SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI-T CIVILE

Ordinanza 8 novembre 2013, n. 25128

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CICALA Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 4318/2011 proposto da:

KABAO CLUB SAS DI TASSIELLO GIACOMO E C. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MONGELLI MICHELE giusta procura speciale a margine del ricorrente;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA ETR SPA (OMISSIS), in persona dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VIRGINTINO EMMANUELE giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 147/02/2009 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI dell’1/12/2009, depositata il 15/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati.

Osserva:

La CTR di Bari ha accolto l’appello di Equitalia ETR spa, appello proposto contro la sentenza n. 97/24/2009 della CTP di Bari, che aveva accolto il ricorso della parte contribuente “Kabao Club di T. G & C. sas”, relativo ad intimazione ad adempiere notificata il 30.10.2008 in conseguenza di cartella esattoriale non adempiuta.

La CTR ha motivato la propria decisione nel senso che – risultando dagli atti la raccomandata con la quale era stata spedita la cartella esattoriale alla società contribuente, siccome atto presupposto rispetto al menzionato provvedimento – la veridicità delle attestazioni ivi contenute (con particolare riferimento all’individuazione del soggetto ricevente) poteva essere contestata solo con querela di falso contro atto pubblico, in difetto di che ogni eccezione circa l’avvenuta notifica risultava priva di pregio.

Anche l’eccezione di difetto del responsabile del procedimento avrebbe potuto riguardare la sola cartella e non l’intimazione di pagamento.

La società contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Equitalia ETR spa si è difesa con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c.

Ed invero, con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, in combinato disposto con gli art. 145, 48 e 160 c.p.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante del merito – senza badare all’avvenuto disconoscimento della firma del destinatario – consegnatario apposto sulla cartolina di ricezione della notifica della cartella esattoriale – abbia omesso di considerare che il predetto consegnatario non era stato in alcun modo identificato e qualificato, sicchè nella cartolina risultava “assente uno dei requisiti previsti dall’art. 7, affinchè la notifica a mezzo posta possa essere ritenuta valida, e cioè la qualificazione del soggetto ricevente”.

Fanno poi seguito una serie di considerazioni ed argomenti che non possono essere qui esaminati, atteso che è principio recepito da questa Corte che ciascun motivo di impugnazione deve essere improntato ad una sola ragione di censura, divenendo altrimenti impossibile (con conseguente inammissibilità dell’intero motivo derivante dal fatto stesso della mescolanza tra ragioni di censura) identificare quale specifico vizio la parte ricorrente abbia inteso valorizzare.

Così riconfinato, il motivo di impugnazione appare manifestamente infondato, alla luce dell’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (Cass. sez. V, sent. 11708 del 27.5.2011) secondo cui: “La cartella esattoriale può essere notificata, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26, anche direttamente da parte del Concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso, secondo la disciplina del D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39, è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente; ne consegue che se, come nella specie, manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto è stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto è pur tuttavia valido, poichè la relazione tra la persona cui esso è destinato e quella cui è stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’art. 2700 c.c., ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata“.

A questi principi la CTR si è puntualmente attenuta, sicchè non può condivedersi nessuna ragione di doglianza circa la questione correlata con la notifica della cartella di pagamento.

Con il secondo motivo di impugnazione (improntato al vizio di motivazione) la parte ricorrente si duole per avere la CTR adita “troppo frettolosamente glissato” su un punto decisivo per la formazione del giudicato, “lasciando al ricorrente forti dubbi sulla legittimità e sulla corretta applicazione delle leggi in materia”;

Il motivo di impugnazione appare inammissibilmente proposto, alla stregua di una sterile critica circa la stringatezza della parte motiva della decisione di appello o il contenuto del provvedimento che la Commissione di appello avrebbe dovuto adottare, senza identificazione di alcun “fatto” controverso, rispetto al quale soltanto è predicabile la tipologia di vizio qui fatto valere dalla parte ricorrente.

Con il terzo ed il quarto motivo di ricorso (entrambi centrati sul vizio di motivazione) la parte ricorrente assume che anche per gli avvisi di intimazione di pagamento valgono le regole generali (in specie la L. n. 212 del 2000, art. 7), sicchè anche quelli devono contenere il nome del responsabile del procedimento; nonchè si duole del fatto che il giudicante non abbia dichiarato la prescrizione del credito erariale, peraltro eccepita nell’ignoranza del titolo in ragione del quale la cartella era stata adottata.

Anche tali motivi di ricorso appaiono inammissibilmente proposti, per erronea identificazione dell’archetipo del vizio valorizzato, non avendo la parte ricorrente prospettato alcun fatto controverso oggetto del vizio, ed essendosi limitata (sostanzialmente) a prospettare l’avvenuta violazione di disposizioni di legge o avendo semplicemente invocato il contenuto del provvedimento che la Commissione di appello avrebbe dovuto adottare.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza ed inammissibilità.

Roma, 10 novembre 2012.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 3.000,00 oltre accessori di legge ed oltre Euro 100,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013.

Depositato in Cancelleria il 8 novembre 2013.

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