Sequestro preventivo e abuso d’ufficio – Le società in house costituiscono articolazioni della Pa, per cui i relativi organi sono legati all’amministrazione da un rapporto di servizio.

Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 16 aprile 2018, n. 16855.

Sequestro preventivo e abuso d’ufficio – Le società in house costituiscono articolazioni della Pa, per cui i relativi organi sono legati all’amministrazione da un rapporto di servizio.

Sentenza 16 aprile 2018, n. 16855
Data udienza 6 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. AGLIASTRO Mirella – rel. Consigliere

Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per il riesame di Verona;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 12/09/2017 del Tribunale di Verona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Agliastro Mirella;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PERELLI Simone, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;

udito l’avvocato (OMISSIS) del foro di Roma, difensore di fiducia di (OMISSIS), il quale chiede che il ricorso venga rigettato;

udito l’avvocato (OMISSIS) del foro di Verona, difensore di (OMISSIS), il quale chiede che il ricorso del P.M. venga dichiarato inammissibile o rigettato.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Verona, pronunciandosi sull’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona in data 11/7/2017 che aveva rigettato, limitatamente al capo b) dell’imputazione, la richiesta del Procuratore della Repubblica di emissione di sequestro preventivo di un immobile sito in (OMISSIS) di proprieta’ di (OMISSIS) s.p.a., respingeva il gravame proposto.

Il Collegio veronese riteneva non integrato il fumus commissi delicti con riferimento al reato di cui al capo b) dell’imputazione provvisoria a carico di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), reato che il Pubblico Ministero aveva individuato nella fattispecie di cui all’articolo 110 c.p. e articolo 323 c.p., commi 1 e 2: ad essi la Pubblica Accusa addebitava di avere omesso, in concorso tra di loro, i primi due rispettivamente legale rappresentante e direttore generale della (OMISSIS) s.r.l., il terzo amministratore di fatto della societa’ denominata “(OMISSIS) s.r.l.”, di procedere con gara pubblica all’acquisto del terreno per la realizzazione di un impianto di raccolta e stoccaggio di rifiuti solidi urbani, con il contributo delle imprese collegate e della proprietaria dell’immobile gia’ destinato ad uso agricolo, (OMISSIS), nonche’ di avere realizzato una serie di operazioni giuridiche fittizie volte a dilatare il prezzo dell’immobile medesimo.

Il progetto prevedeva la delocalizzazione ed il potenziamento dell’impianto produttivo dalla sede storica di (OMISSIS) presso un nuovo costituendo insediamento sito nel Comune di (OMISSIS), localita’ (OMISSIS). Il terreno sul quale doveva sorgere il nuovo impianto, in origine di proprieta’ della citata (OMISSIS), era stato oggetto di interesse della societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” amministrata dal (OMISSIS); questi, in data (OMISSIS) concludeva un contratto preliminare con la proprieta’ per l’acquisto del terreno. In pari data, la societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” stipulava un analogo contratto preliminare per la vendita del terreno alla (OMISSIS) s.r.l. per la realizzazione dell’impianto; pero’ il contratto veniva risolto perche’ non era stata rilasciata l’autorizzazione del Comune.

In data (OMISSIS) la societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” concludeva con (OMISSIS) s.r.l. un altro preliminare sempre per la vendita. Il (OMISSIS) si concludeva il contratto definitivo per l’importo di Euro 2.320.000, fra (OMISSIS) e la societa’ “(OMISSIS) s.r.l.”; in pari data la societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” vendeva il terreno alla (OMISSIS) s.p.a. al prezzo di Euro 5.636.000 + IVA per complessivi Euro 6.875.920; ancora in pari data, la societa’ (OMISSIS) cedeva in regime di leasing il terreno alla (OMISSIS) s.r.l. al prezzo complessivo di Euro 9.500.000. Le successive operazioni commerciali con i relativi passaggi di proprieta’ hanno comportato un aumento esponenziale del prezzo di vendita.

