Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 1 marzo 2018, n. 4866. In materia di autotrasporti, la sanzione accessoria della confisca

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che, nell’interpretazione di tali disposizioni normative, deve, in particolare, osservarsi che – in conformita’ al dettato del principio e criterio direttivo rinvenibile nella Legge Delega n. 32 del 2005, articolo 2 – con il Decreto Legislativo n. 286 del 2005, citato articolo 7, e’ stato esplicitamente introdotto il principio della responsabilita’ “soggettiva” per violazione delle disposizioni sulla sicurezza della circolazione sia a carico del vettore che a carico di una ulteriore classe di soggetti (committente, “caricatore” e proprietario delle merci) alle condizioni che tale loro responsabilita’ (soggettiva) sia “accertata” e che essi agiscano “nell’esercizio di una attivita’ di impresa o di funzioni pubbliche”, con la conseguenza che l’uso dell’attributo “soggettiva” riferito alla suddetta responsabilita’ depone univocamente per una opzione contraria all’introduzione di una responsabilita’ di natura oggettiva e/o vicaria, sicche’ deve escludersi, in via ermeneutica, l’ipotesi che il legislatore abbia inteso prevedere una forma di responsabilita’ per illeciti compiuti senza colpa e per illeciti compiuti da altri (e segnatamente da soggetti delle cui azioni un operatore dovrebbe rispondere per via di un rapporto di ausiliarieta’ nell’esecuzione del contratto ex articolo 1228 c.c. o di subordinazione o parasubordinazione nell’organizzazione della propria impresa ex art 2049 c.c.);

che, inoltre, con riferimento all’ambito sanzionatorio amministrativo e specificamente in ordine all’interpretazione della norma generale di cui alla L. n. 689 del 1981, articolo 3 (contemplante la disciplina dell’elemento soggettivo), il legislatore ha imposto che, ai fini della configurazione della responsabilita’ per violazioni amministrative riconducibili a condotta attiva od omissiva, e’ richiesto, che l’autore abbia agito almeno con coscienza e volonta’, sia essa dolosa o colposa;

che, alla stregua del citato Decreto Legislativo n. 286 del 2005, articolo 2, con riferimento alle definizioni e ai ruoli attribuiti ai soggetti che si inseriscono nella c.d. “filiera del trasporto”, si intende per:

– vettore, l’impresa di autotrasporto iscritta all’albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto di terzi, ovvero l’impresa non stabilita in Italia, abilitata ad eseguire attivita’ di autotrasporto internazionale o di cabotaggio stradale in territorio italiano che e’ parte di un contratto di trasporto di merci su strada;

– committente, l’impresa o la persona giuridica pubblica che stipula o nel nome della quale e’ stipulato il contratto di trasporto con il vettore;

– caricatore, l’impresa o la persona giuridica pubblica che consegna la merce al vettore, curando la sistemazione delle merci sul veicolo adibito all’esecuzione del trasporto;

che, sulla premessa della differenziazione dei predetti ruoli (e di quello del proprietario della merce oggetto di trasporto), e’ emerso, per quanto accertato in fatto nella sentenza impugnata, che il trasporto della merce poi sequestrata al porto di (OMISSIS) (ed oggetto dell’impugnata ordinanza di confisca) era stato commissionato dalla societa’ di diritto albanese (OMISSIS) (controllata – per effetto del possesso di quote del relativo capitale sociale dalla controllante (OMISSIS) s.p.a.-Italia, proprietaria e destinataria del carico in territorio italiano) ad un vettore albanese, il cui autista, al momento della verifica della regolarita’ del trasporto internazionale da parte della locale Guardia di finanza all’atto dello sbarco (dopo essere partito da (OMISSIS), in territorio albanese) nel porto di Bari, era stato trovato in possesso di un permesso autorizzativo che, solo all’esito di un piu’ approfondito successivo controllo (non essendone accertabile la falsificazione prima facie), era risultato contraffatto, ragion per cui si era provveduto alla contestazione della violazione conseguente alla mancanza di autorizzazione (per difetto di titolo autorizzativo al trasporto internazionale) e al contestuale sequestro della merce trasportata, a cui aveva fatto seguito (in risposta al ricorso in opposizione ai sensi dell’articolo 19 della legge n. 689/1981 da parte della (OMISSIS) s.p.a. Italia, proprietaria della merce stessa) l’emanazione – da parte del Prefetto di Bari – dell’ordinanza di confisca nei confronti dell’attuale ricorrente, in applicazione del combinato disposto dei gia’ menzionati del Decreto Legislativo n. 286 del 2005, articolo 7, comma 2 e della L. n. 689 del 1981, articolo 20;

