Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 30 novembre 2017, n. 53992. Il reato di abbandono di persone minori o incapaci è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente

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CONSIDERATO IN DIRITTO
1 – All’udienza davanti a questa Corte, (OMISSIS) ha rinunciato al ricorso che deve essere, conseguentemente, dichiarato inammissibile e la medesima condannata al pagamento delle spese processuali e, versando in colpa, anche della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
2 – La valutazione dei motivi di censura delle ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) necessita di alcune preliminari puntualizzazioni.
Erroneamente si e’ affermato che la Corte territoriale, nel riformare la sentenza di condanna del primo giudice, non ha assolto all’onere di motivare, con argomentazione rafforzata, le ragioni del diverso giudizio, posto che, al contrario, ha puntualmente analizzato le ragioni per le quali, data per provata la materialita’ dei delitti di abbandono di incapace contestati agli imputati, era andata di contrario avviso rispetto alla decisione di prime cure, ritenendo non sussistesse la prova dell’elemento soggettivo dei delitti contestati agli imputati.
Deve, inoltre, rilevarsi che, se l’elemento oggettivo del reato di abbandono di persone minori o incapaci e’ integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia), gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l’incolumita’ del soggetto passivo (Sez. 1, n. 35814 del 30/04/2015, Rv. 264566), l’elemento soggettivo si configura solo quando l’agente abbia la consapevolezza che l’incapace sia esposto a tale stato di pericolo.
3 – Ed e’ proprio sul diverso giudizio che si e’ formato in primo ed in secondo grado su tale consapevolezza che i giudici del merito hanno deciso, il primo per la condanna, il secondo per l’assoluzione.
La Corte di assise di prime cure si era limitata ad affermare che i tre imputati, venuti, comunque, a conoscenza dei litigi fra (OMISSIS) e (OMISSIS), avevano abbandonato il secondo, esponendolo a quello stato di pericolo di cui avevano avuto contezza.
La Corte di assise di appello, invece, ha, innanzitutto, contestato il fatto che gli alterchi trascorsi fra i due fossero diversi e piu’ gravi di quelli intercorsi fra altri pazienti psichiatrici ricoverati nella (OMISSIS) (un dato che nel ricorso non si affronta).
Ha, poi, rilevato come la struttura non potesse ricoverare pazienti pischiatrici non compensati, non avendo la specifica e necessaria autorizzazione a farlo e non avendo personale specializzato. Cosi’ che, quando i pazienti ricoverati mostravano segni di squilibrio, l’unica soluzione possibile (adottata per la (OMISSIS) dopo i fatti) era quella di trasferirli in un’altra struttura, idonea a prestare quelle particolari cure.
La Corte ha rilevato, poi, come agli imputati – il legale rappresentante della (OMISSIS) (competente sulla amministrazione della stessa ma non certo sulla diagnosi degli stati morbosi dei pazienti) ed i due infermieri del turno di notte (chiamati ad eseguire le eventuali disposizioni dei medici ma non certo ad effettuare diagnosi o a programmare cure o a disporre trasferimenti) – potevano, al piu’, essere venuti a conoscenza degli alterchi fra (OMISSIS) e (OMISSIS) come voci correnti nella struttura (una voce fra le tante) e non come una situazione che necessitava del loro intervento o della loro sorveglianza. Non potevano cosi’ essere consapevoli dello stato di pericolo reale o potenziale che il (OMISSIS) correva, perche’ il permanente ricovero nella (OMISSIS) della (OMISSIS), che non dipendeva da una loro valutazione ma atteneva alla responsabilita’ del medico curante, ne attestava, appunto, la non pericolosita’.
Un’argomentazione che, nel ricorso, ancora una volta, non si affronta e che costituisce invece l’asse portante del percorso motivazionale della Corte di assise di appello che non puo’ certo ritenersi ne’ illogico ne’ contraddittorio (neppure quando segnala che la responsabilita’ per la morte del (OMISSIS) per mano della (OMISSIS) debba essere qui valutata con i criteri propri del processo penale, anche se si tratta di decidere solo sulle statuizioni civili, e non possano pertanto trovare applicazione le disposizioni stabilite in tema di responsabilita’ per fatto dell’incapace dall’articolo 2047 del codice civile, solo in altra sede azionabili).
I ricorso della parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) vanno, pertanto, rigettati, perche’ privi di fondamento.
4 – Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascuna ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Rigetta i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e condanna ciascuna al pagamento delle spese processuali.
Cosi’ deciso in Roma, il 30 ottobre 2017.

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