2. Dalla ricostruzione dei riportati fatti storici, il Pubblico Ministero aveva tratto elementi per la imputazione provvisoria del reato di abuso di ufficio, di cui al capo b), e pertanto, aveva chiesto il sequestro preventivo del terreno quale oggetto strumentalmente connesso al delitto, ma sia il giudice per le indagini preliminari sia il Tribunale in sede di appello, avevano respinto questa richiesta, sottolineando la inapplicabilita’ delle norme sulle procedure ad evidenza pubblica, contenute nel codice degli appalti pubblici (Decreto Legislativo n. 163 del 2006 oggi abrogato e confluite nel Decreto Legislativo n. 50 del 2016).

L’imputazione di abuso d’ufficio in concorso, elevata nei confronti degli indagati si incentra sul fatto che la societa’ (OMISSIS) s.r.l. avrebbe individuato una controparte contrattuale nella societa’ “(OMISSIS) s.r.l.”, sia per l’acquisto e locazione del terreno, sia per l’esecuzione dei lavori di realizzazione del nuovo impianto di gestione dei rifiuti, senza dare corso alle procedure di evidenza pubblica.

Il Tribunale ritiene che la (OMISSIS) s.r.l. non possa essere considerata un organismo pubblico, al piu’ “impresa a partecipazione pubblica” e che non si possa fare conseguire alla “pratica illegittima della proroga continua del contratto” l’assunzione in capo a (OMISSIS) s.r.l. della veste di soggetto monopolista di fatto, ovvero organo pubblico secondo la normativa di rilevanza pubblica.

Sostiene che la violazione della normativa pubblicistica in materia di appalti e di quella contrattuale da parte dell’Ente pubblico nel mantenere una relazione contrattuale ormai scaduta, non puo’ riverberarsi sulle forme di operativita’ nel mercato del contraente privato e scelto ricorrendo ad una gara pubblica. Le operazioni di acquisto del terreno destinato alla realizzazione dell’impianto restano estranee all’ambito di applicazione della normativa sugli appalti pubblici che riguarda l’acquisto di servizi, di forniture, lavori e opere.

Il Tribunale, a conclusione delle sue riflessioni, ha ritenuto di “assumere un contegno cauto nella valutazione delle violazioni di legge integranti il delitto in esame, quanto meno sotto il profilo dell’accertamento dell’elemento psicologico del reato”; ha rigettato l’appello del Pubblico Ministero, non sussistendo il fumus commissi delicti del reato di abuso di ufficio aggravato, elevato nei confronti degli imputati.

3. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Verona per erronea applicazione della disciplina di cui al Decreto Legislativo n. 163 del 2006, ora confluita nel Decreto Legislativo n. 50 del 2016. Deve riconoscersi “la configurabilita’ di (OMISSIS) s.r.l. quale organismo di diritto pubblico e nella specie, quale “societa’ (OMISSIS)” per le modalita’ di affidamento del servizio all’ (OMISSIS) che e’ formale e sostanziale e per l’individuazione dei soggetti che devono sottostare alla disciplina degli appalti”.

Il Pubblico Ministero sostiene che, essendo (OMISSIS) s.r.l. un’impresa privata divenuta interamente partecipata da capitale pubblico, se ne deve affermare la veste di organismo pubblico, poiche’ opera per conto del “Consorzio di (OMISSIS)”, in forza di un contratto di appalto che viene prorogato da 14 anni, circostanza che le avrebbe attribuito un “regime di monopolio di fatto”. Nel corso di questi anni, (OMISSIS) ha ottenuto rinnovati affidamenti del servizio, in assenza di procedure di evidenza pubblica. Siccome il regime delle proroghe e’ affetto da nullita’ per contrasto con le norme regionali, le quali prevedono la soppressione degli enti responsabili di bacino a far data dal 1/1/2013, l’attribuzione del servizio a (OMISSIS) quantomeno dall’1/1/2013 integra una concessione di fatto illegittima, ovvero (OMISSIS) deve qualificarsi come societa’ “in house” del Consorzio, ed e’ tenuta al rispetto della disciplina degli appalti pubblici. Questo affidamento e’ stato reso possibile solo se si qualifica (OMISSIS) come organismo di diritto pubblico, secondo la definizione del c.d. codice degli appalti, anche perche’ esercita un’attivita’ diretta al soddisfacimento di un interesse generale. Infatti, secondo il Decreto Legislativo n. 152 del 2006, in materia di tutela ambientale, la gestione dei rifiuti “costituisce attivita’ di pubblico interesse”. L’organismo che svolge l’attivita’ di gestione di rifiuti riceve il corrispettivo dal Comune, che a sua volta impone la tassa ai cittadini e determina annualmente le tariffe e utilizza denaro che proviene dal bilancio pubblico dei Comuni consorziati.

