In tema di esecuzione di pene detentive brevi, ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad un’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell’articolo 47 Ord. Pen., comma 3-bis, il limite edittale cui il pubblico ministero deve fare riferimento per l’emissione dell’ordine di carcerazione

Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 15 marzo 2018, n. 11916.

In tema di esecuzione di pene detentive brevi, ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad un’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell’articolo 47 Ord. Pen., comma 3-bis, il limite edittale cui il pubblico ministero deve fare riferimento per l’emissione dell’ordine di carcerazione ex articolo 656 c.p.p., commi 5 e 10, e’ quello di tre anni, essendo rimessa al Tribunale di sorveglianza ogni valutazione circa l’istanza di affidamento in prova nel caso di pena espianda, anche residua, non superiore ad anni quattro.

Sentenza 15 marzo 2018, n. 11916
Data udienza 23 febbraio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesc – rel. Presidente

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizi – Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere

Dott. BARONE Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI GENOVA;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 12/06/2017 del GIP TRIBUNALE di GENOVA;

sentita la relazione svolta dal Presidente Dott. BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO;

lette le conclusioni del P.G. Dott. ANGELILLIS Ciro, il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. (OMISSIS), nei cui confronti il Procuratore della Repubblica aveva posto in esecuzione il provvedimento di cumulo di pene concorrenti emesso il 12 maggio 2017, chiedeva al Tribunale di Genova, giudice dell’esecuzione, di dichiararne la temporanea inefficacia in quanto emesso l’ordine di esecuzione senza la preventiva sospensione ai sensi dell’articolo 656 c.p.p., comma 5, istanza accolta con ordinanza del 12 giugno 2017 e contestuale, immediata liberazione del detenuto.

2. A sostegno della decisione il tribunale richiamava la novella introdotta col Decreto Legge n. 146 del 2013, convertito in L. n. 10 del 2014, introduttivo dell’articolo 47 Ord. Pen., comma 3-bis e, con essa, l’orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto inserito il termine di anni quattro, di cui alla citata disposizione normativa, nell’applicazione dell’articolo 656 c.p.p., comma 5, di poi concludendo circa la ricorrenza dei requisiti e delle condizioni di legge per provvedere alla sospensione della esecuzione della condanna per cui e’ causa in applicazione analogica dell’articolo 670 c.p.p..

3. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica di Genova, denunciandone la illegittimita’ per violazione dell’articolo 656 c.p.p. e articolo 47 Ord. Pen., comma 3-bis, in quanto illegittimamente applicate tali norme in via analogica.

4. Con motivata requisitoria scritta il P.G. in sede, richiamando significativi arresti del giudice di legittimita’ circa i rapporti tra il novellato articolo 47 Ord. Pen. e l’articolo 656 c.p.p., comma 5, ha chiesto, richiamando il piu’ recente orientamento della Suprema Corte, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

5. Il ricorso e’ fondato.

E’ doveroso premettere che, nella specie, il P.M. ha posto in esecuzione il residuo di pena, risultante da un provvedimento di cumulo sanzionatorio, pari ad anni tre, mesi due e giorni ventidue di reclusione. Tanto premesso, il Collegio non condivide il precedente di legittimita’ secondo il quale “in tema di esecuzione di pene brevi, in considerazione del richiamo operato dall’articolo 656 c.p.p., comma 5, all’articolo 47 Ord. Pen., ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad una istanza di affidamento in prova ai sensi dell’articolo 47 Ord. Pen., comma 3 bis, il limite edittale non e’ quello di tre anni, ma di una pena da espiare, anche residua, non superiore a 4 anni.” (Sez. 1, Sentenza n. 51864 del 31.5.2016, rv. 270007, da ritenersi ormai superato da Sez. 1, Sentenza n. 46562 del 21/09/2017, Rv. 270923).

A norma infatti dell’articolo 656 c.p.p., comma 10, il Pubblico ministero, organo che cura l’esecuzione delle pene detentive, e’ tenuto a sospendere l’esecuzione dell’ordine di carcerazione, trasmettendo gli atti al Tribunale di sorveglianza, se la residua pena da espiare, determinata ai sensi dell’articolo 656 c.p.p., comma 4-bis, non supera i limiti indicati al comma 5. A norma dell’articolo 656 c.p.p., comma 5, infatti, il Pubblico ministero, deve provvedere alla determinazione della pena da espiare, a mente dell’articolo 656 c.p.p., comma 4-bis, computando le detrazioni previste dall’articolo 54 Ord. Pen. e il periodo di custodia cautelare o di pena dichiarata fungibile, e se la pena che risulta non supera il limite di tre anni, ovvero quattro anni nei casi previsti dall’articolo 47-ter Ord. Pen., comma 1, o sei anni nei casi di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 90 e 94, e’ tenuto a sospendere l’esecuzione.

