Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 4 ottobre 2017, n. 45581. Tenuità del fatto esclusa in caso di abusiva duplicazione di Cd contraffatti

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3. Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi di ricorso e per genericita’.
Relativamente alla richiesta applicazione dell’articolo 131 bis cod. pen. deve osservarsi che, dalla motivazione della sentenza impugnata, non emerge la particolare tenuita’ del fatto, in quanto sono stati posti in vendita una quantita’ rilevante, certamente non minima, di supporti contraffatti (134 cd e 4 dvd abusivamente duplicati e con copertine fotocopiate): “La esclusione della punibilita’ per particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 131-bis cod. pen., ha natura sostanziale ed e’ applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimita’, nei quali la Suprema Corte puo’ rilevare di ufficio ex articolo 609 c.p.p., comma 2, la sussistenza delle condizioni di applicabilita’ del predetto istituto, fondandosi su quanto emerge dalle risultanze processuali e dalla motivazione della decisione impugnata e, in caso di valutazione positiva, deve annullare la sentenza con rinvio al giudice di merito. (Nella specie, la Corte ha escluso l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilita’, rilevando dalla sentenza impugnata elementi indicativi della gravita’ dei fatti addebitati all’imputato, incompatibili con un giudizio di particolare tenuita’ degli stessi)” (Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015 – dep. 15/04/2015, Mazzarotto, Rv. 26330801).
4. Estremamente generici ed in fatto risultano gli altri due motivi di ricorso, vizio di motivazione sulla responsabilita’ e sul dolo del reato.
La sentenza impugnata, con motivazione adeguata e non contraddittoria, rileva come “la duplicazione abusiva si puo’ nella fattispecie desumere da un complesso di indizi: le copertine copiate abbinate ai supporti…, la mancanza del contrassegno SIAE e il numero, e le modalita’ (offerta sulla pubblica via, incompatibile con la consueta prassi commerciale, caratterizzata dall’esposizione dei supporti originali in pubblici esercizi specializzati), della (messa) in vendita, dei supporti detenuti dal (OMISSIS) (cfr Cass. 5228/13), che dal canto suo non e’ stato in grado di esibire nessun documento relativo alla lecita provenienza della merce… per quanto riguarda la questione dell’elemento psicologico del reato che la difesa ha escluso invocando una presunta inevitabilita’ dell’errore sul precetto penale in cui sarebbe caduto l’imputato, si osserva che, a prescindere dalla possibilita’ di affermare nella fattispecie la sussistenza del dolo sulla scorta della rilevante quantita’ di supporti detenuti dall’imputato e delle caratteristiche della sua attivita’ commerciale (svolta su una strada pubblica caratterizzata da un normale afflusso di persone), la difesa si e’ limitata in definitiva ad invocare una presunta massima di esperienza valevole per tutti i cittadini extracomunitari, senza alcuna reale indicazione della situazione personale dell’imputato…”.
Nel ricorso si ribadiscono genericamente i motivi dell’appello, senza critiche specifiche di legittimita’ alla sentenza impugnata.
Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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