Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 7 agosto 2015, n. 16597
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente
Dott. CIGNA Mario – Consigliere
Dott. FERRO Massimo – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27354/2009 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore costituita con c/ric. 08/02/2010, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 89/2 008 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 27/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/03/2015 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che si riporta al contenuto del ricorso ed alla memoria depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con avviso di accertamento ritualmente notificato all’architetto (OMISSIS) l’Agenzia delle Entrate accertava ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d), a carico del contribuente maggiori compensi nella misura di lire 39.994.000, con conseguenti maggiori imposte ai fini Irpef, Irap ed Iva, in conseguenza della difformita’ della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza.
La CTR del Lazio, confermando la sentenza di primo grado, respingeva il ricorso del contribuente.
Il giudice di appello, in particolare, premesso che lo scostamento tra la percentuale di ricarico e quella media del settore giustificava l’accertamento analitico-induttivo, osservava che il contribuente aveva sottoscritto un accertamento con adesione, che prevedeva un abbattimento dell’imponibile in misura del 50%, e che detto accertamento era stato disatteso per mancato versamento di quanto ivi stabilito.
Rilevava inoltre che il contribuente nulla aveva eccepito in ordine alle deduzioni dell’Ufficio, secondo cui gli stessi conteggi presentati dal contribuente nell’ambito del c.d. studio di settore recavano maggiori compensi per oltre 7.000,00 euro rispetto ai redditi dichiarati.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, il contribuente.
L’Agenzia resiste con controricorso.
Il contribuente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso il contribuente denunzia l’omessa e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5), in ordine alla mancata considerazione da parte della CTR degli specifici rilievi che erano stati sollevati dal contribuente e che inficiavano le risultanze dell’accertamento induttivo effettuato dall’Ufficio.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia la contraddittoria ed insufficiente motivazione in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5), lamentando che la CTR abbia richiamato in motivazione un accertamento con adesione che non si era di fatto perfezionato e che era stato disatteso dall’Ufficio.
Con il terzo motivo si denunzia violazione a falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 37, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3), deducendo che la CTR aveva di fatto attribuito efficacia di presunzione assoluta alle risultanze dei parametri, omettendo di prendere in considerazione la contraria prova fornita dal contribuente.
I motivi, che, in ragione dell’intima connessione, vanno unitariamente esaminati, sono fondati.
La CTR ha infatti affermato che l’accertamento e’ stato effettuato sulla base dello scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli presunti, sulla base della c.d. media di settore prevista dal D.P.C.M. 29 marzo 1997.
Orbene costituisce orientamento consolidato di questa Corte, cui si intende darsi senz’altro continuita’, che l’accertamento induttivo del reddito e’ consentito, anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette, qualora la contabilita’ possa essere considerata complessivamente inattendibile in quanto confliggente con regole fondamentali di ragionevolezza (Cass. n. 5870/2003).
In particolare e’ stato affermato che l’accertamento di maggiori ricavi d’impresa puo’ essere affidato alla considerazione della difformita’ della percentuale di ricarico applicata dal contribuente rispetto a quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza, soltanto ove tale difformita’ Aggiunga livelli di abnormita’ ed irragionevolezza tali da privare appunto la documentazione contabile di ogni attendibilita’ (Cass. 263 88/05).
Le medie di settore, infatti, non costituiscono un fatto noto, storicamente provato, dal quale argomentare quello ignoto da provare, ma il risultato di una mera estrapolazione statistica di una pluralita’ di dati disomogenei che fissa una regola d’esperienza: dette medie, pertanto, non sono idonee, di per se’ stesse, ad integrare gli estremi di una prova per presunzioni.
L’Amministrazione finanziaria pertanto non e’ legittimata a procedere all’accertamento induttivo, al di fuori delle ipotesi tipiche previste dal Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 39, comma 1, lettera d), e del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 54, allorche’ si verifichi uno scostamento non significativo tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore ma solo quando venga ravvisata una “grave incongruenza”.
Ai fini dell’accertamento di un maggior reddito d’impresa, dunque, non basta il solo rilievo dell’applicazione, da parte del contribuente, di una percentuale di ricarico diversa dalla media riscontrata nel medesimo settore commerciale, dovendo lo scostamento essere di proporzioni assolutamente rilevanti. (Cass. 26481/2014).
Al di fuori di tale ipotesi occorre che risulti qualche elemento ulteriore incidente sull’attendibilita’ complessiva della dichiarazione e la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti. Orbene nel caso di specie, da un lato viene dato rilievo al mero dato dello scostamento in se’ considerato, senza valutare l’eventuale carattere di abnormita’ dello stesso in relazione al caso concreto, dall’altro non risultano specificamente confutate le specifiche argomentazioni e contestazioni sollevate dal contribuente in ordine alla propria qualifica di membro della Commissione Edilizia del Comune di Roma e conseguente incompatibilita’ dell’esercizio della propria attivita’ professionale nel territorio del Comune di Roma, nonche’ sulla separata indicazione, in dichiarazione, di una parte del proprio compenso, ed infine di essere gia’ titolare di pensione di anzianita’, e di aver dunque prestato, in conseguenza di tale ulteriore fonte di reddito e dell’eta’, un minor impegno lavorativo.
Non puo’ inoltre attribuirsi rilevanza, ai fini della legittimita’ dell’accertamento induttivo, al mancato perfezionamento dell’accertamento con adesione, derivante dal mancato pagamento del relativo importo da parte del contribuente.
La sentenza della CTR, che si e’ limitata a rilevare lo scostamento tra ricavi dichiarati ed accertati e non ha in alcun modo dato conto della concreta situazione del contribuente e delle sue specifiche contestazioni, va dunque cassata con rinvio ad altra sezione della medesima CTR, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa innanzi ad altra sezione della medesima CTR, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
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