Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 14 novembre 2017, n. 26830. Il pignoramento presso terzi “esattoriale”

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3. Va affrontato, anzitutto, il problema dell’autonoma impugnabilita’ del decreto di inammissibilita’ pronunciato senza convocazione delle parti.
Com’e’ noto, il decreto inaudita altera parte con il quale il giudice dell’esecuzione sospende il processo esecutivo nei casi di urgenza – ai sensi dell’articolo 625 c.p.c., comma 2 – non e’ impugnabile, poiche’ difetta dei caratteri della stabilita’. Col medesimo provvedimento, infatti, il giudice dell’esecuzione deve fissare l’udienza di comparizione delle parti e, alla stessa, deve provvedere con ordinanza, confermando, modificando o revocando il decreto. Peraltro, neppure tale ordinanza e’ autonomamente ricorribile per cassazione, giacche’ il rimedio impugnativo tipico e’ quello del reclamo ai sensi dell’articolo 624 c.p.c., comma 2 e articolo 669-terdecies c.p.c. (v. sul punto Sez. 3, Sentenza n. 2353 del 31/01/2017, Rv. 642720).
Questa Corte, inoltre, ha escluso la ricorribilita’ ex articolo 111 Cost., comma 7, dell’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione definisce la fase sommaria, concedendo (o meno) la sospensione dell’esecuzione, anche nel caso in cui abbia omesso di fissare il termine perentorio per l’iscrizione a ruolo della causa di merito, giacche’ neppure in questa ipotesi e’ stato ravvisato il carattere della definitivita’ del provvedimento, quand’anche contenga la statuizione sulle spese di lite (Sez. 6-3, Ordinanza n. 9652 del 13/04/2017, Rv. 643828; Sez. 6-3, Ordinanza n. 25902 del 15/12/2016, Rv. 642321; Sez. 6-3, Ordinanza n. 25111 del 14/12/2015, Rv. 638308; Sez. 3, Sentenza n. 22033 del 24/10/2011, Rv. 620286). In una simile evenienza, difatti, la parte interessata puo’ sempre chiedere al giudice la fissazione del termine per l’introduzione del giudizio di merito, con istanza ai sensi dell’articolo 289 c.p.c., nel termine perentorio previsto da detta norma, ovvero puo’ introdurre o riassumere di sua iniziativa il giudizio di merito, sempre nel detto termine.
Il caso in esame, tuttavia, non e’ riconducibile alla fattispecie di cui all’articolo 625 c.p.c., comma 2 e differisce da quelli cui si riferisce la citata giurisprudenza per una molteplicita’ di motivi.
Anzitutto, con tale provvedimento non e’ stata concessa o negata la sospensione del processo esecutivo, ma e’ stata direttamente dichiarata l’inammissibilita’ (nel merito) dell’opposizione. Il decreto in questione, pertanto, non ha carattere interinale, non e’ fondato su ragioni di urgenza e non contiene la contestuale convocazione delle parti. Esso non e’ destinato ad essere confermato o modificato con ordinanza, nel contraddittorio delle parti, ma ha – al contrario – attitudine astratta ad assumere caratteri di definitivita’.
In secondo luogo, e cio’ e’ decisivo, il provvedimento non risulta adottato nell’ambito della fase sommaria di un procedimento a struttura (potenzialmente) bifasica, qual e’ l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. La pronuncia impugnata incide su un ricorso gia’ regolarmente iscritto a ruolo e quindi vertente nella fase del giudizio di merito. Alla stessa, pertanto, non e’ possibile riferire i principi tratti dalle sentenze di questa Corte sopra citate. Siamo, infatti, in presenza di una vera e propria decisione pronunciata nel merito, come si ricava, da un lato, dalla circostanza che il dispositivo del provvedimento non e’ di concessione (o diniego) della sospensione del processo esecutivo, bensi’ di inammissibilita’ dell’opposizione; e, dall’altro, dall’impossibilita’ che a tale pronuncia segua l’instaurazione del giudizio di merito. Non ricorrono, quindi, le circostanze ritenute da questa Corte decisive al fine di escludere la definitivita’ (e quindi l’autonoma impugnabilita’) del provvedimento.
Si deve quindi concludere nel senso che con il provvedimento impugnato si e’ inteso decidere definitivamente l’opposizione agli atti esecutivi nel merito. Esso, pertanto, non essendo appellabile, puo’ costituire oggetto di ricorso straordinario ex articolo 111 c.p.c., comma 7.
4. Tanto premesso, risulta fondata, anzitutto, la denunciata violazione dell’articolo 617 c.p.c., comma 2 e articolo 618 c.p.c..
Nel paragrafo precedente, esaminando la questione sotto l’angolatura dell’autonoma impugnabilita’ del provvedimento reso dal Tribunale di Roma, se ne e’ messa in evidenza la portata sostanzialmente decisoria e l’attitudine a divenire definitivo (ossia a passare in giudicato). E’ quindi possibile affermare che, pur avendo la veste formale di decreto (per di piu’, pronunciato inaudita altera parte), il provvedimento de quo tiene il luogo della sentenza di merito con la quale si sarebbe dovuto definire l’opposizione agli atti esecutivi, dopo la regolare costituzione del contraddittorio.
In simili evenienze, questa Corte ha gia’ affermato la nullita’ del provvedimento adottato in violazione del rispetto della sequenza procedimentale, delle garanzie difensive e dei termini processuali previsti dal libro secondo del codice di rito (Sez. 3, Sentenza n. 21258 del 20/10/2016, Rv. 642952; Sez. 6-3, Ordinanza n. 19061 del 31/07/2017, Rv. 645354).
Infatti, la decisione nel merito di un’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi adottata uno actu, senza la dovuta separazione fra la fase sommaria e quella di merito, direttamente a scioglimento della riserva assunta dal giudice dell’esecuzione sull’istanza di sospensione, integra un’evidente lesione del diritto di difesa delle parti, in quanto comporta la soppressione dell’intera fase di instaurazione del giudizio di merito e, comunque, dei termini previsti dagli articoli 281-quinquies e 190 c.p.c., per la fase decisoria.
5. Il decreto adottato dal Tribunale si fonda sull’affermazione che sarebbe inammissibile la proposizione di un ricorso in opposizione avverso una procedura esecutiva non iscritta a ruolo.
A tali conclusioni il Tribunale perviene anche valorizzando quanto previsto dall’articolo 159-ter disp. att. c.p.c., inserito, in sede di conversione del Decreto Legge 27 giugno 2015, n. 83, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132. La norma dispone che “colui che, prima che 11 creditore abbia depositato la nota di iscrizione a ruolo prevista dagli articoli 518, 521-bis, 543 e 557 del codice, deposita per primo un atto o un’istanza deve depositare la nota di iscrizione a ruolo e una copia dell’atto di pignoramento”.
Dalla lettura della norma si trae argomento per affermare che: (a) l’iscrizione a ruolo del processo esecutivo puo’ essere curata anche da un soggetto diverso dal creditore; (b) e’ necessario che il pignoramento sia iscritto a ruolo, prima che chiunque depositi un’istanza inerente al processo esecutivo. Di conseguenza, ascrivendo anche l’opposizione all’esecuzione contenente la domanda di sospensione fra le “istanze” che possono essere proposte solo dopo l’iscrizione a ruolo del pignoramento, il Tribunale ha concluso nel senso che sarebbe dovuto essere onere dell’opponente iscrivere a ruolo il pignoramento che egli intendeva opporre, non avendovi gia’ provveduto il creditore, prima di depositare il ricorso in opposizione.

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