Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 19 dicembre 2017, n. 56441. Per il compenso liquidato all’amministratore giudiziario di beni sequestrati

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Onde rendere piu’ chiaro il contenuto della presente decisione e’ opportuno prendere le mosse da quanto stabilito con la precedente sentenza di questa Corte e con la quale era stato disposto l’annullamento della ordinanza con cui la Corte territoriale reggina aveva rigettato la impugnazione avverso il decreto del Giudice delegato alla procedura di prevenzione a carico di tale (OMISSIS) del 17 dicembre 2012 avente ad oggetto la liquidazione dei compensi in favore dell’attuale ricorrente, amministratore giudiziario di una parte dei beni dello (OMISSIS) sottoposti a sequestro.
Con tale sentenza, infatti, questa Corte aveva rilevato che la Corte territoriale non aveva adeguatamente apprezzato, incorrendo cioe’ in un errore di diritto, la circostanza che la quantificazione dei predetti compensi era stata operata “sulla base della tabella in uso presso l’ufficio giudiziario (reggino) e non anche avvalendosi delle tariffe professionali”.
Aveva infatti ribadito la Corte in tale occasione,come “il parametro delle tariffe locali o degli usi nella liquidazione del compenso all’amministratore giudiziario (…) opera solo in assenza di tariffe professionali oggetto di specifica disciplina”.
Ha proseguito la motivazione della sentenza di annullamento pronunziata da questa. Corte attraverso la osservazione che “la norma di riferimento, ai fini che qui interessano, e’ quella di cui all’articolo 2-octies, comma 4, (della L. n. 575 del 1965), laddove il legislatore ha fissato una serie di parametri oggettivi e predeterminati cui il giudice deve attenersi nel procedere alla liquidazione finale dei compensi in favore dei custodi e degli amministratori dei beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento di prevenzione”.
Elencati i parametri in questione, la Corte ha proseguito osservando che il richiamo alle tariffe professionali assume una valenza univoca solo con riguardo alle categorie i cui compensi siano oggetto di specifica disciplina; considerato, pertanto, che il (OMISSIS), originario ed attuale ricorrente, svolge la professione (li ragioniere ed e’ inquadrato nell’albo professionale di riferimento, la determinazione dei compensi a lui spettanti deve essere compiuta “prendendo a base di riferimento le relative tariffe professionali”.
In ossequio a tale dictum la Corte di appello di Reggio Calabria ha, pertanto, proceduto alla rideterminazione di tali compensi applicando le tariffe relative, appunto, alla professione svolta dall’attuale ricorrente; ha, tuttavia, precisato la Corte territoriale che le tariffe professionali di riferimento sono quelle contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 100 del 1997 e non quelle contenute del dm n. 169 del 2010, dovendosi, ad avviso di tale organo giudiziario, applicare, in caso di successione dacronica di tariffe, quelle vigenti al momento in cui l’incarico e’ stato assurto e non quella relativa al momento in cui l’incarico e’ cessato.
E’ in tale affermazione che si annida il vizio che colpisce anche la ordinanza impugnata e che e’ stato puntualmente eccepito da parte del ricorrente.
Come, invero, questa Corte ha avuto piu’ volte occasione di precisare, sia pure in sede civile e con riferimento alle tariffe relative alle prestazioni professionali rese dagli avvocati, in caso di successione di tariffe professionali, la liquidazione degli onorari va effettuata in base alla tariffa vigente al momento in cui le attivita’ professionali sono state condotte a termine, identificandosi tale momento con quello dell’esaurimento dell’intera fase rilevante o, per il caso in cui le prestazioni siano cessate prima, con il momento di tale cessazione (Corte di cassazione, Sezione 2 civile, 12 maggio 2010 n. 11482; idem Sezione 3 civile, 11 marzo 2005, n. 5426).

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