Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 30 aprile 2015, n. 8760
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI BLASI Antonino – est. Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentati e difesi, giusta delega a margine del ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati nello studio del secondo in (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, nei cui Uffici, in Roma Via dei Portoghesi, 12 e’ domiciliata;
– controricorrente –
Avverso la sentenza n.67 della C.T.R. di Bologna – Sezione n. 12 in data 29.10.2008, depositata il 26 novembre 2008;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio del 18 marzo 2015, dal Relatore Dott. Antonino Di Blasi;
Sentito, per i ricorrenti, l’Avv. (OMISSIS);
Sentito, per la controricorrente Agenzia, l’Avvocato (OMISSIS), dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Presente per il P.M. Dott. MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per l’inammissibilita’, in subordine per il rigetto, del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il signor (OMISSIS), impugnava in sede giurisdizionale, – denunciando la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20, – l’avviso di liquidazione notificato il 05.07.2005, con cui l’Agenzia Entrate di Rimini, reclamava l’imposta complementare di registro, ipotecaria, catastale ed accessori, in relazione all’atto in Notaio (OMISSIS) del 06.11.2003 registrato il 24.11.2003.
Tale atto prevedeva la costituzione di una societa’ in accomandita semplice con ragione sociale ” (OMISSIS) sas” e con sede in (OMISSIS), il cui capitale sociale veniva determinato in euro 350.000,00 e sottoscritto da (OMISSIS) con conferimento di denaro per euro 50.000,00, da (OMISSIS) con conferimento di quote di beni immobili per euro 150.000,00 e da (OMISSIS) con conferimento di quote immobiliari per euro 150.000,00.
Il precedente 17.10.2003, il signor (OMISSIS), giusto atto in notaio (OMISSIS), registrato il 20.10.2003, aveva contratto un mutuo fondiario con la (OMISSIS) spa dell’importo di euro 1.050.000,00, garantito da ipoteca sugli immobili, successivamente conferiti nella precitata societa’, per l’importo di euro 1.575.000,00, e che, per l’effetto, veniva onerata della restituzione del mutuo garantito da ipoteca.
Successivamente, con due scritture private registrate il 28.11.2003 ed il 13.11.2003, rispettivamente, (OMISSIS) e (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), cedevano le proprie quote di partecipazione nella societa’ ” (OMISSIS) sas” alla societa’ ” (OMISSIS) snc”; all’esito dei citati rogiti quest’ultima societa’ diveniva l’esclusiva proprietaria di tutti i beni originariamente conferiti dai sigg.ri (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), nella ” (OMISSIS) sas”.
L’Ufficio, ritenendo che l’insieme di atti stipulati dai soggetti indicati, realizzasse gli effetti economici e giuridici di una vendita, aveva riqualificato e tassato in base alla sua intrinseca natura ed ai concreti effetti, il negozio giuridico, emettendo l’avviso di liquidazione precitato, notificato il 05.07.2005.
L’Agenzia Entrate, costituendosi, resisteva, sostenendo la legittimita’ dell’operato dell’Ufficio, onerato per legge a tassare gli atti in base alla loro intrinseca natura ed agli effetti giuridici prodotti, ancor quando non corrispondenti al titolo o alla forma apparente.
Con atto in Notaio (OMISSIS), registrato il 31.10.2003 al n.327/1 serie 2V, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) costituivano la societa’ ” (OMISSIS) sas” con sede in (OMISSIS). Il capitale sociale veniva determinato in euro 220.000,00 e sottoscritto da (OMISSIS) e (OMISSIS), per la quota di euro 8.600,00 ciascuno, con conferimento in denaro, da (OMISSIS), per la quota di euro 44.800,00, mediante conferimento di quota di un immobile ad uso albergo, nonche’ da (OMISSIS), per la quota di euro 158.000,00, mediante il conferimento dell’intera proprieta’ dell’azienda alberghiera denominata ” (OMISSIS)”, ubicata in (OMISSIS).
Con scrittura privata, autenticata dal Notaio (OMISSIS) e registrata il 31.10.2003, i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno ceduto ciascuno la propria quota di partecipazione nella precitata societa’ ” (OMISSIS) sas”, ai signori (OMISSIS) e (OMISSIS).
L’Ufficio emetteva, quindi, avviso di liquidazione, notificato a (OMISSIS), quale legale rappresentante della appena citata societa’, ed a (OMISSIS), per imposta complementare di registro, ipotecaria, catastale ed interessi, in relazione al precitato atto in notar (OMISSIS) registrato il 31.10.2003 al n. 327/1 serie 2V.
Con detto avviso, che riferiva al Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20, l’atto veniva riqualificato come “cessione d’azienda”, in relazione all’intrinseca natura, nonche’ agli effetti giuridici prodotti o che era idoneo a produrre, a prescindere dal titolo e dalla forma apparente, accertando che l’operazione realizzava gli effetti economici e giuridici di una vendita, al cui esito i signori (OMISSIS) e (OMISSIS) erano divenuti proprietari unici della societa’ ” (OMISSIS) sas”.
