Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 6 marzo 2018, n. 5172. In tema di opposizione agli atti esecutivi di cui all’articolo 617 c.p.c., quand’anche la comunicazione del provvedimento del giudice dell’esecuzione sia avvenuta in imperfetta ottemperanza al disposto del capoverso dell’articolo 45 disp. att. c.p.c.

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[…]

17. Ed invero, al riguardo, si consideri che, a differenza delle opposizioni all’esecuzione (in cui si contesta lo stesso diritto del creditore ad agire in via esecutiva e cioe’ l’an exsequendum sit), con le opposizioni agli atti esecutivi (o formali o di rito), ex articoli 617 e 618 c.p.c., si contesta la regolarita’ formale – o, per alcuni di essi che sono espressione di una valutazione discrezionale del g.e., l’inopportunita’, stando all’elaborazione giurisprudenziale dell’istituto di uno degli atti del processo esecutivo o di quelli ad esso prodromici (cioe’ preliminari e preparatori, ma strettamente collegati), come di titolo esecutivo o precetto o della notificazione dell’uno e dell’altro. E’ corrente l’affermazione che oggetto delle opposizioni formali sia quindi il difetto di presupposti procedimentali o formali e, per i detti atti espressione di valutazioni discrezionali del g.e., anche di quello specifico presupposto che e’ l’opportunita’ del provvedimento in se’ considerato: pertanto, con espressione oramai appartenente alla tradizione giuridica nazionale, con queste opposizioni si contesta (solo) il quomodo (exsequendum sit). D’altra parte, la peculiarita’ dell’opposizione formale sta in cio’, che si instaura – descrittivamente, si innesta – un incidente cognitivo (cioe’ corrispondente strutturalmente ad un processo di cognizione ordinario) nel corso ed in funzione di un processo, quale quello esecutivo, che cognitivo certamente non e’.
18. In questo contesto, l’agilita’ delle forme procedimentali esige dai soggetti del processo esecutivo un peculiare onere di diligenza, avente ad oggetto l’acquisizione della consapevolezza dello sviluppo del processo medesimo, sicche’, avuta conoscenza anche informale o in via di mero fatto dell’esistenza di un atto di quello che si reputi o si sospetti viziato, e’ onere di chi intende renderlo oggetto di opposizione formale prenderne conoscenza nel tempo utile a formulare le sue difese.
19. Una tale peculiarita’ non e’, del resto, tipica o propria esclusivamente del processo esecutivo, dandosi anche nel rito civile di cognizione casi in cui un rimedio, per di piu’ tipicamente impugnatorio, e’ concesso alla parte con fissazione della decorrenza del relativo termine anche solo dalla comunicazione, che cosi’ almeno in origine normalmente non era integrale, del provvedimento censurato: e’ questa l’ipotesi del regolamento necessario di competenza, ai sensi degli articoli 43 e 47 c.p.c., in ordine al termine per proporre il quale la consolidata giurisprudenza di legittimita’ ha sempre ritenuto del tutto sufficiente anche una menzione imprecisa o incompleta del tenore del provvedimento stesso ed addossato all’impugnante il conseguente onere di provare l’inidoneita’ all’acquisizione della notizia di quello (fin dalla remota Cass. 27/07/1967, n. 1997, che ravviso’ l’inidoneita’, al fine di escludere la decorrenza del termine, solo nella carenza di qualsiasi menzione, nella comunicazione, della circostanza che vi era stata una pronunzia sulla competenza; ovvero da Cass. 24/05/2000, n. 6776, che si accontenta della presenza di estremi identificativi sufficienti all’individuazione del provvedimento e del fatto che esso ha pronunciato sulla competenza; l’orientamento e’ del tutto consolidato, come si desume, a contrario, da: Cass. 15/05/2000, n. 6232; Cass. 07/07/2004, n. 12462; Cass. 13/02/2006, n. 3077; Cass. ord. 12/03/2009, n. 6050; Cass. 27/09/2011, n. 19754).
