Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 30 novembre 2017, n. 28758.  In ordine all’incapacità naturale della de cuius al momento della redazione del testamento olografo

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Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 591 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3) cpc, ponendo in rilievo la differenza tra testamento olografo e quello pubblico, evidenziando che la vicenda in esame si caratterizzava per la sussistenza di una patologia ad andamento ingravescente, come attestato dalla certificazione medica prodotta, ed in particolare il certificato del medico curante dott. N. , il quale attestava un grave deperimento organico per sindrome depressiva e vasculopatia cerebrale arteriosclerotica, con turbe della memoria e turbe cognitive, con disorientamento spazio-temporale e conseguente necessità di accompagnatore.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 115 e 116 cpc, ex art. 360 n.3) cpc, in riferimento all’omessa ammissione di consulenza tecnica sulle condizioni psichiche della de cuius.
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 210 e 213 cpc sempre in relazione all’ara. 360 n.3) cpc, avuto riguardo alla mancata ammissione delle altre istanze istruttorie per interpello e testi, e di esibizione di documenti ai servizi socio assistenziali ed alla ASL di (…).
Con il quarto motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cpc, sia in relazione alla natura di atto pubblico della certificazione 28.1.99 del medico curante della de cuius, sia alla domanda subordinata di accertamento e declaratoria di autenticità e provenienza di detto certificato ex art. 360 n.3) codice di rito.
Con il quinto motivo si denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 n.5) cpc in relazione all’accertamento della capacità di testare della de cuius.
I motivi che precedono, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati e sono infondati.
Conviene premettere che secondo il consolidato orientamento di questa Corte l’apprezzamento del giudice di merito circa l’incapacità di intendere e di volere costituisce indagine di fatto e valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità, se fondata su congrua motivazione, immune da vizi logici ed errori di diritto. (Cass. n. 162/1981).
Come questa Corte ha precisato, tale giudizio deve necessariamente risultare dall’esame coordinato di numerosi elementi e l’adeguatezza della motivazione del giudice del merito deve essere vagliata con riferimento all’insieme degli stessi, nonché alle difese delle parti, al fine di verificare che, nel suo complesso, il giudizio risulti adeguatamente e concretamente giustificato (Cass. 23900/2016), mentre appare al riguardo irrilevante la distinzione tra testamento olografo e testamento raccolto da notaio, non mutando la nozione di incapacità naturale del testatore, che postula la esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del “de cuius”, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi.
Considerato inoltre che lo stato di capacità costituisce la regola e quello di incapacità l’eccezione, spetta a colui che impugna il testamento dimostrare la dedotta incapacità, salvo che il testatore non risulti affetto da incapacità totale e permanente (nel qual caso è compito di chi vuole avvalersi del testamento dimostrare che esso fu redatto in un momento di lucido intervallo) (Cass. n. 8079/2005).
Orbene, nel caso di specie, la Corte ha fondato la statuizione secondo cui non può ritenersi provata l’incapacità naturale della de cuius al momento della redazione del testamento olografo, sul complessivo esame delle risultanze istruttorie, sottoposte ad analitico scrutinio, onde la decisione risulta sorretta su un apparato argomentativo logico e del tutto congruo, in quanto il giudice di appello ha dato ampiamente conto in motivazione degli elementi in forza dei quali ha ritenuto che l’attore in impugnazione non abbia assolto all’onere di fornire la prova rigorosa dell’incapacità di intendere e di volere della de cuius al momento della redazione della scheda testamentaria.
Ed invero, seppure il certificato del medico curante prodotto attestava che in epoca prossima alla redazione del testamento la de cuius era affetta da fenomeni patologici gravi, che determinavano l’impossibilità per la medesima di compiere da sola gli atti quotidiani della vita, tale giudizio medico, ben potendo ritenersi riferito alle incombenze squisitamente materiali e dunque ad una compromissione afferente la sfera dell’integrità fisica e non anche psichica, secondo la adeguata valutazione del giudice di merito, non implica di per sé la prova, a quella data, di un decadimento tale da integrare la carenza della capacità di intendere e di volere.

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