L’avviso veniva impugnato in sede giurisdizionale sia da (OMISSIS), quale legale rappresentante della ” (OMISSIS) sas”, sia pure da (OMISSIS), i quali denunciavano la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20, e chiedevano dichiararsi la nullita’ dell’avviso impugnato.
L’Agenzia Entrate, costituendosi, rivendicava la legittimita’ della riqualificazione dell’atto sulla base dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici, a prescindere dalla forma apparente utilizzata e, quindi, chiedeva il rigetto del ricorso.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, giusta sentenza n. 78.03.2006, previa riunione dei due ricorsi, separatamente proposti dalle parti, ed iscritti ai n.ri 1132 e 1133/2005 r.g., li accoglieva, opinando che, nel caso, non si era concretizzata alcuna “elusione fiscale” e che l’operato dell’Ufficio concretizzasse una violazione dell’autonomia contrattuale delle parti.
La Commissione Tributaria Regionale, adita in appello dall’Agenzia Entrate, accoglieva, invece, l’impugnazione, ritenendo e dichiarando legittima la pretesa impositiva dell’Ufficio, portata dai due avvisi impugnati.
I contribuenti in epigrafe indicati hanno, quindi, proposto ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi.
L’Agenzia Entrate, giusto controricorso, resiste motivatamente e chiede che l’impugnazione venga dichiarata inammissibile e, comunque, rigettata per infondatezza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La CTR, in vero, dopo avere ritenuto irrilevanti le preliminari di rito, ha riconosciuto ed affermato che gli elementi caratterizzanti i negozi posti in essere dalle parti e le peculiarita’ della relativa sequenza temporale, inducevano a ritenere che la volonta’ formalizzata nei rogiti fosse ben diversa da quella realmente perseguita dai contraenti.
I ricorrenti, come anzi notato, hanno affidato l’impugnazione a quattro mezzi.
Con il primo, la decisione di appello viene censurata di nullita’ per omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Lamentano i ricorrenti che la CTR avrebbe omesso di pronunciare in ordine alla questione, alla stessa devoluta con le controdeduzioni svolte nel giudizio di secondo grado, concernente la “inammissibilita’ dell’appello proposto dall’Ufficio in relazione al giudicato formatosi su un capo fondamentale della sentenza” di primo grado e, segnatamente, connesso alla omessa impugnazione della seconda ratio contenuta nella stessa, concernente la dedotta violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 42, comma 2.
La doglianza deve ritenersi infondata sulla base dei seguenti condivisi principi:
a) “Il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale non e’ suscettibile di dar luogo a vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, potendo profilarsi, invece, al riguardo, un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’articolo 112 c.p.c., se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data da detto giudice alla problematica prospettata dalla parte. (Cass. n. 24808/2005).
b) Ad integrare il vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma e’ necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto: cio’ non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata con il capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico giuridica della pronuncia – (Cass. n. 16788/2006).
La questione dedotta, in effetti, risulta esaminata ed implicitamente decisa dalla CTR, la quale (pag.4 rigo 1 seg.ti della sentenza) ha ritenuto infondata l’eccezione dei contribuenti, ritenendola irrilevante ai fini decisionali e, quindi, implicitamente, rigettandola.
Altresi’, va rilevata l’inammissibilita’ del quesito di diritto formulato, del quale si coglie la genericita’ ed inconducenza, dal momento che non offre, cosi’ come richiesto, “una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del Giudice di legittimita’, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del gravame” (Cass. SS.UU. n. 20360/2007, n. 4008/2008, n. 4146/2011).
Con il secondo motivo, la sentenza viene censurata per violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c., rilevandosi che su un capo della sentenza di primo grado si sarebbe formato il giudicato, per mancata impugnazione, da parte dell’Agenzia Entrate.
Si deduce, in particolare, che, in sede di controdeduzioni in appello, i contribuenti avevano, fra l’altro, eccepito l’inammissibilita’ dell’appello proposto dall’Ufficio in relazione al giudicato formatosi sul capo della sentenza di primo grado che aveva pronunciato sulla questione relativa alla denunciata violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 42, comma 2, e che tale questione, riproposta dai ricorrenti con le controdeduzioni in l’appello, era stata, erroneamente, decisa dalla CTR, la quale aveva ritenuto che il relativo passaggio motivazionale dovesse ritenersi giuridicamente irrilevante agli effetti del giudizio in esame, stante la pacifica circostanza che l’oggetto del giudizio di che trattasi riguardava l’imposta di Registro e che, invece, il passaggio motivazionale della decisione di primo grado, riferiva a fattispecie cui tornava applicabile la diversa disciplina prevista per le imposte sui redditi.
Il mezzo risulta infondato, alla stregua delle argomentazioni svolte in sede di esame del precedente motivo, dovendosi, per le esplicitate ragioni, escludere il passaggio in giudicato della decisione di primo grado, per mancata impugnazione di una seconda ratio decidendi.
