Corte di Cassazione, sezione quinta civile, sentenza del 04 ottobre 2017 n. 23162. l’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi

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3.1. Premesso che la C.T.R., con accertamento in fatto non censurabile in questa sede di legittimità, ha qualificato il contribuente, in base alle caratteristiche della sua attività, lavoratore autonomo, le censure sono infondate alla luce della sentenza 24 settembre 2014, n. 228, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, qualificando la presunzione posta dalla citata norma “lesiva del principio di ragionevolezza nonchè della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”. In conseguenza della predetta pronuncia, pertanto, “non è più proponibile l’equiparazione logica tra attività d’impresa e attività professionale fatta, ai fini della presunzione posta dall’art. 32, dalla giurisprudenza di legittimità per le annualità anteriori” (Cass. n. 23041 del 2015), essendo definitivamente venuta meno la presunzione di imputazione dei prelevamenti operati sui conti correnti bancari ai ricavi conseguiti nella propria attività dal lavoratore autonomo o dal professionista intellettuale, che la citata disposizione poneva, spostandosi, quindi, sull’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare che i prelevamenti ingiustificati dal conto corrente bancario e non annotati nelle scritture contabili, siano stati utilizzati dal libero professionista per acquisti inerenti alla produzione del reddito, conseguendone dei ricavi (v. Cass. n. 23041 del 11/11/2015, n. 12781 del 21/06/2016).

3.2. Data l’estensione al caso in esame degli effetti della pronuncia di incostituzionalità del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, costituendo l’efficacia retroattiva delle pronunce di illegittimità costituzionale principio generale (che trova un unico limite, non ricorrente nel caso di specie, nei rapporti esauriti in modo definitivo), il ricorso va rigettato e va corretta la motivazione della sentenza impugnata nei termini di cui sopra.

4. Nulla sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2017

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