Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 6 luglio 2016, n. 13733

La dichiarazione dei redditi congiunta, consentita a coniugi non separati, costituisce una facoltà che, una volta esercitata per libera scelta degli interessati, produce tutte le conseguenze, vantaggiose ed eventualmente svantaggiose, che derivano dalla legge e che ne connotano il peculiare regime, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 6 luglio 2016, n. 13733

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere
Dott. GRECO Antonio – Consigliere
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, sez. staccata di Livorno, n. 59/14/06, depositata il 16 aprile 2008.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9 febbraio 2016 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
uditi l’avv. (OMISSIS) (per delega) per la ricorrente e l’avvocato dello Stato (OMISSIS) per la controricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Soldi Anna Maria, il quale ha concluso per l’inammissibilita’ o, in subordine, il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, sez. staccata di Livorno, indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, e’ stata dichiarata la legittimita’ della cartella di pagamento emessa nei confronti della contribuente a seguito di avviso di accertamento, notificato al coniuge legalmente separato e divenuto definitivo per omessa impugnazione, relativo al 1996, anno per il quale era stata presentata dichiarazione congiunta ai sensi della L. n. 114 del 1977, articolo 17.
Il giudice d’appello ha ritenuto che la dichiarazione congiunta costituisce una facolta’ il cui esercizio produce tutte le conseguenze previste dalla legge e che il venir meno, in epoca successiva, della convivenza matrimoniale non lede il diritto di difesa della moglie, la quale ha la possibilita’ di far valere, in sede di impugnazione della cartella, tutte le possibili ragioni di contrasto della pretesa tributaria.
2. l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo proposto, la ricorrente, denunciando la violazione della L. n. 114 del 1977, articolo 17 e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 19 sostiene la tesi secondo la quale “nel caso di separazione dei coniugi l’accertamento deve essere notificato a pena di nullita’ ad entrambi i coniugi con la conseguenza che, se l’accertamento in rettifica e’ notificato a uno solo, la successiva cartella di pagamento e’ nulla nei confronti dell’altro coniuge, e quindi puo’ essere validamente impugnata in relazione anche della mancata notifica diretta degli atti precedenti e, per questo solo vizio, l’atto consequenziale impugnato dovra’ essere annullato”.
Il ricorso e’ infondato.
La giurisprudenza di questa Corte e’ consolidata nell’affermare il principio in virtu’ del quale, ai sensi della L. 13 aprile 1977, n. 114, articolo 17 la dichiarazione dei redditi congiunta, consentita a coniugi non separati, costruisce una facolta’ che, una volta esercitata per libera scelta degli interessati, produce tutte le conseguenze, vantaggiose ed eventualmente svantaggiose, che derivano dalla legge e che ne connotano il peculiare regime, a prescindere dalle successive vicende del matrimonio; ne consegue che la responsabilita’ solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta ed accessori, iscritti a molo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dal citato articolo 17, u.c., non e’ influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale. Ne’ cio’ e suscettibile di dar luogo a dubbi di legittimita’ costituzionale in riferimento all’articolo 24 Cost. (cfr. Corte cost. sent. n. 184 del 1989 e ord. n. 4 del 1998), dovendosi escludere che la mancata impugnazione da parte del marito dell’avviso di accertamento a lui notificato renda definitiva l’obbligazione tributaria nei confronti della moglie separata, avendo costei la possibilita’ di impugnare autonomamente la cartella di pagamento o l’avviso di mora a lei diretti e di far valere, in tale sede, tutte le possibili ragioni di contestazione, nel merito, della pretesa tributaria, avuto appunto riguardo alla mancata notifica diretta degli atti precedenti (tra altre, Cass. nn. 4863 del 2002, 2021 del 2003, 19896 del 2006, 23553 del 2015).
Cio’ posto, la ricorrente sostiene che tra i vizi denunziabili dalla moglie separata, in sede di impugnazione della cartella di pagamento a lei notificata, rientra anche quello concernente l’omessa notifica, nei suoi stessi confronti, dell’atto prodromico; e richiama la giurisprudenza che riconosce appunto al contribuente la facolta’ di far valere, in via esclusiva, al fine di ottenere l’annullamento dell’atto consequenziale, il vizio procedimentale consistente nella omessa notifica dell’atto presupposto.
La tesi non puo’ essere condivisa, in quanto confligge in pieno (costituendone una sorta di interpretano abrogans) con il dettato del menzionato articolo 17, il quale, nel caso di dichiarazione congiunta dei coniugi (facolta’ ora abrogata), prevedeva proprio che l’amministrazione notificasse al (solo) marito l’avviso di accertamento (o la cartella di pagamento), ferma rimanendo la responsabilita’ solidale della moglie per le imposte e gli accessori iscritti a ruolo a nome del marito, fatta valere attraverso la notifica, a lei diretta, della cartella di pagamento (o dell’avviso di mora).
2. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 4000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

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