20. Ne consegue che gia’ in ordine alla contestazione della pronuncia sulla competenza contenuta in un provvedimento normalmente decisorio la reazione dell’impugnante era, fin dall’impostazione codicistica originaria, soggetta a termini piu’ stringenti decorrenti dall’attivita’ ufficiosa – evidentemente, per la peculiarita’ della questione risolta, incapace di incidere sul merito di qualsiasi questione controversa – e tale da postulare tuttora l’attivita’ di previa diligente acquisizione di piena conoscenza del contenuto dell’atto entro il complessivo termine: modulandosi quindi i tempi e le forme dell’esercizio del diritto di contestare il provvedimento giurisdizionale in funzione della sua natura e della struttura del processo in cui e’ reso, fino ad esigere appunto oneri di diligenza del potenziale impugnante, ad evidente garanzia della ragionevole durata del processo; e tali oneri sono tanto maggiori quanto minore e’ l’impatto diretto su questioni di diritto sostanziale, si’ da essere collegati ad attivita’ ufficiose normalmente indefettibili, quali la comunicazione ad opera della cancelleria del provvedimento del giudice (anziche’, quale regola generale delle impugnazioni civili, dall’iniziativa della controparte o dal decorso del termine c.d. lungo).
21. Tale conclusione si attaglia, appunto, alle pronunce di incompetenza del giudice della cognizione od agli atti del giudice dell’esecuzione in generale; ma e’ a maggior ragione applicabile alle ipotesi in cui si tratti di atti del giudice dell’esecuzione che abbiano ad oggetto proprio questioni di competenza, per cosi’ dire assommando in tal caso le caratteristiche delle due tipologie: infatti, il provvedimento del giudice dell’esecuzione che abbia per di piu’ il contenuto di pronuncia sulla competenza del medesimo quanto al processo esecutivo, ciononostante ricondotto – secondo la giurisprudenza ricordata sopra al punto 10 – al novero degli atti esclusivamente opponibili ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., non puo’ essere – a meno di un’irragionevole ed illegittima differenziazione del trattamento di situazioni processuali invece analoghe – soggetto a forme di tutela piu’ ampie – anche solo sotto il profilo delle modalita’ di conoscenza dell’atto da contestare – ne’ delle pronunce di incompetenza del giudice della cognizione, ne’ di ogni altro atto esecutivo, singolarmente presi le une e gli altri, ma soggiace alle stesse regole, piu’ stringenti rispetto all’impugnazione in senso proprio di provvedimenti decisori sul merito o su altre questioni di rito, quanto alle modalita’ di estrinsecazione della tutela.
22. Puo’ concludersi allora che la peculiare funzione degli atti del processo esecutivo comporta la sufficienza, per attivare tale onere, che dell’atto della cui legittimita’ (o, quando ammesso, opportunita’) si dubita si sia avuta una conoscenza anche appunto sommaria o in via di mero fatto, desunta dalla piu’ piena conoscenza di altro atto che quello presupponga: dovendo ricostruirsi il termine complessivo, significativamente aumentato dagli originari – talvolta difficilmente esigibili – cinque agli attuali venti giorni, come idoneo a consentire non solo l’esame diretto dell’atto oggetto di comunicazione, effettivamente possibile solo quando quest’ultima sia stata integrale, ma anche l’attivazione di ogni utile preventiva diligenza per acquisire gli elementi su cui procedere alla sua valutazione del medesimo e della conseguente opportunita’ di renderlo oggetto di opposizione.
23. E, in linea di massima, puo’ concludersi altresi’ che, ad integrare la conoscenza di fatto dell’esistenza del provvedimento pregiudizievole, e’ sufficiente che la comunicazione, perfino quando sia affetta da nullita’ per violazione di norme sul procedimento, dia sufficiente conto quanto meno di un dispositivo chiaramente pregiudizievole, restando esclusa l’idoneita’ all’attivazione del termine decadenziale soltanto quando la comunicazione non integrale o nulla abbia un contenuto concreto di obiettiva ambiguita’ o non significativita’, ad esempio perche’ limitato all’avviso del deposito di un provvedimento non meglio specificato, il cui contenuto ed il tenore del cui dispositivo vengano completamente taciuti od omessi.
