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Orbene, giusta la nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e’ consentito denunciare in Cassazione solo il vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, ed abbia carattere decisivo.
Ne consegue che il ricorrente non puo’ limitarsi a denunciare l’incompletezza della espletata consulenza tecnica d’ufficio, ma deve indicare che cio’ si sia tradotto nell’omesso esame di “fatti” decisivi da parte del giudice di merito, indicando il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino, il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti e la loro decisivita’ (Cass. 7472/2017). In ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ed al carattere limitato del mezzo di impugnazione, inoltre, il ricorrente ha l’onere di indicare specificamente le circostanze e gli elementi, decisivi, rispetto ai quali deduce il mancato esame, trascrivendo integralmente nel ricorso almeno i passaggi salienti e non condivisi della relazione e riportando il contenuto specifico delle critiche che ad essi siano state sollevate, onde possa ritenersi che essi siano stati oggetto di discussione tra le parti.
Nel caso di specie, la Corte ha specificamente preso in esame e rigettato, nel merito, la doglianza sull’elaborato peritale sollevata dall’odierna ricorrente nel giudizio di merito, evidenziando che il ctu determino’ correttamente il compenso del professionista, in relazione all’importo dei lavori, sulla base dei criteri contenuti nella convenzione di incarico e secondo le disposizioni della L. n. 143 del 1949.
A fronte tale accertamento e della specifica indicazione dei criteri cui si e’ uniformato il ctu, la censura del ricorrente e’ inammissibile per genericita’, atteso che non viene neppure specificato se si deduca l’applicazione di parametri errati, ovvero l’errata applicazione in concreto dei corretti parametri di riferimento.
Il terzo motivo denuncia la violazione o falsa applicazione della L. n. 143 del 1949, articolo 7, per aver erroneamente attribuito al professionista l’intero compenso, a fronte di prestazioni professionali rese da piu’ soggetti incaricati; ad avviso della ricorrente, la L. n. 143 del 1949, articolo 7, non trova applicazione quando, come nel caso di specie, risulti che l’incarico sia stato conferito a piu’ professionisti congiuntamente, nel qual caso il compenso pattuito dovra’ essere suddiviso tra tutti i professionisti incaricati.
Il motivo e’ inammissibile per difetto di autosufficienza.
La ricorrente, infatti, nel dedurre l’errata applicazione al caso di specie della L. n. 143 del 1949, articolo 7, in forza del quale, “quando un incarico viene affidato dal committente a piu’ professionisti riuniti in collegio, a ciascuno dei membri del collegio e’ dovuto l’intero compenso risultante dall’applicazione della presente tariffa”, ha omesso di riportare in ricorso, se non integralmente, almeno i passi rilevanti della convenzione di conferimento dell’incarico, onde consentire a questa Corte di verificare la denunciata carenza dei presupposti di applicabilita’ della norma e dunque l’errore nella riconduzione del caso concreto alla suddetta previsione normativa.
In ogni caso l’assunto non e’ fondato.
E’ infatti irrilevante la circostanza dedotta dal ricorrente, del conferimento in via congiuntiva dell’incarico professionale, posto che la L. n. 143 del 1949, menzionato articolo 7, come questa Corte ha gia’ affermato, trova fondamento nella unitarieta’ delle prestazioni dei singoli componenti il collegio in relazione alla realizzazione dell’unico incarico, a fronte della quale a ciascuno di costoro e’ legittimamente liquidata per intero la tariffa fissata “ex lege” (Cass. 2668/2001).
Il ricorso va dunque respinto e la ricorrente va condannata alla refusione ai resistenti delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, applicabile ai procedimenti instaurati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge, avvenuta il 30 gennaio 2013.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione ai resistenti delle spese del presente giudizio, che liquida in 18.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per rimorso spese, oltre a rimborso forfettario per spese generali in misura del 15%, ed accessori di legge.
Da’ atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.
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