Come si desume dalla complessiva ricostruzione delle richiamate disposizioni normative, la sospensione dell’ordine di carcerazione con prosecuzione del regime degli arresti domiciliari, in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza, e’ prevista unicamente quando la pena residua da espiare non e’ superiore ad anni tre, a eccezione dei casi particolari previsti dall’articolo 47-ter Ord. Pen., comma 1, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articoli 90 e 94, da calcolare tenendo conto del presofferto, delle eventuali pene fungibili e del periodo di liberazione anticipata maturato dal condannato alla data di passaggio in giudicato della sentenza.

Tanto premesso, e’ doveroso richiamare l’attenzione su alcuni elementi che consentono di escludere la possibilita’ di procedere all’indicata interpretazione evolutiva dell’articolo 656 c.p.p., comma 5. Innanzitutto, a differenza dei casi previsti dall’articolo 656 c.p.p., commi 5 e 10, l’ipotesi introdotta all’articolo 47 Ord. Pen., comma 3-bis, non puo’ avere un’applicazione “automatica” da parte dell’organo dell’esecuzione penale, essendo richiesta una specifica valutazione di merito da parte del Tribunale di sorveglianza. Infatti, “l’affidamento in prova puo’, altresi’, essere concesso al condannato (…) quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in liberta’, un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2”. E’, in effetti, richiesto che il Tribunale di sorveglianza compia, sulla base dei dati dell’osservazione anche extra muraria, una valutazione del comportamento tenuto dal condannato nell’anno precedente, non potendo attribuirsi al Pubblico ministero un potere sostitutivo, neppure in via preliminare, di tale potesta’ giurisdizionale, del tutto estraneo al suo ruolo istituzionale.

La discrezionalita’ del provvedimento giurisdizionale, agganciata a elementi valutativi compendiati in relazioni di osservazione o informazioni di polizia, e’ di ostacolo a una, anche solo sommaria, delibazione da parte dell’organo dell’esecuzione all’atto dell’emissione dell’ordine di carcerazione poiche’ il potere di sospenderne l’emissione, in vista della decisione del giudice competente, e’ di stretta interpretazione.

Deve, infine, osservarsi che il legislatore e’ recentemente intervenuto (L. 23 giugno 2017, n. 103, articolo 1, commi 82 e 85, recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”) nel settore dell’ordinamento penitenziario, dettando alcune disposizioni che sono logicamente inconciliabili con la proposta interpretazione evolutiva dell’articolo 656 cod. proc. pen.. La legge delega ha, infatti, autorizzato il Governo a emanare uno o piu’ decreti delegati che involgono il tema oggetto del giudizio, nel rispetto di specifici criteri di delega (articolo 1, comma 85, lettera c). Tra essi spicca, per la sua specifica rilevanza, la “revisione della disciplina concernente le procedure di accesso alle misure alternative, prevedendo che il limite di pena che impone la sospensione dell’ordine di esecuzione sia fissato in ogni caso a quattro anni (…)”. L’intervento del legislatore delegante corrobora, ad avviso del Collegio, l’interpretazione restrittiva dell’articolo 656 c.p.p., comma 5. E’ evidente, infatti, che il criterio di delega, volto a elevare a quattro anni il limite di pena per la sospensione obbligatoria dell’ordine di carcerazione, sarebbe superfluo nell’ottica dell’interpretazione evolutiva propugnata nel ricorso.

Cio’ premesso, nel caso di specie il Pubblico ministero ha determinato la pena da eseguire in tre anni, sei mesi e ventidue giorni di reclusione per la quale non e’ possibile sospendere l’ordine di carcerazione. L’ordinanza impugnata, non fa pertanto corretta applicazione delle indicate norme di legge, di guisa che occorre deliberarne l’annullamento con rinvio al Tribunale di Genova affinche’ provveda a nuovo esame della fattispecie portata al suo esame ad essa applicando il seguente principio di diritto: “In tema di esecuzione di pene detentive brevi, ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione correlata ad un’istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ai sensi dell’articolo 47 Ord. Pen., comma 3-bis, il limite edittale cui il pubblico ministero deve fare riferimento per l’emissione dell’ordine di carcerazione ex articolo 656 c.p.p., commi 5 e 10, e’ quello di tre anni, essendo rimessa al Tribunale di sorveglianza ogni valutazione circa l’istanza di affidamento in prova nel caso di pena espianda, anche residua, non superiore ad anni quattro”.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al GIP del Tribunale di Genova. Si comunichi al P.M. presso detto Tribunale.

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