Conclude il Pubblico Ministero, affermando che una diversa configurazione giuridica, come hanno fatto il giudice per le indagini preliminari ed il Tribunale dell’appello, si risolverebbe in una elusione della disciplina delle procedure ad evidenza pubblica. Chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio al Tribunale di Verona per un nuovo esame.

4. In data 30/1/2018 e’ pervenuta una memoria difensiva nell’interesse di (OMISSIS), con la quale si sostiene che le proroghe del contratto senza ricorrere ad una nuova gara, ancorche’ illegittima, non rendono (OMISSIS) organismo di diritto pubblico e non trasformano il rapporto in “affidamento in house di fatto”, in difetto degli altri presupposti riguardanti la societa’ (OMISSIS).

In data 31/1/2018 e’ pervenuta una articolata memoria difensiva nell’interesse di (OMISSIS). Si sostiene che (OMISSIS) s.r.l. e’ classificabile come societa’ privata sia pure a totale partecipazione pubblica prevalentemente indiretta, trattandosi di societa’ con fini di lucro non istituita in vista di esigenze di interesse generale, ma sorta come impresa privata e successivamente divenuta interamente partecipata da capitale pubblico, con attivita’ svolta in regime di concorrenza mediante acquisizione di appalti, di servizi pubblici assegnati a seguito di regolari procedure ad evidenza pubblica.

Alla complessa operazione realizzata dalla (OMISSIS) non si applica il codice dei contratti pubblici per l’acquisto di beni immobili (Decreto Legislativo n. 50 del 2016, articolo 1). In ogni caso per statuto la (OMISSIS) s.r.l. esercita attivita’ commerciale e industriale nei servizi di nettezza urbana, raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti con fini di lucro in regime di concorrenza mediante l’acquisizione di appalti, di servizi pubblici assegnati a seguito di regolare procedura di evidenza pubblica e soltanto marginalmente assegnataria di affidamenti in house.

In data 1/2/2018 e’ pervenuta una memoria difensiva nell’interesse di (OMISSIS). Anche in questa memoria si rileva che “un bene immobile sottoposto a compravendita non e’ ricompreso nelle ipotesi elencate dall’articolo 1 del codice degli appalti”, il quale fa riferimento alla disciplina dei contratti di appalto e concessione delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori aventi ad oggetto l’acquisizione di servizi, forniture, lavori ed opere. La norma non contempla l’acquisto di immobili tra le ipotesi soggette a gara ad evidenza pubblica per le ragioni che molteplici sono le caratteristiche che devono rispondere a criteri di convenienza industriali logicisti e organizzativi.

La mancata inclusione nel codice degli appalti dell’acquisto di beni immobili, ha indotto gli amministratori di (OMISSIS), in particolare il presidente del c.d.a., (OMISSIS), a concludere la compravendita del terreno in forza di norme privatistiche cosicche’ non e’ possibile ritenere sussistente il dolo intenzionale previsto dalla norma penale del reato di abuso in atti di ufficio sotto il profilo della consapevolezza di agire violando una norma di legge.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso del Pubblico Ministero e’ fondato e deve trovare accoglimento.

