Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 22 febbraio 2018, n. 8691. L’istanza di revoca o di modifica della misura cautelare deve essere notificata alla persona offesa anche in assenza di una formale dichiarazione o lezione di domicilio.

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La persona offesa, inoltre, non aveva mai eletto domicilio ne’ tanto meno nominato un difensore di fiducia e la giurisprudenza di legittimita’ subordina la notifica dell’istanza ex articolo 299 cod. proc. pen., comma 3, all’esercizio di almeno una di queste due facolta’ processuali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato in quanto i motivi nello stesso dedotti si rivelano infondati.

2. Il ricorrente si duole, in via preliminare, della violazione del principio devolutivo.

Il Tribunale di Bologna, adito ex articolo 310 cod. proc. pen. dall’ (OMISSIS), nel dichiarare la inammissibilita’ della istanza di attenuazione della misura coercitiva in corso di esecuzione ai sensi dell’articolo 299 cod. proc. pen., comma 3, non ha, tuttavia, usurpato un potere attribuito dalla legge processuale esclusivamente al giudice competente a provvedere sulla istanza ex articolo 279 cod. proc. pen., secondo quanto opina il ricorrente, ma ha operato tale declaratoria legittimamente.

L’inammissibilita’ dell’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare personale applicata nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona, prevista dall’articolo 299 cod. proc. pen., comma 3, come modificato dal Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93, articolo 2, conv. nella L. 15 ottobre 2013, n. 119, quale conseguenza della mancata notifica della richiesta medesima, a cura della parte richiedente alla persona offesa, e’, infatti, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo cautelare (Sez. 2, n. 33576 del 14/07/2016, Fassih, Rv. 267500, nella motivazione la Corte ha altresi’ precisato che, in sede di appello cautelare, il controllo officioso del giudice prescinde totalmente dal principio devolutivo, fissato in via generale dall’articolo 597 cod. proc. pen., in quanto attiene alla legittimita’ del provvedimento impugnato) e non puo’ essere sanata fino al formarsi del giudicato (Sez. 2, n. 29045 del 20/06/2014, Isoldi, Rv. 259984, in applicazione del principio, la Corte ha annullato senza rinvio sia il provvedimento di revoca della misura sia quello di rigetto dell’appello cautelare, sebbene la causa di inammissibilita’ dell’istanza non fosse stata dedotta tra i motivi di impugnazione proposti al tribunale della liberta’ ex articolo 310 cod. proc. pen.).

L’inammissibilita’, costituendo una patologia che riguarda esclusivamente gli atti di una parte processuale, nel caso di specie dell’imputato, puo’, infatti, essere rilevata d’ufficio sino al formarsi del giudicato, senza che possano verificarsi forme, non previste dalla legge, di sanatoria (Sez. 6, sent. n. 6717 del 5/02/2015, Rv. 262272).

Ne consegue, pertanto, che la causa di inammissibilita’ e’ deducibile e rilevabile in ogni stato e grado del processo cautelare e, dunque, anche in sede di giudizio di appello.

Il controllo officioso del giudice della impugnazione cautelare prescinde, infatti, totalmente dal principio devolutivo invocato dal ricorrente, che attiene invece al diverso profilo della delimitazione del perimetro cognitivo determinato dai motivi di gravame e non anche alle questioni rilevabili di ufficio che attengono alla legittimita’ del provvedimento impugnato.

3. Parimenti infondata si rivela la seconda doglianza formulata dal ricorrente, relativamente alla insussistenza nella specie della obbligatorieta’ della notifica della istanza formulata ex articolo 299 cod. proc. pen. alla persona offesa.

Il ricorrente, infatti, ha dedotto che il Tribunale di Bologna si e’ limitato ad affermare che la istanza doveva essere notificata alla persona offesa “presso il suo domicilio indicato in atti”, ma non aveva precisato se la parte offesa avesse previamente adempiuto gli oneri che condizionano il proprio diritto alla partecipazione all’incidente cautelare.

La questione dedotta dal ricorrente verte sulla esatta definizione dell’ambito applicativo dell’articolo 299 cod. proc. pen. ai commi 3 e 4-bis e, segnatamente, sulla necessita’ o meno che la persona offesa abbia eletto o dichiarato il domicilio per avere diritto alla notifica e poter, in tal modo, esercitare le facolta’ partecipative accordatele da tale norma.

La formulazione dell’articolo 299 cod. proc. pen., commi 2-bis e 3, nel testo modificato dal Decreto Legge 14 agosto 2013, n. 93, articolo 2, comma 1, lettera b), n. 2), convertito, con modificazioni, dalla L. 15 ottobre 2013, n. 119, prevede, infatti, che “la richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli 282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura della parte richiedente ed a pena di inammissibilita’, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest’ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio”.

La facolta’ di interlocuzione nel merito delle istanze de libertate e’, inoltre, riconosciuta sia nella fase delle indagini preliminari, che in quella successiva alla loro chiusura, come specificamente previsto dell’articolo 299 cod. proc. pen., comma 4-bis.

L’articolo 299 cod. proc. pen., comma 3, introduce, pertanto, in termini di netta discontinuita’ rispetto all’assetto previgente, il diritto della persona offesa di partecipare al procedimento incidentale, mediante una interlocuzione cartolare sulla permanenza o meno dei presupposti della misura coercitiva, anteriormente alla decisione del giudice sull’istanza di revoca o di sostituzione della misura.

Si tratta di un rilevante riconoscimento operato dal legislatore al diritto della vittima a partecipare al procedimento incidentale sulle modifiche alla cautela e ad apportare tutti gli elementi a sua conoscenza utili per la decisione.

4. La giurisprudenza di legittimita’ risulta, tuttavia, divisa sull’ambito applicato della previsione dell’articolo 299 cod. proc. pen., comma 3.

Secondo l’orientamento invocato dal ricorrente, infatti, l’istanza di revoca della custodia cautelare in carcere presentata nel corso dell’udienza preliminare non deve, infatti, essere notificata alla persona offesa che non abbia nominato un difensore o eletto domicilio, fermo il diritto dell’offeso di ricevere avviso della revoca o della sostituzione della misura (Sez. 2, n. 12325 del 03/02/2016, Spada, Rv. 266435; Sez. 2, n. 36167 del 03/05/2017, Adelfio, Rv. 270690; Sez. 1 n. 34132 del 13/07/2015).

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