Corte di Cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione unite

sentenza 5 maggio 2014, n. 9568

REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ADAMO Mario – Primo Presidente f.f.
Dott. RORDORF Renato – Presidente Sezione
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere
Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere
Dott. DI BLASI Antonino – rel. Consigliere
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) residente a (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta delega a margine del ricorso, dall’Avv. (OMISSIS), nel cui studio, in (OMISSIS), e’ elettivamente domiciliato;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, nei cui Uffici, in Roma, Via dei Portoghesi, 12, e’ domiciliata;
– controricorrente –
nonche’
(OMISSIS) SPA con sede in (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore;
– intimata –
Avverso la sentenza n.1260/2011, emessa dal Tribunale di Pescara, in persona del Giudice Unico Dott. Angelo Bozza, in data 27.09.2011 e depositata in cancelleria il 27 settembre 2011;
Udita la relazione della causa, svolta nella pubblica udienza del 25 febbraio 2014, dal Consigliere Dott. Antonino Di Blasi;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’accoglimento parziale del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS) impugnava in sede giurisdizionale, il preavviso di fermo amministrativo dell’autovettura, per asserito omesso pagamento di somme, deducendo l’inesistenza di un valido titolo, legittimante la pretesa nei propri confronti.Evidenziava di avere, in precedenza, ricevuto una cartella esattoriale, erroneamente indirizzatagli quale erede di tale (OMISSIS), del quale, in realta’, era stato solo curatore della relativa eredita’ giacente, e che tale erroneo operato aveva tempestivamente segnalato alla competente Agenzia, che ne aveva preso atto.
Nell’incoato giudizio, si costituiva l’Agenzia Entrate, mentre non svolgeva difese l’intimata concessionaria.
L’adito Giudice di Pace di Pescara, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione, opinando che, poiche’ il fermo amministrativo impugnato afferiva a credito tributario per IRPEF, lo stesso risultava impugnabile davanti al Giudice Tributario.
Il (OMISSIS), proponeva appello, deducendo la giurisdizione del Giudice Ordinario e la fondatezza, nel merito, dell’impugnazione, per essere estraneo alla pretesa impositiva, ed il Tribunale di Pescara, con la sentenza in epigrafe indicata ed in questa sede impugnata, lo rigettava, confermando la decisione di primo grado.
E’ stato, quindi, proposto il ricorso di legittimita’, di che trattasi, che il (OMISSIS) ha affidato ad un mezzo.
L’Agenzia Entrate, difende le proprie ragioni, con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico mezzo, il ricorrente ha censurato l’impugnata decisione per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, deducendo che le argomentazioni nella stessa svolte si porrebbero in contraddizione con “quanto documentato e provato” in atti e che, alla relativa stregua, e’ a ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario. Deduce, pure che l’ente impositore e la concessionario avrebbero agito con malafede e colpa grave, ragion per cui ne chiede la condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., e articolo 2043 c.c..
Ritiene il Collegio che il ricorso vada rigettato, tenuto conto che la sentenza del Tribunale di Pescara, che ha riconosciuto e dichiarato la giurisdizione del giudice tributario, e’ in linea con l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, e che, d’altronde, il mezzo risulta inidoneamente formulato.
In vero, la CTR e’ pervenuta alla decisione, con argomentazione sul piano giuridico e logico formale corretta, richiamando, per un verso, il consolidato orientamento, secondo cui l’opposizione avverso fermo amministrativo di veicolo e del relativo preavviso ex articolo 86 del dpr n. 602/1973, come interpretato dal Decreto Legge n. 223 del 2006, articolo 35, comma 25 quinquies, convertito con legge n. 248/2006, resta, per principio generale, attribuito al Giudice tributario salvo il caso eccettuato che l’ente impositore abbia formalmente riconosciuto il diritto allo sgravio, dovendo, in tal caso, riconoscersi la giurisdizione del giudice ordinario, non riguardando, in tal caso, piu’ la controversia una questione tributaria, bensi’ un mero indebito oggettivo di diritto comune e, sotto altro profilo, rilevando che, nel caso, la P.A. non aveva effettuato alcun riconoscimento formale dell’inesistenza del credito nei confronti del (OMISSIS) e, neppure, aveva disposto alcuno sgravio della somma pretesa e, d’altronde, che la Concessionaria non aveva mai rinunciato alla pretesa fiscale nella quale aveva insistito, continuando a pretenderne il soddisfacimento dal (OMISSIS), quale curatore dell’eredita’ giacente e non gia’ quale erede del de cuius (OMISSIS).
