Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza n. 9897 del 5 marzo 2018. E’ ammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria, ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile.

E’ ammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria, ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile.

Corte di Cassazione
sezione seconda penale
sentenza n. 9897 del 5 marzo 2018
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: AIELLI LUCIA
Data Udienza: 20/02/2018
SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
G.D. nato a il avverso la sentenza del Tribunale di Potenza quale giudice di appello, del 13/10/2016;
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Lucia Aielli ;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Fulvio Baldi che
ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata ;
udito per la parte civile : Lo Sardo Angelo, l’avv. Alberto Tucci in sostituzione dell’avv. Giovanni
De Somma che ha insistito per il rigetto del ricorso ed ha depositato conclusioni scritte e nota
spese ;

udito per Gioia Domenico il difensore avv. Elvira Svariati in sostituzione dell’avv. Antonio –
Bisignani che si è riportata ai motivi di rocorso ;
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 13/10/2016 il Tribunale di Potenza quale giudice di appello ,
dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta da G.D.avverso la
sentenza del Giudice di pace di Potenza del 24/6/2014
2.
3. , che lo aveva condannato in ordine al delitto di cui all’art. 633 c.p., ritenendo che
l’appello avverso la sentenza del giudice di pace di condanna a pena pecuniaria,
avrebbe potuto essere proposto solo se contestualmente veniva impugnato il capo
della decisione relativo al risarcimento del danno ciò in quanto l’art. 37 D.L.vo
274/2000, è norma speciale rispetto all’art. 574 c.p.p.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione .D. deducendo la
violazione di legge avendo il Tribunale erroneamente interpretato l’art. 37 citato ,
tenuto conto dei plurimi precedenti giurisprudenziali che invece consentono che
l’impugnazione avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena della
multa possa essere proposta anche se non è specificamente contestato il capo relativo
al risarcimento del danno in favore della parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato .
1.1. L’art. 37 D.Lgs. 274/2000 prevede che “l’imputato può proporre appello contro le
sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria;
può proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il
capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno”.
La norma è stata oggetto di interpretazioni contrastanti in sede di legittimità e la stessa
sentenza del Tribunale dà conto di tali divergenze : da un lato l’orientamento sostenuto a suo
tempo da Sez. 5, n. 39465 del 04/10/2005 , Rv. 232379 e da Sez. 5, n. 19382 del
21/04/2005, rv. 231498, di recente riproposto da Sez. 2, n. 31190 del 17/04/2015, Rv.
264544, secondo cui “i due sistemi ordinamentali del giudice di pace e del codice di procedura
penale [esprimono] assetti strutturalmente diversi e assimilabili solo nei ristretti ambiti e limiti
previsti dall’art. 2 D.Lgs. n. 274 del 2000 e della clausola limitativa imposta dal sintagma ‘per
tutto ciò che non è previsto dal presente decreto’ che vale ad escludere ogni contaminazione
non voluta dei due sistemi”, sicché tale clausola esclude che possa essere richiamata la regola
di chiusura ex art. 574, comma 4, cod. proc. pen.: di qui il principio di diritto in forza del quale
è inammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza di condanna, emessa dal
giudice ‘di pace, ad una pena pecuniaria ed al risarcimento del danno in favore della parte
civile, laddove si contesti il solo giudizio di responsabilità, senza che venga espressamente
impugnato il capo relativo alla condanna, seppure generica, al risarcimento del danno.
1.2. Dall’altro , l’orientamento esplicitato da Sez. 5, sentenza n. 5017 del 14/12/2015, Rv.
266059, e da Sez. 5, n. 42779/2016, rv. 267958; Sez. 2 n. 20190/2017 rv. 269677, secondo
cui « E’ ammissibile l’appello proposto dall’imputato avverso la sentenza del giudice di pace di
condanna alla pena pecuniaria, ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna
al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto l’art. 37 D.Lgs. n. 274 del 2000
deve essere coordinato con la disposizione di cui all’art. 574, comma quarto, c.p.p., per la
quale l’impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità
dell’imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendano dai primi, fra i quali sono
riconnpresi quelli concernenti il risarcimento del danno, che ha il necessario presupposto
