Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 17 aprile 2018, n. 17124.
Dal momento che l’interesse tutelato dalla fattispecie criminosa di cui all’articolo 659 c.p. deve essere ravvisato nella pubblica quiete, la quale implica di per se’ l’assenza di disturbo per la pluralita’ dei consociati, e’ necessario per la configurabilita’ del reato che le emissioni sonore abbiano una tale diffusivita’ che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettivita’, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell’ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, tenuto conto che la valutazione circa l’entita’ del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilita’ media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica. Pertanto se in ordine all’accertamento della fattispecie criminosa, non e’ necessario che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilita’ sia effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, occorre cio’ nondimeno accertare la diffusa capacita’ offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Accertamento questo che ben puo’ essere effettuato direttamente dal giudice del merito, al quale e’ consentito fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti.
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Sentenza 17 aprile 2018, n. 17124
Data udienza 20 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito – Presidente
Dott. GALTERIO Donatella – rel. Consigliere
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 21.2.2017 del Tribunale di Pescara;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Salzano Francesco, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 21.2.2017 del Tribunale di Pescara sentenza in data 21.2.2017 del Tribunale di Pescara ha condannato (OMISSIS) alla pena di Euro 300,00 di ammenda ritenendola responsabile del reato di cui all’articolo 659 c.p. per avere, in qualita’ di gestore pro tempore di una palestra ubicata in un edificio condominiale, arrecato disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone mediante la musica ed il rumore proveniente dall’impianto di aereazione.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputata ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione congiunto con il quale lamenta:
1) l’omessa considerazione, invocando il vizio motivazionale, della sua posizione di conduttrice della palestra, risultando gli impianti di cui la stessa e’ dotata di proprieta’ della proprietaria e locatrice dell’immobile, alla quale soltanto poteva essere ascritta la contravvenzione in esame e rimasta, invece, estranea al presente procedimento;
2) l’esecuzione di due soli controlli tecnici, di cui uno risalente (OMISSIS) che aveva rilevato il superamento del valore limite di differenziale sonoro dell’impianto tecnologico di aereazione e l’altro eseguito in data (OMISSIS) che aveva rilevato il superamento del differenziale per il solo impianto di aereazione nel tempo di osservazione diurno, invece escluso per la rumorosita’ della musica amplificata, il che, oltre ad evidenziare la contraddittorieta’ della motivazione, basata su rilevamenti discordanti, esclude l’imputabilita’ dell’imputata subentrata nella gestione della palestra solo dal (OMISSIS), senza che nessun controllo fosse stato effettuato nel 2014 in ordine al volume della musica, essendosi accertato nel dibattimento che nel capo di imputazione era stata erroneamente indicata la data del febbraio 2014 in luogo del febbraio 2013;
3) l’esecuzione dei due rilievi fonometrici nell’appartamento in cui risiede la parte civile, sito al primo piano dello stabile in cui e’ ubicata la palestra, a seguito della quale il nessun accertamento conseguiva in ordine alla diffusivita’ dei rumori all’interno dell’intero edificio condominale, onde non poteva ritenersi che gli stessi potessero percepiti da altri condomini tenuto conto che le immissioni rumorose non avevano mai superato il valore limite, mentre quelle relative al funzionamento degli impianti non potevano ritenersi percepiti da altri all’infuori degli abitanti del primo piano, con conseguente in configurabilita’ del reato;
4) L’intervenuta prescrizione del reato che, essendo stato commesso tra il 2001 ed il 2014, era gia’ maturata per tutte le condotte poste in essere a tutto il 2011 e maturanda per quelle successive essendo stato peraltro accertato nel corso dell’istruttoria dibattimentale che l’imputazione avrebbe dovuto essere retrodatata al febbraio 2013.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo e’ manifestamente infondato. Autore del reato di cui all’articolo c.p. e’ colui che pone in essere la condotta rumorosa, indipendentemente dalla titolarita’ in capo al medesimo del locale e degli impianti attraverso i quali si propaghino emissioni eccedenti la normale tollerabilita’, ricadendo sul detentore e dunque anche su chi esercita la gestione degli stessi l’obbligo di adottare le necessarie cautele atte ad evitare che le emissioni sonore provochino disturbo alla pubblica quiete. La qualifica incontestata di esercente la gestione della palestra in capo all’imputata e’ pertanto condizione sufficiente alla sua responsabilita’ penale in ordine alla contravvenzione ascrittale.