La questione relativa alla dedotta violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 42, comma 2, infatti, non essendo stata ritenuta conducente ed idonea a sostenere il decisum, come rilevato dalla CTR, non costituiva una seconda autonoma ratio della decisione di primo grado e, quindi, non necessitava di specifica impugnazione da parte dell’Agenzia Entrate.
Affermazione corretta, tenuto conto del condiviso orientamento giurisprudenziale (Cass. n.4732/2012, n. 726/2006) secondo cui costituisce capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato, solo quello che risolve una questione controversa, avente una propria individualita’ ed autonomia, si’ da integrare una decisione del tutto indipendente.
Peraltro, il mezzo, impinge nella rilevata inammissibilita’ dei quesiti di diritto formulati, sia per la relativa genericita’ ed inconducenza (Cass. SS.UU. n. 20360/2007, n. 4008/2008, n. 4146/2011), sia pure per la perplessita’ connessa alla formulazione di plurimi quesiti (Cass. n. 1906/2008, n. 5471/2008).
Del pari, inammissibile risulta la doglianza, formulata dai ricorrenti nell’ambito del mezzo in esame e relativa alla pretesa esistenza di un giudicato esterno, applicabile alla fattispecie; cio’, sia perche’, stante la genericita’ dei riferimenti, risultando formulato in violazione del principio di autosufficienza, il Collegio non ha la possibilita’ di apprezzarne la portata e quindi la conducenza, sia pure perche’ non si conclude con la formulazione di idoneo quesito.
Il terzo ed il quarto motivo, avuto riguardo all’intima connessione, vanno esaminati congiuntamente. Con il terzo mezzo, i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., e Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20.
Si deduce l’illegittimita’ della riqualificazione dei negozi sottoposti ad imposizione, in quanto operata dall’amministrazione, non gia’ sulla base del relativo contenuto, quale espresso nel rogito dai contraenti, bensi’ avendo riguardo al comportamento complessivo delle parti coinvolte e tenendo conto degli atti successivamente posti in essere.
Con il quarto ed ultimo motivo, i ricorrenti prospettano, infine, insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Viene denunciata la laconicita’ delle espressioni utilizzate per giustificare la decisione, laddove, invece, la CTR avrebbe dovuto individuare e precisare gli aspetti e le particolarita’ che inducevano a far ritenere che le operazioni poste in essere, fossero, meramente elusive e, quindi, prive di reale contenuto economico, diverso dal risparmio d’imposta. Rileva il Collegio che le argomentazioni utilizzate dalla CTR per comprovare il disegno elusivo, richiamano, essenzialmente la complessita’ dell’iter negoziale, senza una adeguata disamina delle emblematiche peculiarita’ e delle modalita’ di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici e sulla relativa incongruenza, rispetto agli strumenti utilizzabili in una normale logica di mercato e senza indicare i concreti elementi, desunti dai singoli negozi stipulati e dagli elementi acquisiti al processo, idonei a far ritenere l’assenza, in ciascun negozio, di un apprezzabile interesse e, quindi, l’esclusivo o preminente intento di pervenire al risultato finale di eludere il fisco.
Sotto tale profilo la decisione, risulta, quindi, avere fatto malgoverno di un consolidato orientamento giurisprudenziale, disattendendo il condiviso principio secondo cui “Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimita’ ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicita’ del suo ragionamento” (Cass. n. 1756/2006, n. 890/2006).
La riscontrata carenza motivazionale, giustifica l’accoglimento del relativo mezzo, con assorbimento del terzo motivo, con il quale, come anzi rilevato, veniva denunciata la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1362 c.c., e Decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, articolo 20.
Alla disamina delle doglianze poste con il motivo assorbito, provvedere il giudice del rinvio, il quale, nel procedere al riesame, si conformera’ ai principi, espressione di condiviso orientamento giurisprudenziale, sia in tema di “condotta abusiva” e di “scopo elusivo” dei negozi (Cass. n. 3938/2014, n. 21390/2012), sia pure in tema di “interpretazione” e di “intrinseca natura ed effetti giuridici” dell’atto sottoposto a registrazione (Cass. n. 11769/2008, 10273/2007, 10660/2003, n. 11457/2005).
Conclusivamente, vanno dichiarati inammissibili e comunque, rigettati per infondatezza, i primi due motivi del ricorso, va accolto il quarto mezzo e dichiarato assorbito il terzo e, per l’effetto ed in relazione, va cassata l’impugnata decisione.
Il Giudice del rinvio, che si designa in altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna, procedera’ al riesame e, quindi, adeguandosi ai principi espressi dalle richiamate pronunce, pronuncera’ nel merito e sulle spese del presente giudizio, offrendo congrua motivazione.
Accoglie, per quanto di ragione e nei sensi e limiti indicati in motivazione, il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia ad altra sezione della CTR dell’Emilia Romagna.
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