24. Ora, e’ ben vero che ogni ordinanza pronunziata dal giudice fuori udienza va ormai comunicata, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 134 c.p.c., comma 2, e dell’articolo 45 disp. att. c.p.c., (nel testo modificato dal Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179, articolo 16, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221), mediante trasmissione anche del testo integrale del provvedimento comunicato: ma occorre valutare se la non ottemperanza a tale formalita’ incida sul regime del dispiegamento dell’opposizione formale ex articolo 617 c.p.c., come finora elaborato da questa Corte.
25. Al riguardo, va pero’ ricordato che le novelle in tema di comunicazione dei provvedimenti per via telematica, anche con la precisazione che quella della sentenza non attiva il termine breve per la proposizione dell’impugnazione, non hanno innovato le discipline speciali eventualmente dettate in relazione a singoli mezzi di gravame (v., tra le altre, Cass. ord. 05/11/2014, n. 23526, ovvero Cass. 28/09/2016, n. 19177), siccome chiaramente non finalizzate all’ampliamento della tutela del destinatario della comunicazione (sotto forma di assicurazione della conoscenza integrale dell’atto comunicato), ma alla razionalizzazione dell’ufficio sotto il profilo del funzionamento del cosiddetto processo civile telematico (per il quale e’ paradossalmente piu’ complessa ed incongrua un’attivita’ di estrapolazione, dal documento depositato per via telematica per intero, del solo dispositivo, in luogo del semplice inoltro di quanto trasmesso, evidentemente in modo integrale, dal suo autore).
26. Pertanto, ove nella materia in esame si possa rinvenire un principio autonomo in base al quale ricostruire i presupposti per la proposizione dell’opposizione formale, quell’innovazione non potrebbe poi dirsi in grado di rilevare, siccome lex posterior generalis e quindi inidonea a derogare a quella speciale (a quest’ultima equiparato ovviamente anche il principio consolidato all’esito dell’interpretazione giurisprudenziale), come principio applicabile estensivamente anche al regime delle comunicazioni delle ordinanze.
27. Del resto, e’ stata ribadita la generale previsione di sanatoria della nullita’ delle comunicazioni telematiche in caso di raggiungimento dello scopo, essendosi sancito che “l’irritualita’ della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullita’ se la consegna dell’atto ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto (stesso) e determinato cosi’ il raggiungimento dello scopo legale” (Cass. 31/08/2017, n. 20625), in sostanziale riaffermazione, anche dopo la novella sulle modalita’ telematiche delle comunicazioni di cancelleria, del principio sommariamente ribadito dal Tribunale di Roma nella qui gravata sentenza (Cass. 15/03/1995, n. 3025, cit. sopra al punto 9).
28. L’applicazione di tali approdi ermeneutici al processo esecutivo va combinata con quella dell’applicabilita’ al medesimo del generale principio della sanabilita’ (tranne il caso dell’inesistenza dell’atto impugnato: tra le altre, v. Cass. 23894/12) delle nullita’ formali in caso di raggiungimento dello scopo (per tutte, Cass. ord. 15/12/2016, n. 25900; gia’ in precedenza, Cass. 5906/06): e tanto benche’ sia stato opportunamente – e di recente – precisato che la nullita’ della notifica di un atto, quale il precetto, puo’ si’ essere sanata, ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., comma 3, dalla medesima proposizione dell’opposizione, quale evidente dimostrazione dell’intervenuta conoscenza dell’atto, ma pur sempre solo quando e’ provato che tale conoscenza si e’ avuta in tempo utile a consentire all’atto nullo di espletare la funzione sua propria (e, quindi, nella fattispecie esaminata, a prevenire il pignoramento, atteso che la funzione tipica dell’atto di precetto e’ quella di consentire all’intimato di adempiere spontaneamente all’obbligazione portata dal titolo esecutivo, evitando proprio l’avvio dell’esecuzione forzata contro di lui: Cass. 16/10/2017, n. 24291).
