Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 2 ottobre 2017, n. 22981. In ordine alla morte o perdita della capacità della parte costituita a mezzo di procuratore

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Il motivo e’ infondato in base alla regola dell’ultrattivita’ del mandato, enunciata dalle sezioni unite e a cui il Collegio intende senz’altro uniformarsi. E’ stato affermato che la morte o la perdita di capacita’ della parte costituita a mezzo di procuratore, dallo stesso non dichiarate in udienza o notificate alle altre parti, comportano, giusta la regola dell’ultrattivita’ del mandato alla lite, che: a) la notificazione della sentenza fatta a detto procuratore, ex articolo 285 c.p.c., e’ idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione nei confronti della parte deceduta o del rappresentante legale di quella divenuta incapace; b) il medesimo procuratore; qualora originariamente munito di procura alla lite valida per gli ulteriori gradi del processo, e’ legittimato a proporre impugnazione – ad eccezione del ricorso per cassazione, per cui e’ richiesta la procura speciale – in rappresentanza della parte che, deceduta o divenuta incapace, va considerata, nell’ambito del processo, tuttora in vita e capace; c) e’ ammissibile la notificazione dell’impugnazione presso di lui, ai sensi dell’articolo 330 c.p.c., comma 1, senza che rilevi la conoscenza “aliunde” di uno degli eventi previsti dall’articolo 299 c.p.c. da parte del notificante (v. S.U. Sez. U, Sentenza n. 15295 del 04/07/2014 Rv. 631467).

Nel caso di specie, la morte non venne dichiarata, come affermano gli stessi ricorrenti incidentali a pag. 11 e pertanto, sulla scorta del citato principio di ultrattivita’ del mandato e di stabilita’ processuale della posizione della parte colpita dall’evento, ben poteva il difensore del soccombente notificare l’impugnazione al difensore dei soggetti defunti, aggiungendosi – ma solo per completezza – che, come riscontrato dalla Corte d’Appello, al momento della notifica dell’impugnazione la notifica della sentenza di primo grado ad istanza degli eredi (con l’indicazione degli eventi interruttivi) non era ancora avvenuta.

1 bis – 2 Passando adesso all’esame del ricorso principale del (OMISSIS), con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli articoli 1394 e 2697 c.c. circa la sussistenza del conflitto di interessi. Si lamenta altresi’ la violazione degli articoli 1362 e 1363 c.c..

Col secondo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli articoli 1703, 1708 e 1711 c.c. circa l’efficacia del mandato conferito al geom. (OMISSIS), nonche’ la violazione degli articoli 1362 e 1363 cc.. Si critica la Corte d’Appello per avere desunto il conflitto di interessi dal prezzo della vendita e dalle modalita’ di versamento concordate, svolgendo una serie di considerazioni sul contratto di mandato e sulla ratifica tacita.

Le due censure – che per il comune riferimento al tema del conflitto di interessi si prestano ad esame unitario, -sono prive di fondamento ed in parte anche inammissibili.

Sono inammissibili laddove prospettano la violazione di norme di ermeneutica contrattuale (articoli 1362 e 1363 c.c.) senza precisare quali principi in particolare siano stati violati e in qual modo.

Lo sono altresi’ nella parte in cui prospettano questioni di diritto di cui non risulta la pregressa devoluzione ai giudici di merito (natura del mandato, possibilita’ di ratifica): il ricorso e’ silente e la sentenza impugnata non affronta tali tematiche.

Questa Corte ha sempre affermato che qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata ne’ indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che riproponga la questione in sede di legittimita’, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’, per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (tra le varie, sez. 1, Sentenza n. 25546 del 30/11/2006 Rv. 593077; Sez. 3, Sentenza n. 15422 del 22/07/2005 Rv. 584872 Sez. 3, Sentenza n. 5070 del 03/03/2009 Rv. 606945).

Per il resto le censure sono infondate.

Va premesso che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (v. tra le varie, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016 Rv. 638425; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015 Rv. 638171; Sez. 5, Sentenza n. 8315 del 04/04/2013 Rv. 626129; Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010 Rv. 612745).

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