Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 12 aprile 2018, n. 16399.
Il massoterapista non può fare il fisioterapista, esclusa l’equivalenza dei titoli. Difetto di riconoscimento di equipollenza tra titoli professionali, in quanto contraddistinti da differenti percorsi di formazione. Uno soltanto dei quali, quello del fisioterapista (ex Decreto Legislativo n. 517 del 1993, articolo 7, comma 3 sul riordino della disciplina in materia sanitaria), a vocazione universitaria, restando l’altro, consistente nel conseguimento di un diploma triennale all’esito della frequenza di un istituto professionale, declinato nella precedente e conservata prospettiva di formazione, a cui restava estraneo il percorso abilitativo universitario (L. 19 maggio 1971, n. 403; Decreto Ministeriale n. 105 del 1997).
Sentenza 12 aprile 2018, n. 16399
Data udienza 14 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente
Dott. TRONCI Andrea – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere
Dott. COSTANTINI Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) SAS;
nel procedimento a carico di quest’ultimo;
avverso l’ordinanza del 12/09/2017 del TRIB. LIBERTA’ di TRAPANI;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. LAURA SCALIA;
Fette/sentite le conclusioni del PG Dr. DELIA CARDIA che conclude per il rigetto.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di MARSALA in difesa di (OMISSIS) SAS, il quale conclude insistendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Nell’interesse del ” (OMISSIS)” S.a.s. e’ proposto ricorso per cassazione per l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di Trapani in epigrafe indicata che, pronunciando ai sensi dell’articolo 310 c.p.p., ha rigettato l’appello avverso il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Marsala del 18 luglio 2017 con cui era stata respinta la richiesta di revoca dell’ordinanza di sequestro preventivo del locale (in cui erano presenti una sala di kinesi terapia, un’altra di kinesi posturale ed una sala medica) e delle attrezzature fisioterapiche (lettini; lampade e macchine tipo Tecar; lampade ad infrarossi ed apparecchiature del tipo ultrasuoni) della ricorrente (OMISSIS).
2. Ha cosi’ trovato conferma l’ordinanza adottata dal G.i.p. del Tribunale di Marsala all’esito di sequestro eseguito, ai sensi dell’articolo 321 c.p.p., commi 1 e 3-bis, dalla p.g. nella ritenuta sussistenza in capo a (OMISSIS), titolare dell’indicato esercizio, del fumus del reato di esercizio abusivo della professione di fisioterapista (articolo 348 c.p.). E’ stata poi dichiarata inammissibile, perche’ per la prima volta proposta, l’istanza di dissequestro dei beni mobili custoditi nel bene sequestrato.
Il Tribunale dell’appello cautelare, richiamata la motivazione resa nella fase del riesame, ha nel resto apprezzato l’insussistenza di elementi di novita’ destinati a mutare il quadro cautelare, non integrati: da positive pronunce adottate da altre autorita’ giudiziarie in omologhi procedimenti; dall’attestazione del Ministero della Sanita’ circa il conseguimento da parte dell’indagata del titolo di massofisioterapista e dall’avvio da parte della (OMISSIS) di un procedimento amministrativo per l’esercizio dell’attivita’ di massofisioterapista nei locali oggetto di sequestro, nella intervenuta dichiarazione di inefficacia della SCIA, a tal fine in precedenza presentata.
3. Il difensore di (OMISSIS) con unico articolato motivo denuncia la nullita’ dell’impugnata ordinanza per violazione di legge relativa all’applicazione dell’articolo 348 c.p. e vizio di motivazione.
3.1. L’indagata avendo conseguito un idoneo titolo triennale ai sensi della L. n. 403 del 1971 e del Decreto Ministeriale n. 105 del 1997, sulla professione di massofisioterapista, avrebbe operato nell’ambito delle proprie competenze di riabilitazione, definite anche da due note dell’assessorato regionale e da un decreto della Regione Siciliana del 26 ottobre 2012, da cui sarebbero state escluse solo le prestazioni di carattere neuromotorio e neuropsichiatrico.
