Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 13 marzo 2018, n. 11034. In ipotesi di false fatturazioni tra società dello stesso gruppo in regime di consolidato fiscale

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Pertanto pur essendo la condizione di incensuratezza dell’imputato un elemento di indubbia valenza positiva ai fini del suddetto giudizio prognostico, il giudice puo’ cio’ nondimeno pervenire al diniego del beneficio individuando elementi di valutazione di segno contrario che ben puo’ trarre dalla sussistenza di pendenze per essere egli, come nella specie inquisito per analoghi fatti, in quanto espressione della condotta del reo antecedente al reato e significativi della sua personalita’. Del resto e’ stato espressamente affermato da questa Corte che il giudizio prognostico negativo circa la futura astensione del soggetto dalla commissione di nuovi reati sulla capacita’ a delinquere dell’imputato possa essere desunto in via esclusiva o prevalente da precedenti giudiziari non definitivi (Sez. 3, n. 44458 del 30/09/2015 – dep. 04/11/2015, Pomposo, Rv. 265613, in motivazione essendo stato precisato che l’utilizzazione, ai fini del diniego del

beneficio della sospensione condizionale della pena, della posizione di indiziato di altro reato a carico dell’imputato, non contrasta con il principio della presunzione di innocenza dello stesso sino alla condanna definitiva, rilevando esclusivamente ai sensi e per gli effetti dell’articolo 133 c.p., comma 2).

3. In relazione al terzo motivo, va in primo luogo rilevato che le censure svolte, con cui viene contestata la mancata valutazione del prezzo di mercato dell’immobile confiscato, non risultano aver costituito motivo di appello, nel quale l’imputato si e’ limitato a richiamare “quanto delineato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza del 5.3.2014 n.10561”, senza ulteriori precisazioni o contestazioni. A tale rilievo, che comporta ex se l’inammissibilita’ del motivo in esame in forza del combinato-disposto dell’articolo 606 c.p.p., comma 3 e articolo 609 c.p.p., comma 2, il quale trova la sua “ratio” nella necessita’ di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perche’ non segnalato con i motivi di gravame, venendo altrimenti meno la funzione propria del sindacato di legittimita’ cui e’ sotteso il giudizio demandato a questa Corte (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012 – dep. 07/03/2013, Bonaffini, Rv. 256631; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013 – dep. 02/07/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577), si aggiunge il fatto che trattasi di censure del tutto generiche: non e’ infatti ammissibile la contestazione di un’ipotetica sproporzione fondata esclusivamente sulla mancata stima dei beni sottoposti a sequestro, di cui neppure il ricorrente e’ in grado di indicare il valore, occorrendo invece un’esplicita censura che specifichi gli elementi da cui desumere una evidente violazione del principio di proporzionalita’.

4. In ordine al quarto motivo si osserva quanto segue.

La disciplina del consolidato nazionale di cui all’articolo 117 T.U.I.R., costituente cosi’ come denominata dal legislatore una “tassazione di gruppo”, che consente di determinare in modo aggregato la base imponibile, ai fini dell’imposizione diretta, da parte di una pluralita’ di societa’ tra loro avvinte da un rapporto di controllo, prevede che ciascuna societa’ aderente al consolidato, compresa la consolidante, presenti una propria dichiarazione (Modello Unico) per la determinazione del proprio reddito (o perdita) fiscale. La consolidante si limita a presentare un’ulteriore dichiarazione (Modello CNM) che riassume la somma algebrica dei redditi e delle perdite prodotti dalle societa’ facenti parte del gruppo provvedendo altresi’ alla liquidazione dell’imposta dovuta all’Erario.

E’ evidente che solo le dichiarazioni presentate dalle societa’ singolarmente considerate possono rientrare nella fattispecie del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 in quanto unicamente in queste dichiarazioni sono contenuti eventuali elementi passivi fittizi derivanti da utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Ne consegue che rimane fuori dal fatto tipico penalmente rilevante la dichiarazione “di consolidato” (modello CNM) presentata dalla controllante: la dichiarazione consolidata non puo’ avere, al suo interno, ne’ “elementi passivi fittizi” ne’ “elementi attivi inferiori a quelli effettivi”, atteso che tali elementi altro non sono che le voci di costo e di ricavo (in senso lato) che partecipano alla quantificazione di “quel” reddito imponibile che verra’ poi fatto confluire nella dichiarazione consolidata. Dunque, per una ragione che potremmo definire “congenita”, la dichiarazione consolidata e’ strutturata in modo tale da risultare influenzata da un’eventuale indicazione di elementi passivi fittizi che, tuttavia, e’ avvenuta a monte, nella sola dichiarazione (Modello Unico) relativa alla consolidata. L’unica dichiarazione, si ribadisce, a risultare tipica ex articolo 2.

La circostanza che le due societa’, quella emittente e quella utilizzatrice fossero in consolidato fiscale nazionale ai fini dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche comporta, pertanto, la determinazione sul piano esclusivamente fiscale di un reddito complessivo globale corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti di ciascuna societa’ aderente al consolidato. Cio’ tuttavia non esclude il reato ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 2 in quanto rimane fermo che la dichiarazione fiscale della societa’ utilizzatrice delle fatture emesse dalla (OMISSIS) sia stata inficiata da elementi passivi fittizi per essersi avvalsa, per l’appunto, di fatture relative ad operazioni inesistenti registrata nelle scritture contabili obbligatorie, consumandosi il reato attraverso la presentazione all’Agenzia delle Entrate della dichiarazione fiscale particolare relativa alla societa’ rientrante nel perimetro di consolidamento.

Ancor piu’ evidente e’ la sussistenza del reato ex Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 8 da parte dell’imputato quale amministratore della (OMISSIS), societa’ emittente delle fatture per operazioni inesistenti, il quale sí perfeziona con l’emissione di fatture o altri documenti ideologicamente falsi prescindendo dall’effettivo uso che questi o terzi ne potra’ fare, mero post-factum privo di rilievo penale e dunque, indipendentemente dalla dichiarazione fiscale sottoforma di consolidato.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato. Segue a tale esito la condanna del ricorrente, a norma dell’articolo 616 c.p.p. al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

processuali.

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