2. Le contestazioni svolte con il secondo motivo non si confrontano con la sentenza impugnata che ha fondato la colpevolezza dell’imputata su una pluralita’ di accertamenti da parte del funzionario dell’Arpa, tutti attestanti, per quanto riguarda l’impianto di condizionamento, il superamento delle soglie di rumorosita’ di oltre il doppio dei decibel consentiti, mentre relativamente all’impianto musicale solo nel 2014 e’ stato verificato il superamento dei limiti di tollerabilita’, non risultando nei precedenti accessi che lo stesso fosse stato messo in funzione. La ricorrente, nel menzionare due soli accessi, risalenti uno (OMISSIS) e l’altro al (OMISSIS) con i quali il superamento del limite differenziale risultava essere stato accertato con riferimento al solo impianto di condizionamento dell’aria, introduce una contestazione priva di rilevanza posto che il secondo accesso risulta essere stato effettuata successivamente alla data del (OMISSIS) da lei stessa indicata come quella del suo subentro nella gestione della palestra, mentre, nel negare l’accesso del 2014, assume un travisamento della prova di cui tuttavia non fornisce l’evidenza, non avendo allegato al ricorso i relativi atti processuali. Tale ultimo profilo di censura e’ percio’ inammissibile, tenuto conto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisivita’ (nella specie esclusa dal precedente accertamento risalente al (OMISSIS)) ed essere accompagnato dall’indicazione o dall’allegazione al ricorso dello specifico atto che contiene la prova travisata o omessa, altrimenti costringendosi il giudice di legittimita’ ad una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011 – dep. 11/05/2011, Carone, Rv. 25016801; Sez. 2, n. 47035 del 3.12.2013, Giugliano, Rv. 257499).
3. Il terzo motivo e’ infondato.
Dal momento che l’interesse tutelato dalla fattispecie criminosa di cui all’articolo 659 c.p. deve essere ravvisato nella pubblica quiete, la quale implica di per se’ l’assenza di disturbo per la pluralita’ dei consociati, e’ necessario per la configurabilita’ del reato che le emissioni sonore abbiano una tale diffusivita’ che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettivita’, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell’ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, tenuto conto che la valutazione circa l’entita’ del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilita’ media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica (Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005 – dep. 31/01/2006, Giusti, Rv. 23329001). Pertanto se in ordine all’accertamento della fattispecie criminosa, non e’ necessario che la verifica del superamento della soglia della normale tollerabilita’ sia effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, occorre cio’ nondimeno accertare la diffusa capacita’ offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Accertamento questo che ben puo’ essere effettuato direttamente dal giudice del merito, al quale e’ consentito fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti (Sez. 1, n. 20954 del 18/01/2011 – dep. 25/05/2011, Toma, Rv. 250417).
Nella specie, mentre la verifica del superamento della soglia dei decibel consentiti risulta essere stata effettuata dal funzionario dell’ARPA nei plurimi accessi eseguiti nell’immobile, ogni volta riscontrato per l’impianto di areazione ed una volta per l’impianto musicale, l’accertamento della propagazione effettiva dei rumori si fonda, invece, sulla deposizione de relato dell’Amministratore di condominio, rimasta incontestata ai sensi dell’articolo 195 c.p.p., comma 1, da cui e’ stata dal Tribunale correttamente tratta la prova, avendo costui fatto riferimento alle plurime lamentele raccolte dai vari condomini, della diffusivita’ delle emissioni sonore all’interno dell’intero edificio condominiale. La sentenza impugnata risulta percio’, in relazione alle doglianze svolte, immune da censure.
4. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi anche per il quarto motivo.
Premesso che il reati di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone hanno di regola carattere istantaneo, e solo eventualmente permanente, natura quest’ultima ontologicamente ravvisabile quando le illegittime emissioni siano connesse all’esercizio di attivita’ economiche e legate al ciclo produttivo (Sez. 1, n. 2598 del 13/11/1997 – dep. 27/02/1998, P.M. in proc. Garbo, Rv. 209960; Sez. 3, n. 8351 del 24/06/2014 – dep. 25/02/2015, Calvarese, Rv. 262510), l’eccezione di intervenuta prescrizione del reato commesso nell’espletamento di un’attivita’ commerciale, quale si configura quella di una palestra aperta al pubblico, deve ritenersi manifestamente infondata. La natura di reato eventualmente permanente rivestita in tal caso dalla contravvenzione in esame impone, infatti, di far riferimento, relativamente al decorso del termine prescrizionale, al momento di cessazione della condotta illecita, indicata nel capo di imputazione alla data del febbraio 2014: pertanto alla data della pronuncia impugnata il termine prescrizionale previsto dall’articolo 157 ss. c.p. non poteva ritenersi assolutamente decorso.
Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato. Segue a tale esito, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
Processuali.
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