Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali e’ a dolo generico

Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 9 aprile 2018, n. 15786.

Il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali e’ a dolo generico, ed e’ integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficolta’ economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attivita’ di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se cio’ comporta l’impossibilita’ di pagare i compensi nel loro intero ammontare.

Sentenza 9 aprile 2018, n. 15786
Data udienza 8 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – rel. Consigliere

Dott. CIRIELLO Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 17/11/2017 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Corbetta;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. BALDI Fulvio, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della decisione resa, all’esito del giudizio abbreviato, dal tribunale di Vercelli, appellata dagli imputati, la Corte d’appello di Torino dichiarava non doversi procedere nei confronti di (OMISSIS) e di (OMISSIS) in relazione ai reati loro ascritti, limitatamente alle mensilita’ di febbraio, marzo ed aprile 2010 per essere il reato estinto per prescrizione, nel resto confermando la sentenza di primo grado, che aveva affermato la penale responsabilita’ dei due imputati per il reato di cui agli articoli 110 e 81 cpv. c.p., Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, perche’, (OMISSIS), quale presidente dal c.d.a. della ditta “(OMISSIS) s.a.s. di (OMISSIS)”, con sede a (OMISSIS), (OMISSIS), quale legale rappresentante della medesima ditta, omettevano di versare all’INPS, sede di (OMISSIS), nei termini prescritti le ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti nei mesi di maggio, giugno e luglio 2010.
2. Avverso l’indicata sentenza gli imputati, a mezzo del comune difensore di fiducia, con un unico atto propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 43 e 45 c.p., e Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, per carenza dell’elemento soggettivo del reato e sussistenza dell’esimente della forza maggiore relativamente alla posizione di (OMISSIS). Assume il ricorrente che la Corte territoriale non avrebbe tenuto in debito conto lo situazione di profonda crisi di liquidita’ in cui versava la societa’ al momento dei fatti, situazione peraltro considerata dalla Corte territoriale “complessivamente verosimile alla luce dell’attuale contesto economico”, il che escluderebbe la sussistenza del dolo in capo a (OMISSIS), quale socio accomandatario e amministratore della societa’, o, comunque, ravvisandosi una situazione di forza maggiore, che avrebbe concretamente impedito, per cause indipendenti alla volonta’ dell’agente, il versamento dei contributi previdenziali. Del resto, (OMISSIS) si sarebbe limitato a posticipare il pagamento delle somme dovute con l’intenzione di adempiere nel piu’ breve tempo possibile, come dimostrato dal piano di rateizzazione del debito, ottenuto da (OMISSIS), ad oggetto anche le ritenute previdenziali in esame.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta, parimenti, inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli articoli 43 e 45 c.p., e Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, per carenza dell’elemento soggettivo del reato e sussistenza dell’esimente della forza maggiore relativamente alla posizione di (OMISSIS). Le argomentazioni sopra indicate verrebbero, a fortiori, con riguardo a (OMISSIS), il quale, essendo mero socio accomandatario della societa’, di cui semplicemente deteneva una quota di partecipazione in seguito alla morte del padre, non si era mai interessato della gestione della societa’.
2.3. Con il terzo motivo si eccepisce inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’articolo 649 c.p.p., e L. n. 8 del 2016, articolo 3, comma 6, con riferimento alla posizione di (OMISSIS). Deduce il ricorrente che la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato la richiesta di proscioglimento ex articolo 649 c.p.p., per essere il (OMISSIS) gia’ stato condannato per i medesimi fatti con sentenza del g.i.p. tribunale di Vercelli, emessa in data 2 dicembre 2014. Invero, a fronte della motivazione addotta della Corte territoriale, secondo cui l’indicata sentenza era priva dalla data di irrevocabilita’, il ricorrente ha allegato al ricorso detta pronuncia con l’attestazione del passaggio in giudicato, avvenuto in data 25 dicembre 2015; quanto, poi, al rilievo, secondo cui i fatti, giudicati con la precedenza sentenza, si riferiscono ad altre mensilita’, ad avviso del ricorrente, per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 8 del 2016, deve ritenersi che il reato in esame configura una fattispecie caratterizzata dalla progressione criminosa, necessariamente ancorata al periodo temporale dell’anno, in cui si sono verificati gli omessi versamenti delle ritenute previdenziali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ fondato il secondo motivo proposto nell’interesse di (OMISSIS).