2. In primo luogo, non coglie nel segno l’affermazione del Tribunale di Verona, secondo cui l’acquisto del terreno destinato alla realizzazione dell’impianto sia estraneo all’ambito di applicazione della normativa sugli appalti pubblici riguardante l’acquisizione di servizi, forniture, lavori ed opere, poiche’ l’acquisto del terreno dalla proprieta’ (OMISSIS) costituisce attivita’ prodromica e strumentale per l’insediamento, nello stesso sito, del nuovo impianto produttivo ivi trasferito dalla precedente sede storica. Si rileva infatti che il contratto di vendita definitivo veniva concluso il (OMISSIS) tra l’originario proprietario e la societa’ denominata “(OMISSIS) s.r.l.” e lo stesso giorno il terreno veniva venduto dalla societa’ predetta alla (OMISSIS) s.p.a. per un importo quasi triplicato e sempre lo stesso giorno la societa’ (OMISSIS) cedeva il terreno in regime di leasing alla (OMISSIS) per un prezzo maggiorato di circa un terzo. Su tale terreno acquistato da privato, ma locato alla (OMISSIS) s.r.l. (di cui (OMISSIS) e (OMISSIS) erano rispettivamente legale rappresentante e direttore generale) dovevano essere eseguiti lavori per la realizzazione dell’impianto di gestione dei rifiuti, eludendo le procedure ad evidenza pubblica, con l’ulteriore aggravio costituito dal prezzo dell’esecuzione dei lavori da parte dell’azienda del (OMISSIS) che era l’amministratore di fatto della societa’ sopra indicata, denominata “(OMISSIS) s.r.l”. Detta societa’ non soltanto aveva concesso alla (OMISSIS) in leasing il terreno, ma avrebbe anche realizzato le opere relative al nuovo impianto.

Agli indagati (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) e’ stato, con addebito provvisorio, attribuito il reato di cui all’articolo 323 c.p., commi 1 e 2, per avere proceduto all’acquisto di un terreno su cui deve sorgere un impianto di stoccaggio e trattamento dei rifiuti, nonche’ all’affidamento dei relativi lavori senza l’esperimento di una gara pubblica che si sarebbe resa necessaria in virtu’ della natura di organismo pubblico della societa’ (OMISSIS) s.r.l. operante in regime di monopolio di fatto nel servizio di interesse pubblico di raccolta di rifiuti urbani.

Secondo il Pubblico Ministero ricorrente, tale condotta avrebbe comportato per la (OMISSIS) l’obbligo della controprestazione contrattuale di leasing oltre all’ulteriore esborso derivante dall’effettiva realizzazione dell’impianto, con l’ingiusto vantaggio patrimoniale in capo al titolare della societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” del prezzo dell’esecuzione dei lavori. Dal che la richiesta di sequestro preventivo sul terreno oggetto delle eccentriche operazioni commerciali, di fatto condotte solo con le societa’ “(OMISSIS) s.r.l.” e (OMISSIS) s.p.a..

3. Il Tribunale ha sostenuto che la societa’ (OMISSIS) non soddisfa il requisito legale della “costituzione per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale e commerciale”. La (OMISSIS) s.r.l. opera con fini di lucro nel settore dell’igiene ambientale; svolge la propria attivita’ per previsione statutaria in regime di concorrenza ovvero tramite l’acquisizione di appalti e servizi pubblici. Si assume i rischi collegati alle perdite commerciali e gli utili sono distribuiti tra i soci, opera secondo la regola delle societa’ private che perseguono fini di lucro, assumendo il rischio economico, con moduli privatistici, all’interno di un mercato competitivo. Si deroga a tale regime solo se lo svolgimento di servizio assunto avvenga “in house”, di cui la societa’ sia aggiudicataria diretta da parte dei suoi soci, nel qual caso risulta tenuta all’acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 163 del 2006. Nel caso di specie, (OMISSIS) e’ impresa privata divenuta interamente partecipata di capitale pubblico, svolge in regime di concorrenza la propria attivita’ mediante l’acquisizione di appalti e servizi pubblici, non si trova in posizione dominante, non puo’ influire sul prezzo del servizio approfittando dell’assenza di imprese contraenti.

4. E’ esperienza della giurisdizione sovranazionale europea la configurazione di un rapporto che connette il servizio pubblico al suo adempimento attraverso un’attivita’ conforme al diritto dell’Unione Europea, laddove l’ente pubblico decida di non provvedere all’adempimento di compiti legalmente imposti, attraverso una “gestione diretta” o “gestione in economia”, ma opti per l’esternalizzazione del servizio ovvero decida di determinarsi secondo la logica dell’affidamento diretto. Tale fenomeno puo’ attuarsi attraverso il ricorso al c.d. partenariato pubblico-privato, ovvero attraverso l’attribuzione del servizio a societa’ miste, ovvero attraverso l’affidamento diretto del servizio a “societa’ in house providing”.