In buona sostanza, il riconoscimento dell’Ente impositore aveva riguardato, non gia’ l’insussistenza della pretesa nei confronti del (OMISSIS), bensi’ solo la diversa qualita’ in base alla quale lo stesso era richiesto del pagamento e cio’ era conclamato dalla posizione processualmente assunta dall’Agenzia delle Entrate, la quale costituendosi in sede di opposizione, aveva dedotto “la legittimita’ della pretesa nei confronti dell’opponente quale curatore dell’eredita’ giacente Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ex articolo 131 (ora 187)” e non gia’ quale erede.
A fronte di tale ratio decidendi, il (OMISSIS) ha sostenuto l’erroneita’ della decisione di appello, limitandosi a dedurre che non era stata valorizzata la circostanza fattuale che tanto l’ente impositore come pure la concessionaria, avevano riconosciuto “l’erroneita’ e la non riferibilita’ della cartella esattoriale”, ad esso ricorrente.
Il ricorrente, infatti, non muove critiche puntuali e specifiche alla argomentazione, che costituisce ratio della decisione impugnata, – secondo cui nessun riconoscimento dell’inesistenza del credito aveva operato l’Amministrazione Finanziaria, la quale non aveva neppure disposto alcuno sgravio della somma pretesa, essendosi la stessa limitata a prendere e dare atto che il (OMISSIS) era tenuto al pagamento non gia’ quale erede del de cuius, bensi’ quale curatore della relativa eredita giacente, ferma restando, quindi, la legittimita’ della pretesa nei confronti dello stesso. In concreto, il tessuto argomentativo della ratio dell’impugnata decisione, non risulta incrinato dalle censure svolte, che risultano generiche, prive di specifica attinenza al decisum (Cass. 20652/2009, n.13259/2006, n.21490/2005) e sottese ad ottenere una decisione di segno opposto sulla base dei medesimi elementi gia’ esaminati e diversamente valutati dai giudici di merito.
Peraltro, il motivo disattende, pure, il principio secondo cui la parte, in sede di ricorso per cassazione, “ha l’onere di indicare in modo esaustivo le circostanze di fatto che potevano condurre, se adeguatamente considerate, ad una diversa decisione, in quanto il detto ricorso deve risultare autosufficiente e, segnatamente “per potersi configurare il vizio di motivazione e’ necessaria non solo la puntuale indicazione dei fatti controversi rilevanti e del successivo momento di sintesi (Cass. SS.UU. n. 16528/2008, n. 254117/2008, ma pure un rapporto di causalita’ fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza” (Cass. n. 9368/2006, n. 21249/2006, n. 1014/2006, n. 22979/2004).
Ritiene, altresi’, il Collegio che l’altro profilo di censura, con cui si contesta la responsabilita’ aggravata delle intimate e se ne chiede la condanna al risarcimento danni, non risulta scrutinabile per il carattere della novita’.
In base all’articolo 345 c.p.c., e per consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale, in vero, e’ inammissibile la proposizione di domande nuove in appello e la relativa questione, anche se non dedotta dalla controparte, va rilevata d’ufficio dal giudice adito ed, in ipotesi, anche in Cassazione, salvo solo il giudicato (Cass. n. 28302/2005, n. 273432/2005).
Dall’esame comparativo dell’impugnata sentenza e del ricorso, si evince, inequivocamente, che la questione, prospettata in questa sede, non era stata dedotta davanti ai precedenti giudici, dove il (OMISSIS) si era affidato ad altre ragioni, per l’appunto, con le quali aveva sostenuto la giurisdizione del Giudice Ordinario e la fondatezza del ricorso nel merito, per essere personalmente estraneo alla pretesa esattoriale.
Stante, dunque, l’incontestata natura tributaria della pretesa, trattandosi di credito per IRPEF, e l’insussistenza dei peculiari presupposti (riconoscimento del diritto del contribuente da parte dell’ente impositore) per riconoscere la giurisdizione del giudice ordinario, si ritiene che la causa sia stata, erroneamente, introdotta davanti al giudice ordinario e che, quindi, hanno ben deciso i Giudici di merito nel declinare la propria giurisdizione in favore del Giudice tributario.
Ritiene, conclusivamente, il Collegio che il ricorso del contribuente vada rigettato per inammissibilita’ delle censure e che meriti conferma la decisione di appello, che ha riconosciuto ed affermato la Giurisdizione del Giudice Tributario.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in complessivi euro mille, oltre spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia controricorrente, mentre non sussistono i presupposti per una pronuncia sulle spese in favore dell’intimata (OMISSIS) spa.
P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione del Giudice Tributario e rigetta il ricorso del contribuente, che condanna al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di euro mille, oltre spad.

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