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1. Con sentenza del 13 settembre 2016 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna, con la quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena di un anno e due mesi di reclusione ed Euro millecinquecento di multa, per concorso nel favoreggiamento della presenza illegale, in Italia, della cittadina albanese, (OMISSIS), rendendosi disponibile ad unirsi in fittizio matrimonio con lei ed a prendere in locazione, a proprio nome, un’abitazione dove far risiedere la stessa (OMISSIS) e altre due donne di nazionalita’ rumena, in cambio della disponibilita’ gratuita di una casa e di un’autovettura, procurati allo stesso (OMISSIS) dai protettori stranieri delle predette donne, delle quali favorivano e sfruttavano la prostituzione; fatto commesso in (OMISSIS) il (OMISSIS) (il simulato matrimonio) e in (OMISSIS) nel (OMISSIS) (il contratto di locazione dell’appartamento dove sistemare le tre cittadine straniere).
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato tramite il difensore di fiducia, avvocato (OMISSIS), il quale deduce la nullita’ della sentenza per vizio della motivazione, e lamenta il mancato proscioglimento di (OMISSIS) perche’ non punibile per particolare tenuita’ del fatto, censurando altresi’ l’eccessiva entita’ della pena inflitta.
3. Osserva il collegio che il ricorso e’ inammissibile per le seguenti ragioni.
Il vizio di motivazione e’ oggetto di censura del tutto generica, perche’ il ricorrente non si confronta con la motivazione corretta, completa e coerente resa dai giudici di merito in punto di responsabilita’ dell’imputato per il reato ascrittogli, come illustrato nelle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata.
Manifestamente infondato e’, poi, il denunciato vizio di motivazione con riguardo all’esclusione della causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131 bis cod. pen., poiche’, contrariamente all’assunto del ricorrente, la Corte territoriale ha rappresentato, ancora una volta con argomentazioni del tutto adeguate e coerenti, la gravita’ della condotta dell’imputato, unitosi fittiziamente alla cittadina albanese, (OMISSIS), pur di ottenere i vantaggi costituiti dalla disponibilita’ gratuita di un’abitazione per un anno e di un’autovettura in via permanente, a lui procurati dagli sfruttatori della prostituzione delle cittadine straniere; con l’ulteriore annotazione che (OMISSIS) aveva riportato condanne definitive per spaccio di sostanze stupefacenti e falsita’ ideologica commessa dal privato in atto pubblico, sicche’ la sua devianza non poteva ritenersi occasionale; mentre l’allegato positivo comportamento familiare e sociale, susseguente al reato (onesto lavoro svolto in Germania dove l’imputato si e’ trasferito e ha costituito un nucleo familiare con figli), avrebbe assunto rilevanza nel corso dell’esecuzione della pena, applicata in misura molto lontana dal massimo edittale e da ritenersi congrua alla luce della gravita’ del fatto e dei precedenti penali di (OMISSIS).
4. Alla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso segue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., comma 1, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tenuto conto della inconsistenza dei motivi addotti, in Euro duemila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro alla Cassa delle Ammende.

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