29. Di conseguenza, anche un atto formalmente nullo perche’ adottato in imperfetta ottemperanza alla normativa sulle modalita’ di comunicazione puo’ fondare la conoscenza di fatto idonea ad attivare l’onere di prenderne idonea conoscenza e di dispiegare il rimedio oppositivo entro il complessivo, ben congruo (salvo il caso patologico di ritardi non imputabili al potenziale opponente, il quale pero’ potra’ allora chiedere la rimessione in termini, sussistendone i presupposti), termine di venti giorni.
30. Tanto costituisce espressione del piu’ generale principio di sanatoria delle nullita’ formali degli atti del processo esecutivo, anche all’esito del suo opportuno temperamento – dovuto al fatto che in tali ipotesi lo scopo non potrebbe dirsi egualmente raggiunto – nei casi di radicale inesistenza dell’atto o di non altrimenti rimediabile incertezza da esso indotta, ovvero (come adeguatamente precisato la gia’ richiamata Cass. 24291/17) in quelli in cui sia incolpevolmente irrimediabile la conseguita preclusione l’attivita’ concreta, al cui espletamento era finalizzato l’atto scevro da nullita’, in danno del soggetto in origine interessato a farle valere.
31. In applicazione poi di principi generali del processo in ordine alla sussistenza di specifici presupposti processuali, incombe all’opponente dimostrare, di certo nel caso in cui tanto non sia evidente ovvero in quello in cui tanto sia contestato, la tempestivita’ della proposizione della sua azione nel rispetto del termine di decadenza a tal fine imposto dalla norma processuale: cosi’ scongiurandosi la necessita’ di un’indagine caso per caso imposta preliminarmente in ogni evenienza al giudice davanti al quale l’azione e’ proposta.
32. Deve quindi concludersi facendosi applicazione del seguente principio di diritto: “in tema di opposizione agli atti esecutivi di cui all’articolo 617 c.p.c., quand’anche la comunicazione del provvedimento del giudice dell’esecuzione sia avvenuta in imperfetta ottemperanza al disposto del capoverso dell’articolo 45 disp. att. c.p.c., come nel caso in cui essa sia stata non integrale, la relativa nullita’ e’ suscettibile di sanatoria per raggiungimento dello scopo, anche ai fini del decorso del termine per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi, ove l’oggetto della comunicazione sia sufficiente a fondare in capo al destinatario una conoscenza di fatto della circostanza che e’ venuto a giuridica esistenza un provvedimento del giudice dell’esecuzione potenzialmente pregiudizievole; pertanto, in tal caso e’ onere del destinatario, nonostante l’incompletezza della comunicazione, attivarsi per prendere utile piena conoscenza dell’atto e valutare se e per quali ragioni proporre opposizione avverso di esso ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., e nel rispetto del relativo complessivo termine, da reputarsi idoneo all’espletamento delle sue difese; ed incombe all’opponente dimostrare, se del caso, l’inidoneita’ in concreto della ricevuta comunicazione ai fini dell’estrinsecazione, in detti termini, del suo diritto di difesa”.
33. In applicazione del principio di diritto di cui al paragrafo precedente, pertanto, il motivo di ricorso – come dispiegato contro la richiamata sentenza n. 13862 del 25/06/2015 del Tribunale di Roma – deve dirsi infondato e questo va, nel suo complesso, rigettato, avendo l’opponente originario insistito esclusivamente sull’inidoneita’ della comunicazione non integrale ai fini della decorrenza del termine.
34. Peraltro, le spese del presente giudizio di legittimita’ vanno compensate per la relativa novita’ della questione, in relazione se non altro al profilo specifico dell’incompletezza della comunicazione telematica di cancelleria.
35. Va infine dato atto – mancando ogni discrezionalita’ al riguardo (Cass. 14/03/2014, n. 5955) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimita’.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso da lui proposto, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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