Corte di Cassazione bis

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria
sentenza 3 febbraio 2014, n. 2264

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente
Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere
Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5315-2011 proposto da:
(OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS) con studio in (OMISSIS) (avviso postale) giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n. 16085/2010 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 07/07/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) delega Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’inammissibilita’ e in subordine il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’inammissibilita’ e in subordine il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La CTR della Toscana, confermando la sentenza della CTP di Pisa, ha accolto il ricorso proposto dalla (OMISSIS) avverso il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso IRPEG, ritenendo sussistere il diritto alla riduzione dell’imposta previsto dalla disposizione agevolativa di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, articolo 6, lettera a) e b).
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e’ stato accolto con ordinanza n. 16085 del 2010, emessa da questa Corte, avverso la quale la contribuente ha proposto ricorso per revocazione, ex articolo 391 bis c.p.c., deducendo la sussistenza di un errore di fatto.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. L’errore di fatto revocatorio, dedotto dalla ricorrente, si incentra sul punto della sentenza con cui la Cassazione ha rilevato che “la sentenza impugnata giunge a ritenere la Fondazione meritevole del beneficio fiscale sulla base del solo statuto”.
2. Per contro, afferma la ricorrente, il giudice d’appello aveva “condotto un’analisi ben piu’ approfondita di quella di cui i Supremi giudici hanno inteso riconoscere con la revocanda sentenza e che va ben al di la’ del recepimento del mero dato statutario” avendo “riscontrato l’effettivo perseguimento delle finalita’ no-profit previsto dallo statuto della Fondazione stessa attraverso i dati di bilancio e l’analisi dei correlati documenti contabili, cosi’ come ritualmente prodotti dalla parte in corso di causa”.
3. La ricorrente rileva inoltre che: a) il predetto errore non ha costituito oggetto di controversia inter partes, non essendo stato contestato dalla controparte; b) l’errore verte sugli atti di causa, da intendersi riferiti non solo al ricorso ed al controricorso, ma anche a quelli che con essi vengono depositati, nonche’ al fascicolo d’ufficio ex articolo 369 c.p.c., comma 3.
4. Il ricorso e’ inammissibile.
5. L’ordinanza impugnata ha affermato che la questione relativa alla riduzione al 50% dell’IRPEG, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, articolo 6 andava risolta secondo il principio affermato da Cass. n. 10253 del 2007 e SU n. 1576 del 2009, in base al quale la possibile fruizione della predetta agevolazione era subordinata alla dimostrazione – da parte del contribuente che la invocava- del concreto svolgimento di un’attivita’, per l’anno d’imposta considerato, di prevalente o esclusiva promozione sociale e culturale rispetto a quella di controllo e governo delle partecipazioni bancarie; verifica che postulava un’indagine sull’esercizio in concreto dell’attivita’ d’impresa complessivamente esercitata dalla fondazione, sempre che il relativo tema fosse stato introdotto nel giudizio secondo le regole proprie del processo tributario, ovverosia mediante la proposizione di specifiche questioni nel ricorso introduttivo, non incombendo all’Amministrazione finanziaria l’onere di sollevare in proposito precise contestazioni.
6. La Cassazione ha, quindi, rilevato che la CTR aveva fondato il suo giudizio sulla spettanza del beneficio fiscale, in base al solo statuto.
7. La conclusione che ne e’ conseguita (accoglimento del ricorso del Fisco e rigetto, nel merito, della richiesta della contribuente) costituisce, dunque, il frutto dell’insufficienza degli elementi probatori che la Corte ha ritenuto esser stati considerati dal giudice d’appello (le sole previsioni statutarie), rispetto a quelli che, in base all’affermato principio di diritto (quale precisato in Cass. n. 10253 del 2007 e SU n. 1576 del 2009), sarebbero stati necessari per il conseguimento del beneficio.
8. Cosi’ convenendo, la questione dedotta esula dall’ambito dell’errore di fatto, che costituisce il presupposto per l’ammissibilita’ del ricorso per revocazione avverso le sentenze e le ordinanze di questa Corte, ai sensi dell’articolo 391 bis c.p.c.. Ed invero tale errore presuppone che la valutazione del giudice sia inficiata da una distorta percezione, risultante in modo incontrovertibile dalla realta’ del processo (beninteso di cassazione: l’errore deve riguardare gli atti interni di tale giudizio, quelli cioe’ che la Corte esamina direttamente con una propria ed autonoma indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, cfr. Cass. n. 17110/2010), di un fatto, che, ove esattamente inteso, avrebbe determinato una diversa valutazione, sempre che dalla stessa decisione non risulti che quello stesso fatto – denunciato come erroneamente percepito – sia stato oggetto di giudizio.
9. Posto, quindi, che l’errore revocatorio consiste in un errore meramente percettivo di situazioni processuali esattamente rilevabili nella loro oggettivita’, tale vizio non e’ ipotizzabile nell’ipotesi, qui denunciata, di errore costituente il frutto di un apprezzamento delle risultanze processuali – in tesi di una viziata valutazione degli elementi probatori considerati dal giudice d’appello – essendo, appunto, esclusa dall’area del vizio revocatorio la sindacabilita’ di errori formatisi sulla base di una valutazione o di quelli che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (cfr. Cass. n. 14608 del 2007, in tema di apprezzamento negativo del requisito dell’autosufficienza, ed anche Cass. n 9836 del 2012, che nega l’ammissibilita’ dell’impugnazione per revocazione in base all’assunto che la sentenza di cassazione abbia male compreso i motivi di ricorso; da ultimo, Cass. SU n. 13181 del 2013), perche’ siffatto tipo di errore, se fondato, costituirebbe un errore di giudizio, e non un errore di fatto, ai sensi dell’articolo 395 c.p.c., comma 1, n. 4.
10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che si liquidano in euro 20.000,00, oltre a spese prenotate a debito.

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