2. Il primo motivo e’ generico.
In primo luogo, in punto di diritto, va data continuita’ all’orientamento di questa Corte, secondo cui il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali e’ a dolo generico, ed e’ integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti, ravvisabile anche qualora il datore di lavoro, in presenza di una situazione di difficolta’ economica, abbia deciso di dare preferenza al pagamento degli emolumenti ai dipendenti ed alla manutenzione dei mezzi destinati allo svolgimento dell’attivita’ di impresa, e di pretermettere il versamento delle ritenute all’erario, essendo suo onere quello di ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da adempiere al proprio obbligo contributivo, anche se cio’ comporta l’impossibilita’ di pagare i compensi nel loro intero ammontare (Sez. 3, n. 43811 del 10/04/2017 – dep. 22/09/2017, Agozzino, Rv. 271189).
Nel caso in esame, si osserva che la situazione di asserita illiquidita’ dell’azienda non e’ stata affatto riscontrata dai giudici di merito e, di essa, vi e’ solo un fugace accenno nella motivazione della sentenza impugnata, alla luce di una considerazione di carattere generale, ma senza, appunto, un effettivo accertamento fattuale in sede di merito.
3. E’ fondato il secondo motivo, con assorbimento dell’ulteriore motivo.
3.1. In primo luogo va ribadito il principio secondo cui l’obbligo del versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti grava nelle imprese collettive sul soggetto che secondo il tipo e l’organizzazione ha la responsabilita’ dell’impresa stessa o della singola unita’ produttiva, non assumendo effetto scriminante la circostanza che la designazione sia fittizia (Sez. 3, n. 24938 del 10/06/2005 – dep. 07/07/2005, Marchini, Rv. 231819: fattispecie relativa a societa’ in accomandita semplice nella quale la Corte ha affermato la responsabilita’ del socio accomandatario, al quale era stata conferita l’amministrazione della societa’ e la rappresentanza nei rapporti con i terzi).
In proposito, si osserva che l’obbligo di versare i contributi spetta al datore di lavoro e tale qualificazione nelle imprese collettive spetta al soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilita’ dell’impresa stessa o dell’unita’ produttiva. Nelle societa’ in accomandita semplice tale potere spetta al socio accomandatario al quale e’ stata conferita l’amministrazione della societa’ e, quindi, la rappresentanza nei rapporti con i terzi.
3.2. Peraltro, come sopra si e’ anticipato, il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali e’ a dolo generico, ed e’ integrato dalla consapevole scelta di omettere i versamenti dovuti.
3.3. Orbene, nel caso di specie, in sede di merito si e’ appurato che: (OMISSIS) e (OMISSIS) ricoprivano la carica di soci accomandatari della societa’ “(OMISSIS) sas di (OMISSIS)”; (OMISSIS) era l’effettivo legale rappresentante della predetta ditta, essendo colui che gestiva l’attivita’ amministrativa e direzionale dell’azienda, mentre il nipote, (OMISSIS), non si occupava della gestione della societa’, ma ne rappresento’ una parte in seguito alla morte del padre; l’INPS notifico’ regolarmente, a entrambi gli imputati, gli avvisi di legge della possibilita’ di sanatoria del debito tributario entro tre mesi al fine di evitare l’esercizio dell’azione penale.
Rispondendo alla specifica doglianza dedotta con i motivi di appello, la Corte territoriale ha desunto la sussistenza del dolo, quantomeno nella forma del dolo eventuale, in capo a (OMISSIS) proprio dal fatto che egli sia rimasto inerte, nonostante la notifica dell’accertamento, da parte dell’INPS, delle violazioni contributive.
Si tratta di una motivazione errata, in quanto il dolo, con riferimento al reato in esame, deve sussistere al momento della condotta omissiva, e non puo’ essere sopperito dalla successiva conoscenza delle violazioni, gia’ consumate, a seguito della notifica dell’avviso di accertamento dell’INPS, che rileva unicamente per consentire l’eventuale ravvedimento operoso del soggetto fino a quel momento inadempiente.
La sentenza, sul punto, deve percio’ essere annullata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d’appello di Torino.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Torino. Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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