In questa cornice ricostruttiva, il Consiglio di Stato (Sezione 5 sentenza 22/1/2015 n. 257) ha affermato il principio della natura ordinaria dell’affidamento eseguito con modalita’ diverse dalla gara pubblica, purche’ nel rispetto dei principi di legalita’, trasparenza, legittimo affidamento e non discriminazione.

Il Consiglio di Stato ha tracciato i principi generali secondo cui l’affidamento diretto di appalti e concessioni (senza gara e senza ricorso a procedure di evidenza pubblica) e’ consentito tutte le volte in cui si possa affermare che l’organismo affidatario, dotato di autonoma personalita’ giuridica, presenti connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione ad un ufficio interno dell’amministrazione affidante, poiche’ in questo caso, non vi sarebbe un rapporto di alterita’ sostanziale, ma solo formale, sicche’ non si tratterebbe di un effettivo ricorso al mercato, bensi’ di una forma di autoproduzione o comunque di erogazione di servizi pubblici direttamente ad opera dell’Amministrazione attraverso propri “in house providing”.

Detta equiparazione e’ possibile in presenza di due presupposti, identificati: 1) nel c.d. “controllo analogo” e cioe’ una situazione di fatto e di diritto nella quale l’ente sia in grado di esercitare sulla societa’ un controllo analogo a quello che lo stesso ente esercita sui propri “servizi interni” e 2) nella necessita’ che la societa’ svolga la “parte piu’ importante della propria attivita’” con l’amministrazione affidante. Detti principi hanno ispirato la recente normativa nazionale costituita dal Decreto Legislativo n. 175 del 2016, (Testo Unico in materia di societa’ a partecipazione pubblica), che, per quanto ispirata alla direttiva europea 24/2014/UE (non ancora recepita nell’ordinamento interno), non costituisce la fedele replica della originaria figura di matrice giurisprudenziale.

La Corte di Giustizia UE ha chiarito che il requisito del c.d. “controllo analogo” richiede la necessaria partecipazione pubblica totalitaria, senza presenza di partecipazione pur minoritaria di soggetti privati al capitale di una societa’ alla quale partecipi l’Amministrazione aggiudicatrice. Quest’ultima deve essere in grado di esercitare un’influenza determinante sugli obiettivi e sulla decisioni dell’entita’ affidataria e il controllo esercitato deve essere effettivo, strutturale e funzionale.

5. Con riferimento alla giurisprudenza di questa Corte, e’ costante insegnamento (cfr. Sez. 6, n. 48036 del 14/11/2014, Rv. 261223) che i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una societa’ per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attivita’ della societa’ medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalita’ pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici. La Corte ha gia’ riconosciuto la qualifica di incaricato di pubblico servizio all’amministratore di una societa’ per azioni, operante secondo le regole privatistiche, ma partecipata da un consorzio di enti pubblici ed avente ad oggetto la gestione di un servizio di pubblico interesse, quale la raccolta o lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Sez. 6, n. 45908 del 16/10/2013, Orsi, Rv. 257384).

Come hanno chiarito le Sezioni Unite civili con sentenza del 25.11.2013 n. 26283, “pur trattandosi all’origine di una figura di stampo eminentemente giurisprudenziale, la societa’ in house non ha tardato ad acquisire cittadinanza anche nella legislazione nazionale.

Se ne trova menzione in molteplici sparse disposizioni normative, talvolta con mero richiamo alle caratteristiche richieste dalla citata giurisprudenza europea, altre volte con piu’ specifica indicazione dei requisiti occorrenti perche’ tale figura ricorra. Particolare risalto assume, in questo contesto, il disposto dell’articolo 113, comma 4, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti a locali (Decreto Legislativo n. 267 del 2000), come riformulato dal Decreto Legge 30 settembre 2003, n. 269, articolo 14, (convertito con modificazioni dalla L. 24 novembre 2003, n. 326), che, in presenza di determinate condizioni, consente espressamente l’affidamento di servizi pubblici, anziche’ ad imprese terze da individuare mediante procedure di evidenza pubblica, a societa’ di capitali costituite per quello scopo e partecipate totalitariamente da soci pubblici, purche’ esse realizzino la parte piu’ importante della propria attivita’ con l’ente o con gli enti che le controllano e purche’ questi ultimi esercitino sulla societa’ un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi. E’ dunque possibile considerare ormai ben delineati nell’ordinamento i connotati qualificanti della societa’ in house, costituita per finalita’ di gestione di pubblici servizi e definita da tre requisiti: la natura esclusivamente pubblica dei soci, l’esercizio dell’attivita’ in prevalenza a favore dei soci stessi e la sottoposizione ad un controllo corrispondente a quello esercitato dagli enti pubblici sui propri uffici”.

