La nullita’ conseguente all’omessa traduzione in lingua araba del decreto di citazione a giudizio davanti al Giudice di Pace non ha carattere assoluto

Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 22 marzo 2018, n. 13371.

La nullita’ conseguente all’omessa traduzione in lingua araba del decreto di citazione a giudizio davanti al Giudice di Pace non ha carattere assoluto, ai sensi dell’articolo 179 c.p.p., non essendo stata omessa la citazione dell’imputato, ma e’ una nullita’ di ordine generale concernente l’intervento e l’assistenza dell’imputato, ed avrebbe dovuto, pertanto, essere eccepita immediatamente e comunque prima della sentenza, come si evince dagli articoli 180 e 182 c.p.p.: non puo’ essere, quindi, dedotta con il ricorso per cassazione in assenza di tempestiva eccezione davanti al Giudice di Pace.

Sentenza 22 marzo 2018, n. 13371
Data udienza 13 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco M. – Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico – Consigliere

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere

Dott. MANCUSO Fabrizio – Consigliere

Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/12/2016 del GIUDICE DI PACE di VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. GIACOMO ROCCHI;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. TAMPIERI LUCA che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Giudice di Pace di Venezia dichiarava (OMISSIS) colpevole del delitto di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 14, comma 5 ter e lo condannava alla pena della multa di Euro 15.000.
L’imputato era stato controllato a (OMISSIS) e trovato in possesso di sostanze stupefacenti; gli accertamenti eseguiti avevano permesso di verificare che, nei suoi confronti, era stato emesso un decreto di espulsione del Prefetto di Venezia e un ordine di allontanamento del Questore di Venezia notificatigli il 10/2/2015, previa traduzione in lingua araba e in lingua veicolare.
All’imputato, che era privo di documenti di identita’, era stato negato il permesso di soggiorno.
2. Ricorre per cassazione il difensore di (OMISSIS), deducendo violazione di legge processuale: il decreto di citazione davanti al Giudice di Pace non era stato tradotto in lingua araba in violazione dell’articolo 143 c.p.p., comma 2, con conseguente nullita’ del decreto stesso.
In un secondo motivo, il ricorrente deduce violazione dell’articolo 125 c.p.p., comma 3 e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del “giustificato motivo” di cui al Decreto Legislativo n. 286 del 1998, articolo 14, comma 5 ter.
L’imputato si trovava nella oggettiva impossibilita’ di ottemperare all’ordine di espulsione, essendo privo di documenti, di una stabile dimora sul territorio e di occupazione lavorativa. Il provvedimento del Questore non forniva adeguata motivazione dell’impossibilita’ di trattenere lo straniero in un centro di permanenza temporanea o di accompagnarlo alla frontiera.
In un terzo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione con riferimento al diniego delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
In effetti, la nullita’ conseguente all’omessa traduzione in lingua araba del decreto di citazione a giudizio davanti al Giudice di Pace non ha carattere assoluto, ai sensi dell’articolo 179 c.p.p., non essendo stata omessa la citazione dell’imputato, ma e’ una nullita’ di ordine generale concernente l’intervento e l’assistenza dell’imputato, ed avrebbe dovuto, pertanto, essere eccepita immediatamente e comunque prima della sentenza, come si evince dagli articoli 180 e 182 c.p.p.: non puo’ essere, quindi, dedotta con il ricorso per cassazione in assenza di tempestiva eccezione davanti al Giudice di Pace (Sez. 6, n. 44421 del 22/10/2015 – dep. 03/11/2015, Amoha Kofi, Rv. 265026; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000 – dep. 23/06/2000, Jakani, Rv. 216259).
Il secondo motivo di ricorso e’ generico.
Si deve preliminarmente osservare che l’unica dichiarazione dell’imputato riportata in sentenza e’ quella relativa al fatto che (OMISSIS) si autodefiniva “nullafacente”; affermazione la cui attendibilita’ e’ messa in dubbio dal Giudice che ha osservato che egli deteneva sostanza stupefacente.
Rispetto ad una motivazione del provvedimento del Questore da ritenersi adeguata, sia in ordine all’impossibilita’ di eseguire l’accompagnamento alla frontiera (l’imputato non aveva documenti di identita’) sia in ordine all’indisponibilita’ di posti in un centro di permanenza temporanea, la descrizione della situazione del soggetto che avrebbe impedito il suo rientro nel Paese di origine risulta generica e priva di autosufficienza.
Anche il terzo motivo di ricorso e’ infondato.
Le “risultanze documentali” cui la sentenza fa riferimento sono chiaramente quelle relative al controllo del soggetto, come si e’ gia’ anticipato trovato in possesso di sostanze stupefacenti.
Il ricorrente, comunque, non evidenzia alcun elemento che il Giudice non avrebbe tenuto in considerazione e che avrebbe giustificato la concessione del beneficio: in effetti, contrariamente a quanto sotteso in ricorso, il Giudice non deve fornire specifica motivazione per il diniego delle attenuanti generiche, ma deve farlo per la loro concessione, individuando le “altre circostanze diverse” che giustificano una riduzione della pena (articolo 62 bis c.p.)..
Il ricorso, quindi, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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