che, in particolare modo, con la sentenza qui impugnata, la Corte di appello di Bari – confermando l’impostazione motivazionale del giudice di primo grado ha ritenuto sussistente la responsabilita’ per omissione della predetta (OMISSIS) s.p.a. Italia sul presupposto che la stessa sarebbe stata tenuta ad adoperare una maggiore diligenza diretta precipuamente alla verifica, oltre che dell’iscrizione del vettore all’apposito albo, anche dell’autorizzazione al trasporto internazionale, ragion per cui non avrebbe potuto escludersi la sua responsabilita’ per effetto della sua allegata buona fede, configurandosi, quantomeno, un suo concorso nella realizzazione dell’illecito amministrativo a titolo di colpa omissiva;

che il principio giuridico affermato dalla Corte barese in relazione allo svolgimento della vicenda fattuale cosi’ come ricostruita non e’ meritevole di adesione, dal momento che – proprio in relazione alla diversita’ dei ruoli esercitati nella filiera del trasporto internazionale e all’individuazione delle condotte in concreto esigibili anche in correlazione alla necessaria sussistenza dell’elemento soggettivo da parte dei differenti potenziali concorrenti – nella fattispecie non poteva ritenersi che fosse esigibile, da parte della (OMISSIS) s.p.a. (quale proprietaria e destinataria della merce), una diligenza cosi’ incisiva fino a potersi da essa pretendere di dover controllare la regolarita’ del documento di trasporto utilizzato dal vettore albanese al momento della partenza dall’estero, la cui attivita’ di trasporto per il trasferimento del carico in Italia era stata commissionata direttamente da una societa’ estera (ancorche’ collegata, sul piano economico-commerciale, con quella di destinazione) con apposita convenzione formale ad una ditta di autotrasporti che era risultata regolarmente iscritta all’Albo nazionale dei trasportatori in conto terzi in Albania;

che, percio’, con riferimento alla specifica fattispecie, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale in merito alla ravvisata responsabilita’ (anche) della ricorrente in ordine all’accertata contraffazione del titolo autorizzativo al trasporto internazionale, deve, invece, rilevarsi che la (OMISSIS) s.p.a. Italia avrebbe dovuto considerarsi – in ragione della sua qualita’ (ed in difetto di un puntuale riscontro diretto a comprovare il contrario in relazione alla concreta vigilanza eventualmente adottata anche sulla specifica condotta attuata dal vettore straniero) – esente da colpa, dovendosi ritenere non onerata, in concreto, all’osservanza del peculiare obbligo di controllare “ex ante” le modalita’ operative dell’esercizio del trasporto (internazionale, nella specie), emergendo, in via ordinaria, l’estraneita’ del “proprietario” della merce rispetto alla violazione imputabile al vettore (e, al limite, al diretto committente in concorso) in ordine all’utilizzazione di titolo di trasporto poi rivelatosi contraffatto;

che, dunque, la disposizione di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 2005, articolo 7, comma 2, non pone a carico del proprietario della merce, del committente del trasporto e del vettore una (reciproca) responsabilita’ per fatto altrui, poiche’ essi – in dipendenza del rispettivo ruolo svolto e degli specifici obblighi di vigilanza loro incombenti – rispondono ciascuno per fatto proprio, sicche’ la relativa responsabilita’ resta regolata dai principi generali in materia di sanzioni amministrative e, in particolare, da quello della responsabilita’ almeno per colpa, sancito – per l’appunto – dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, articolo 3, principi ai quali il legislatore non ha inteso derogare anche nella speciale materia della disciplina degli autotrasporti (cfr., per opportuni riferimenti in un’ottica costituzionale, Corte Cost., ordd. nn. 3/1989 e 118/2011);

che, di conseguenza, deve essere enunciato il principio di diritto secondo cui la sanzione accessoria della confisca (cui al Decreto Legislativo n. 286 del 2005, articolo 7, comma 2 e della L. n. 689 del 1981, articolo 20) non puo’ – in difetto della sussistenza dell’elemento soggettivo (almeno) della colpa – essere considerata legittima ove applicata al proprietario della merce (destinatario, in via generale, di tale misura accessoria, ove prevista obbligatoriamente) nei cui confronti non sia emerso che abbia partecipato all’affidamento del trasporto al vettore abusivo o che si sia comportato in modo specificamente negligente rispetto all’accertamento della regolarita’ del trasportatore (non essendo, tuttavia, esigibile tale obbligo di vigilanza, da parte dello stesso, fino al punto di dover per la sua qualita’ – provvedere anche all’accertamento del possesso, da parte dell’autotrasportatore, delle prescritte autorizzazioni);

che, in definitiva, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari che, nel conformarsi – ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 2 – al su riportato principio di diritto (ai fini della decisione della controversia), provvedera’ a regolare anche le spese della presente fase di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimita’, ad altra Sezione della Corte di appello di Bari

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