L’art. 171 c.p.p. prevede che la notificazione è nulla – fra le altre cause – quando nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione “di chi l’ha eseguita” (Iett. c) e se sull’originale dell’atto notificato manca la sottoscrizione della persona ex art. 157, comma 3 (Iett. g)

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Va notato che, a norma dell’articolo 157 c.p.p., comma 1, salvo il caso in cui vi sia stata la dichiarazione o l’elezione di domicilio (ex dagli articoli 161 e 162), la prima notificazione all’imputato non detenuto e’ eseguita “mediante consegna di copia alla persona”, id est “a mani proprie” del medesimo, ovvero quando cio’ non sia possibile – con le modalita’ alternative ed equipollenti previste dai successivi commi. Risulta di tutta evidenza come il codice di rito individui nella “consegna di copia alla persona” la forma privilegiata di notificazione, in quanto suscettibile di assicurare la conoscenza “effettiva” dell’atto notificato.
D’altra parte, secondo il chiaro disposto dell’articolo 168 c.p.p. (che disciplina le operazioni materiali di notificazione), salvo il caso di notifica a persona convivente, al portiere o a chi ne fa le veci (prevista dall’articolo 157, comma 6), l’ufficiale giudiziario che procede alla notificazione e’ tenuto a scrivere, in calce all’originale e alla copia notificata, la relazione in cui indica l’autorita’ o la parte privata richiedente, le ricerche effettuate, le generalita’ della persona alla quale e’ stata consegnata la copia, i suoi rapporti con il destinatario, le funzioni o le mansioni da essa svolte, il luogo e la data della consegna della copia, apponendo la “propria” sottoscrizione.
Coerentemente, l’articolo 171 c.p.p., prevede che la notificazione sia nulla – fra le altre cause – quando nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione “di chi l’ha eseguita” (lettera c) e se sull’originale dell’atto notificato manca la sottoscrizione della persona ex articolo 157, comma 3 (lettera g). Nessuna norma del codice di rito prevede la sottoscrizione dell’imputato destinatario dell’atto sulla relata di notifica quale condizione di validita’ della notifica stessa.
Se ne inferisce – in un sistema improntato al principio di tassativita’ delle nullita’ – che alcun vizio processuale puo’ discendere dalla circostanza che (OMISSIS) abbia omesso di apporre la propria firma sulla relata di notifica (per di piu’ in assenza di una specifica indicazione di un motivo a spiegazione del proprio rifiuto).
3.3. Ineccepibile risulta, infine, il passaggio argomentativo col quale la Corte territoriale ha stimato rituale la celebrazione del processo in assenza dell’imputato. Come correttamente rilevato dal Collegio di merito, nella specie, si versa pacificamente nell’ipotesi contemplata dall’articolo 420 bis c.p.p., comma 2, la’ dove risulta con “certezza” che l’imputato assente era “a conoscenza del procedimento” o si era comunque “volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo”: come teste’ notato, (OMISSIS) aveva ricevuto la notifica dell’avviso ex articolo 415 bis, “a mani proprie” e, come aggiunto dal Giudice a quo, l’imputato – sentito dal perito d’ufficio – aveva dichiarato di essere a conoscenza del processo a suo carico.
4. Gli ulteriori tre motivi, oltre a riprodurre identiche deduzioni mosse in appello, risultano palesemente destituiti di fondamento.
4.1. In primo luogo, la Corte ha rimarcato, con motivazione ineccepibile, come il perito nominato d’ufficio abbia escluso un peggioramento delle condizioni psichiatriche del (OMISSIS), espressamente confermandone la capacita’ di stare in giudizio (v. pagina 5 della sentenza impugnata).
4.2. In secondo luogo, il Collegio ha illustrato, con motivazione puntuale e scevra da illogicita’ manifesta, le ragioni per le quali il giudice di primo grado abbia correttamente applicato la pena non sul minimo edittale – sia pure in termini contenuti – ed abbia disposto la riduzione per le circostanze attenuanti generiche non sul massimo previsto (v. pagina 5 della sentenza impugnata).
4.3. Con considerazioni altrettanto immuni da vizi logico giuridici, il Giudice a quo ha formulato una prognosi sul rischio di recidivanza e di idoneita’/necessita’ della misura della liberta’ vigilata, allo scopo di garantire che il ricorrente continui le cure (v. pagina 5 della sentenza impugnata).
4.4. A fronte della linearita’ e della logica conseguenzialita’ che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell’impugnata decisione in ordine ai profili investiti dal gravame, le doglianze mosse col ricorso dinanzi a questa Corte si appalesano volte, non a censurare mancanze argomentative ed illogicita’ ictu oculi percepibili, bensi’ ad ottenere un sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, sindacato non consentito nella sede di legittimita’ (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).
5. Dalla declaratoria di inammissibilita’ del ricorso consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro.
5.1. Il ricorrente deve essere altresi’ condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sara’ separatamente liquidata, disponendo il pagamento di tali spese in favore dello Stato.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sara’ separatamente liquidata, disponendo il pagamento di tali spese in favore dello Stato.

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