Cosicche’ le societa’ in house hanno della societa’ solo la forma esteriore ma costituiscono in realta’ delle articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano e non dei soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi. Ne consegue che gli organi di tali societa’, assoggettati a vincoli gerarchici facenti capo alla pubblica amministrazione, neppure possono essere considerati, a differenza di quanto accade per gli amministratori delle altre societa’ a partecipazione pubblica, come investiti di un mero munus privato, inerente ad un rapporto di natura negoziale instaurato con la medesima societa’.

Gli organi delle societa’ in house sono preposti ad una struttura corrispondente ad un’articolazione interna alla stessa Pubblica Amministrazione, sicche’ e’ da ritenere che essi siano personalmente a questa legati da un vero e proprio rapporto di servizio, non altrimenti di quel che accade per i dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall’ente pubblico.

Questi principi hanno improntato costantemente pronunce successive di questa Corte (Sez. 6, n. 28299 del 10/11/2015, Rv. 267045; Sez. 6, n. 1327 del 07/07/2015, Rv. 266265; Sez. 6, n. 39350 del 03/07/2017, Rv. 270943; Sez. 2, n. 29480 del 13/06/2017, Rv. 267045) nelle quali si e’ riconosciuto che anche gli enti a formale struttura privatistica, purche’ rispondenti ai requisiti di partecipazione esclusiva degli enti pubblici, di servizio in prevalenza a favore dei soci, di sottoposizione a controllo degli stessi enti pubblici, assumono pregnante connotazione pubblicistica, ed agli amministratori e’ stata riconosciuta la qualifica di incaricati di pubblico servizio, se l’attivita’ della societa’ sia disciplinata da una normativa pubblicistica che persegue finalita’ pubbliche, ancorche’ con strumenti privatistici.

6. Si rende allora necessario, alla luce dei principi delineati e sulla base dell’orientamento prevalente espresso da questa Corte, qualificare in maniera piu’ puntuale, il vincolo, nato come contratto di appalto stipulato nel 2003, e proseguito in regime di proroga pluriennale, instaurato tra la (OMISSIS) s.r.l., societa’ di diritto privato, a totale partecipazione pubblica operante nel settore della gestione dei rifiuti ed il Consorzio dei Comuni; qualificare la natura dell’attivita’ esercitata, ove diretta al soddisfacimento di un “interesse generale”, nonche’ la natura del “bisogno”, commerciale o industriale o meno. Da un lato, si deve chiarire se l’attivita’ di raccolta dei rifiuti sia attivita’ di interesse generale – che riguarda la generalita’ dei consociati residente nel territorio in cui opera la societa’ coinvolta – e pubblico – vale a dire, dichiarato quale interesse dell’autorita’ pubblica (Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 177); dall’altro lato, si dovra’ verificare se la societa’ (OMISSIS) operi in condizioni di mercato “garantite”, per non dire monopolistiche, sottratta a logiche di concorrenza.

Su tali questioni, il Tribunale non ha ritenuto di prendere posizione, per sua espressa affermazione secondo cui “occorre assumere un contegno cauto nella valutazione delle violazioni di legge integranti il delitto in esame, dovendosi approfondire il profilo dell’elemento psicologico del reato e non sussistendo comunque il fumus commissi delicti”.

7. Il mancato approfondimento e confronto del Tribunale di Verona con le problematiche evidenziate, e con gli orientamenti giurisprudenziali sopra cennati, impone l’annullamento del provvedimento impugnato e la trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per nuova deliberazione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuova deliberazione al Tribunale di Verona.

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