3.2. In ogni caso vi sarebbe stata equipollenza tra il titolo di fisioterapista e quello di massiofisioterapista, equipollenza da valere non solo, ai sensi del Decreto Ministeriale 27 luglio 2000, articolo 1, per i massofisioterapisti che avessero conseguito il titolo entro il 17 marzo 1999 per corsi iniziati entro il dicembre del 1995, ma, come ritenuto dal Consiglio di Stato con sentenza del 5 marzo 2015 n. 1105 e dal Consiglio di Giustizia Amministrativa di Catania con sentenza del 10 maggio 2017, per tutti i masso fisioterapisti, senza distinzione.
3.3. Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere respinta dall’amministrazione comunale la SCIA edilizia presentata che, in seguito a nuova segnalazione certificata, avrebbe consentito all’ente comunale di rivedere l’iniziale diniego.
3.4. L’utilizzo della strumentazione sequestrata con l’immobile avrebbe avuto carattere lecito in quanto finalizzato allo svolgimento dell’attivita’ di estetista, a cui pure l’indagata era abilitata ed anche ove non si fosse ritenuta l’equipollenza tra professioni, le attrezzature sequestrate sarebbero state necessarie per l’esercizio delle attivita’ proprie del massofisioterapista e quindi il sacrificio richiesto dalla misura cautelare in atto non proporzionato al fumus ed al periculum richiesti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto non e’ fondato e come tale va rigettato.
2. In sede di revoca di un provvedimento applicativo di misura reale, confermato all’esito delle impugnazioni esperite, la preclusione processuale determinata dal cosiddetto “giudicato cautelare” opera sia nel senso di impedire la mera rivalutazione del materiale probatorio gia’ compiutamente esaminato nel procedimento incidentale ormai definito, sia nel senso di imporre al giudice l’obbligo di una specifica motivazione circa la idoneita’ intrinseca degli elementi di novita’ sul piano della gravita’ indiziaria (in termini: Sez. 6, n. 18199 del 27/04/2012, Gerbino, Rv. 252646).
Il novum legittimante la revoca di una originaria misura cautelare per carenza del richiesto fumus dei gravi indizi puo’ essere integrato da questioni di diritto che abbiano trovato puntuale definizione per un indirizzo giurisprudenziale sopravvenuto che, continuo e stabile nelle sue affermazioni ed assentito dalla Corte di cassazione nell’esercizio della funzione nomofilattica sua propria, integri diritto vivente in grado di ribaltare una diversa pregressa interpretazione del medesimo dato normativo.
Non costituisce pertanto sopravvenienza destinata ad incidere su di un definito quadro cautelare, rispetto al quale operi la relativa preclusione da giudicato, una serie di pronunce di merito che, decidendo in separati processi sulla medesima questione di diritto, pervengano a soluzioni non conformi, rientrando la descritta ipotesi nel fisiologico atteggiarsi dell’attivita’ giurisdizionale.
2. In applicazione degli indicati principi non esponendosi in tal modo alle dedotte illegittimita’, nella condotta disamina del pregresso quadro cautelare definito quanto al fumus dei gravi indizi dalla disciplina normativa della attivita’ di massofisioterapista, il Tribunale di Trapani, decidendo in sede di appello cautelare, ha richiamato e condiviso le valutazioni espresse in sede di riesame, per poi escludere, dopo aver apprezzato dell’appello la mera riproposizione di questioni gia’ valutate nella precedente fase del riesame, che gli elementi dedotti come nuovi confortassero una rivalutazione dell’intero quadro cautelare.
3. Nelle linee portanti dello svolto ragionamento, il Tribunale ha ritenuto, quanto alle questioni gia’ dedotte, che la (OMISSIS) svolgesse attivita’ sanitaria di fisioterapia nei locali sequestrati, operando su prescrizioni mediche che, generiche, in quanto non specificative del numero delle sedute di apparecchi medicali dalla prima utilizzati, sono state ritenute attributive all’indagata di valutazioni, proprie dell’atto medico, su durata ed articolazione della terapia riabilitativa.
Sono state richiamate le valutazioni in diritto svolte nella fase del riesame cautelare, per ritenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di esercizio abusivo (ex articolo 348 c.p.) della professione di fisioterapista da parte dell’indagata, in possesso del diverso titolo di massofisioterapista, per valutazioni ivi svolte sul difetto di riconoscimento di equipollenza tra titoli professionali, in quanto contraddistinti da differenti percorsi di formazione.
