Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 14 novembre 2017, n. 51988. Nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, il giudice può disporre la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato

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3. Il ricorso non merita accoglimento, risultando le doglianze formulate manifestamente infondate.
Deve preliminarmente ribadirsi che in sede di giudizio di legittimita’ sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicita’ del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione, restando preclusa una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti, del loro spessore e delle esigenze cautelari. Infatti, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza o l’assenza delle esigenze cautelari e’ ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicita’ della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884; Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438).
Nella specie, l’ordinanza impugnata ha disatteso il gravame difensivo con un percorso argomentativo esaustivo che da conto delle ragioni alla base della conferma della gravita’ indiziaria in relazione ad entrambi gli addebiti provvisori contestati, richiamando le fonti scrutinate e saggiandone lo spessore dimostrativo ai fini dell’assetto cautelare.
L’unica criticita’ rilevabile in via officiosa ex articolo 609 c.p.p., comma 2, concerne la ritenuta configurabilita’ in relazione ad entrambi gli addebiti provvisori dell’aggravante di cui all’articolo 628 c.p., comma 3, n. 3 bis, giacche’ secondo la recente pronunzia del massimo consesso nomofilattico rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico ne’ accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attivita’ lavorativa o professionale (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, Rv. 270076), sicche’ deve escludersi che bar ed esercizi pubblici in genere possano esservi ricompresi. Nondimeno, va rilevato che, pur in esito all’esclusione della cennata aggravante, permangono le condizioni previste dall’articolo 280 c.p.p., per l’applicazione di misure cautelari coercitive, attesi i titoli di reato addebitati e l’aggravante del numero delle persone ascritta al capo a).
4. Analogamente destituite di pregio sono le censure relative alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274 c.p.p., lettera a) e c). Quanto al pericolo per l’acquisizione e la genuinita’ della prova risulta dal provvedimento impugnato che le pp.oo. abbiano rifiutato di formalizzare la denunzia in ordine all’accaduto, palesando – in particolare il (OMISSIS) – timori di ritorsioni. Siffatta evidenza, correlata al contesto ambientale di consumazione degli illeciti e alla personalita’ dell’indagato quale emerge dalla nota della P.G. in data 14/3/2017, consente di ritenere concreto ed attuale il rischio di turbativa del processo di formazione della prova attraverso l’inquinamento delle relative fonti, come ritenuto dal Collegio cautelare (Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017, P.M. in proc. Di Giorgi e altri, Rv. 270561).
Devesi aggiungere che alcun rilievo puo’ riconnettersi alla circostanza che nel periodo di tempo intercorso tra la consumazione dei reati e l’applicazione della misura cautelare l’indagato non si sia reso responsabile di atti minacciosi nei confronti delle pp.oo. giacche’ le stesse avevano gia’ declinato il civico dovere di denunzia proprio per effetto del timore di trovarsi esposte a ritorsioni da parte dell’indagato.
L’ordinanza impugnata ha, inoltre, ampiamente argomentato la ricorrenza di un elevato rischio di recidiva, connotato dai requisiti dell’attualita’ e concretezza in ragione delle modalita’ dei fatti, della loro reiterazione, dei precedenti, indicativi di propensione a delinquere e di una personalita’ violenta e prevaricatrice, giudizio che si sottrae a censura in questa sede in quanto adeguatamente giustificato alla luce delle emergenze investigative. Questa Corte ha reiteratamente precisato che il requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’articolo 274 c.p.p., lettera c), dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, non richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione prognostica fondata su elementi concreti, idonei a dar conto della effettivita’ del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare e’ chiamata a neutralizzare (Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, Verga, Rv. 269684; n. 47619 del 19/10/2016, Esposito, Rv. 268508; n. 53645 del 08/09/2016, Luca’, Rv. 268977).
5. Alla declaratoria d’inammissibilita’ accede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 a favore della Cassa d

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