Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 6 marzo 2015, n. 4578
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere
Dott. CIGNA Mario – Consigliere
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere
Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4601/2010 r.g. proposto da:
(OMISSIS), in persona del dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS) e rappresentato e difeso per procura a margine del ricorso dall’Avv. (OMISSIS);
– ricorrendo –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 e’ elettivamente domiciliata.
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 75/5/08 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, depositata il 29.12.2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12.12.2014 dal Consigliere Dott. CRUCITTI Roberta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
In particolare, il Giudice di appello argomentava la decisione rilevando che il requisito dell’autonoma organizzazione andava individuato non nell’esistenza di una seppur minima organizzazione di beni strumentali e risorse umane, ma “nella capacita’ del libero professionista di porre in essere scelte autonome di organizzazione e di lavoro rispetto al mondo esterno”; e, nella specie, dagli atti non era emerso che l’attivita’ professionale dello Studio associato fosse formalmente vincolata da alcun limite e condizionamento.
La C.T.R. riteneva, inoltre, fondata l’eccezione, sollevata dall’Ufficio, in ordine all’intervenuta decadenza dal diritto al rimborso.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
2. Con il secondo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, articolo 2, comma 8 bis, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente, con riferimento al solo rimborso del periodo di imposta 2002 e premesso che, in atto di appello, l’Agenzia delle Entrate aveva sostenuto che il rimborso dell’IRAP, relativa all’anno 2002, non era dovuto in quanto proposto oltre il termine del 31.10.2004 (essendo stata l’istanza presentata il 2.9.2005), deduce l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il Giudice di secondo grado nel recepire acriticamente la tesi dell’Ufficio per cui avrebbe dovuto presentarsi, per il rimborso, dichiarazione integrativa laddove, a seguito della sentenza n. 13484/2007 di questa Corte, la stessa Agenzia con sua risoluzione (n. 429/2008) aveva ritenuto che il contribuente puo’ recuperare l’imposta versata in eccesso attraverso un istanza di rimborso presentata ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38.
3. Il ricorso e’ fondato.
3.1. In ordine al primo motivo e’ sufficiente ribadire il principio, consolidato, per cui il requisito dell’autonoma organizzazione, presupposto dell’IRAP, ricorre quando il contribuente che eserciti attivita’ di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione senza essere inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilita’ ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantita’ che, secondo l'”id quod plerumque accidit”, costituiscono, nell’attualita’, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attivita’ anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. E’ onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza di tali condizioni (cfr. Cass. SS.UU. n.ri 12108 E 1211 del 2011; e, di recente, n. 18749/2014).
Con particolare riguardo, poi, agli studi associati, in ulteriore applicazione di detto principio, questa Corte (Sentenze n. 1575/2014; n.24058/2009) ha specificato che l’esercizio in forma associata dell’attivita’, sebbene senza dipendenti o collaboratori e, comunque, con beni strumentali di esiguo valore, e’ circostanza di per se’ idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonche’ dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e delle rispettive competenze, ovvero della sostituibilita’ nell’espletamento di alcune incombenze, si’ da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalita’ di ciascun componente dello studio e, conseguentemente, debba essere assoggettato all’IRAP, a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito e’ derivato dalla sola attivita’ dei singoli associati.
La sentenza impugnata che si fonda esclusivamente, senza alcun accertamento della concreta fattispecie, su un’interpretazione del requisito dell’autonoma organizzazione del tutto avulso da quello fornito da questa Corte, va, pertanto, cassata.
3.2. E’ fondato anche il secondo motivo, costituendo consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte, che: “in tema di imposte sui redditi, il Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 38 il quale autorizza la presentazione dell’istanza di rimborso non solo in caso di errore materiale, ma anche in quello di “inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”, opera in maniera indifferenziata in tutte le ipotesi di ripetibilita’ del versamento indebito, dall’errore materiale al caso di inesistenza dell’obbligazione, e tanto se l’errore si riferisca al versamento, quanto nel caso in cui cada sull'”an” o sul “quantutm” del tributo. La dichiarazione dei redditi, infatti, non costituisce la fonte dell’obbligo tributario, ne’ produce effetti assimilabili a quelli di una confessione, ma rappresenta unicamente un momento essenziale del procedimento di accertamento e riscossione delle imposte sul reddito e non puo’ precludere al contribuente – anche in conformita’ al principio costituzionale di capacita’ contributiva – la dimostrazione, con le forme e nei termini previsti dal citato Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 38 e con onere della prova a suo carico, dell’inesistenza, anche parziale, di presupposti di imposta erroneamente dichiarati (cfr., ex multis, Cass. nn. 18163/2002; n.l3484/2007; n. 14932/2011).
4. In conclusione, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e disposto il rinvio a diversa Sezione della C.T.R. della Puglia perche’ provveda al riesame alla luce dei superiori principi ed al regolamento delle spese processuali.
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