Uno soltanto dei quali, quello del fisioterapista (ex Decreto Legislativo n. 517 del 1993, articolo 7, comma 3 sul riordino della disciplina in materia sanitaria), a vocazione universitaria, restando l’altro, consistente nel conseguimento di un diploma triennale all’esito della frequenza di un istituto professionale, declinato nella precedente e conservata prospettiva di formazione, a cui restava estraneo il percorso abilitativo universitario (L. 19 maggio 1971, n. 403; Decreto Ministeriale n. 105 del 1997).
La disamina, voluta dal Tribunale di Trapani a conforto della correttezza del percorso ricostruttivo delle norme di disciplina della professione su cui cadeva la preclusione da giudicato, e’ in realta’ estranea alla cognizione propria dell’appello cautelare.
In ragione della preclusione cautelare, ogni deduzione difensiva portata nel ricorso in cassazione avverso valutazioni del giudice dell’appello cautelare che siano di mera ricognizione dei presupposti di fatto e diritto su cui il cd. giudicato cautelare si e’ formato risulta inammissibilmente proposta perche’ diretta a contestare profili della decisione cautelare che sfuggono, in quanto reiterativi di precedenti valutazioni, ad una rinnovata sindacabilita’ nelle fasi successive del giudizio.
4. Rimane invece di rilievo, anche in sede di giudizio di cassazione, in quanto rappresenta il proprium dell’accertamento condotto in sede di appello cautelare, lo scrutinio delle “questioni nuove” chiamate ad integrare, in un giudizio applicativo di misura cautelare reale, la violazione di legge, ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., comma 1.
All’indicato fine il Tribunale di Trapani ha correttamente escluso la rilevanza, negativa, per la configurabilita’ stessa dei gravi indizi del contestato reato, delle sentenze di merito con cui distinti tribunali nazionali hanno assolto dall’imputazione di esercizio abusivo della professione, esercenti la professione di massofisioterapista.
I giudici dell’appello cautelare debitamente governando l’indicata deduzione, in applicazione dei sopra richiamati principi da valere a definizione del novum cautelare, delle sentenze hanno invero evidenziato la squisita valenza interpretativa.
Quanto poi agli atti amministrativi, consistenti nelle note e nel decreto dell’assessore regionale alla Sanita’ del 2012 e del 2014, devalutati nel provvedimento impugnato in ragione della rivestita natura amministrativa e quindi della non adeguatezza, quale fonte, ad incidere all’interno del perimetro di configurabilita’ del reato di cui all’articolo 348 c.p.p., si ha che gli stessi vengono riproposti dinanzi a questa Corte nella loro diretta capacita’ di definire, escludendoli, i richiesti gravi indizi di reato, deduzione inammissibilmente rimasta neppure mediata dal confronto con la motivazione impugnata.
5. E’ poi generico ed irrilevante l’ulteriore profilo di ricorso con cui si porta all’esame di questa Corte l’esistenza di un nuovo e diverso procedimento per SCIA del 5 giugno 2017, denunciandosi l’erroneita’ e parzialita’ dello scrutinio condotto dal Tribunale di Trapani che avrebbe arrestato il proprio esame ad un precedente diniego del 24 aprile 2017.
La deduzione e’ inammissibile perche’ non contiene un puntuale richiamo alla normativa sul silenzio-assenso sulla SCIA facendosi valere per la stessa, piuttosto in ricorso, l’intervenuta autorizzazione “di fatto” allo svolgimento dell’attivita’ di massofisioterapista, nella pure dedotta certezza circa il mancato intervento di un nuovo provvedimento di diniego.
Si tratta comunque di profilo di critica manifestamente irrilevante, e come tale non reso oggetto di valutazione da parte dei giudici della cautela rispetto alla portata contestazione di esercizio abusivo di una professione che e’ quella di fisioterapista.
6. E’ infondata sino a rendersi non ammissibile ogni altra questione posta sulla restituzione di strumentazione custodita nei locali sequestrati avendo il Tribunale escluso la scrutinabilita’ della stessa, trattandosi di vicenda per la prima volta posta nel giudizio di appello, e la pure dedotta non proporzione tra sacrificio richiesto e periculum contenuto e tanto per un piu’ complessivo giudizio del Tribunale di apprezzamento delle modalita’ di indistinto svolgimento dell’abusivo esercizio della professione.
7. Al rigetto del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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