nell’affermazione della responsabilità penale.
2. Ebbene tale indirizzo appare maggiormente condivisibile.
Non è in discussione il rilievo delle peculiarità del procedimento dinanzi al giudice di pace:
invero, la giurisprudenza costituzionale ha rimarcato la riconducibilità di tale procedimento ad
un “modello di giustizia caratterizzato da forme particolarmente snelle, di per sé non
comparabile con il procedimento per i reati di competenza del tribunale” (Corte cost., ord. n.
201 del 2004; conf. ord. n. 415 del 2005), un modello coerente con “esigenze di massima
semplificazione” (Corte cost., ord. n. 349 del 2004). Tale rilievo, tuttavia, non può mettere in
ombra il profilo essenziale dell’assetto della disciplina delle impugnazioni delle sentenze
pronunciate dal giudice di pace così come configurato dal legislatore, un assetto delineato dalla
giurisprudenza costituzionale con la sentenza n. 426 del 2008: richiamato l’art. 17, comma 1,
della legge delega n. 468 del 1999 e, in particolare, la lett. n) della disposizione (che stabilisce
l'”appellabilità delle sentenze emesse dal giudice di pace, ad eccezione di quelle che applicano
la sola pena pecuniaria e di quelle di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena
pecuniaria”), il giudice delle leggi ha sottolineato come dall’esame del testo della norma
emerga che “il legislatore delegante ha inteso attribuire una portata generale alla previsione
dell’appellabilità delle sentenze del giudice di pace, configurando come eccezioni, dunque di
stretta interpretazione, le ipotesi di loro inappellabilità. In un simile contesto, l’espressione
‘quelle che applicano la sola pena pecuniaria’, utilizzata dal legislatore delegante ai fini
dell’individuazione di una delle tassative ipotesi sottratte alla regola della proponibilità
dell’appello, è riferibile alle sentenze che rechino esclusivamente condanna alla pena
pecuniaria, e non anche alle sentenze in cui a questa condanna si accompagni quella al
risarcimento del danno”; l’art. 37, comma 1, d. Igs. n. 274 del 2000, osserva ancora la Corte
costituzionale, ha tratto origine, come si evince dalla relazione ministeriale al decreto
legislativo, dalla “preoccupazione, espressa dalla Commissione giustizia del Senato in sede di
parere allo schema di decreto e recepita dal legislatore delegato, in ordine al grado di
afflittività delle pronunce sul danno, possibili ‘per somme anche notevolmente superiori
all’ordinario limite di competenza per valore del giudice di pace civile’. Fulcro dell’assetto della
disciplina delle impugnazioni delineata dal Capo VI del d. Igs. n. 274 del 2000 è, dunque, la
portata generale attribuita – anche in correlazione al grado di possibile afflittività delle
statuizioni civili – alla previsione dell’appellabilità delle sentenze del giudice di pace: rilievo,
questo, la cui valenza sistematica conferma il necessario coordinamento (Sez. 5, n. 2270 del
18/11/2004 – dep. 25/01/2005, Linale ed altro, Rv. 230429) dell’art. 37 d.lgs. n. 274 del 2000
con l’art. 574, comma 4, c.p.p. , non riconducibile ai limiti di applicabilità della disciplina
codicistica previsti dall’art. 2 d. Igs. n. 274 cit., posto che il menzionato art. 37 non prevede
alcuna disciplina di quello che la Relazione al progetto preliminare del codice di rito indicava
come “effetto consequenziale dell’impugnazione penale”. Un effetto, quello ex art. 574, comma
4, c.p.p., che, può aggiungersi, esprime il legame logico-giuridico tra il capo della sentenza di
condanna relativo all’affermazione di responsabilità penale e quello concernente l’azione civile:
infatti, come la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di rilevare in tema di appello
incidentale della parte civile, la parte della sentenza investita dell’appello incidentale della
parte civile contro il capo della sentenza di condanna che riguarda l’azione civile e l’entità del
danno risarcibile risulta logicamente collegata ai capi e ai punti oggetto dell’impugnazione
principale dell’imputato contro la pronuncia di condanna penale (Sez. 3, n. 10308 del
03/08/1999, Rv. 214271; conf. Sez. 4, n.17560/2010 , Rv. 247322).
Deve pertanto ribadirsi la validità dell’orientamento maggioritario della giurisprudenza di
questa Corte.
Ne consegue che la pronuncia del Tribunale di Potenza che ha giudicato inammissibile
l’impugnazione perchè non rivolta al capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in
favore della parte civile, va annullata, con rinvio al Tribunale di Potenza per il giudizio di
appello.
p.q.m.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza .
COSI’ DECISO IL 20/2/2018
Il presidente

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