da parte della P.A., in forza dell’art. 7, comma 3, legge n. 1034/71 (comma sostituito dall’art. 35, dl.vo n. 80/98, a sua volta successivamente modificato dall’art. 7 legge n. 205/00), in base al quale “il tribunale amministrativo regionale, nell’ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali” (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 30254/2008; 15235/2009).
2.2 Nel caso all’esame, dalla graduatoria del 1996, peraltro, come detto, poi annullata, non era derivata, né poteva derivare, a favore della B. una posizione giuridica soggettiva qualificabile in termini di diritto all’assunzione, non risultando la medesima, sulla base di detta graduatoria, ricompresa fra i soggetti vincitori del concorso; la suddetta posizione di diritto soggettivo è invece insorta soltanto per effetto dell’approvazione della graduatoria definitiva avvenuta nel 2004.
Il danno che la lavoratrice ha assunto esserle derivato per il periodo precedente (appunto dal 1996) è quindi riconducibile non già al ritardo con il quale l’Amministrazione ha provveduto all’attuazione di un diritto soggettivo alla qualifica superiore già sorto, bensì all’illegittimo ritardo con cui la stessa Amministrazione ha portato a compimento la procedura concorsuale, con l’approvazione definitiva della graduatoria.
Tale condotta dell’Amministrazione non ha quindi leso una posizione di diritto soggettivo della dipendente, ma quella del suo interesse legittimo al corretto espletamento della procedura concorsuale fino al suo atto terminale, costituito appunto dall’approvazione della graduatoria; la relativa controversia avrebbe dovuto quindi essere instaurata dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio e il motivo all’esame merita pertanto accoglimento.
3. Restando assorbita la disamina degli ulteriori motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata, dichiarandosi la giurisdizione del giudice amministrativo e rimettendo la causa al competente Tribunale Amministrativo Regionale.
La complessità della questione, unitamente alla considerazione del difforme esito dei giudizi di merito, consigliano la compensazione per giusti motivi delle spese dell’intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e rimette la causa al competente Tribunale Amministrativo Regionale; spese dell’intero processo compensate.
Leave a Reply