Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 8 marzo 2018, n. 5579. In ipotesi di interruzione del processo per morte della parte è necessario che il ricorso in riassunzione contenga gli estremi della domanda ai fini di una valida ricostituzione del contraddittorio

In ipotesi di interruzione del processo per morte della parte è necessario che il ricorso in riassunzione contenga gli estremi della domanda ai fini di una valida ricostituzione del contraddittorio; ove non rispondente al requisito contenutistico, l’atto di riassunzione è nullo e tale nullità è sanabile per effetto della costituzione in giudizio di tutti gli eredi; in difetto di sanatoria, la nullità degli atti successivi alla interruzione del processo, conseguente alla invalidità della riassunzione del medesimo, determina un vizio della sentenza che si converte in motivi di gravame e che postula da parte del giudice d’appello l’esercizio dei poteri sostitutivi propri del tipo di impugnazione

Ordinanza 8 marzo 2018, n. 5579
Data udienza 20 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28351/2013 proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS): nella qualita’ di eredi di (OMISSIS) e (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1293/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 01/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/12/2017 dal cons. Dott. FRANCESCO TERRUSI.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

nell’anno 1990 (OMISSIS) convenne dinanzi al tribunale di Catanzaro il ministero delle Finanze e il ministero della Marina Mercantile, chiedendo che fosse accertata la non demanialita’ di un’area occupata da tempo immemorabile e l’avvenuta acquisizione della proprieta’ per usucapione;

le amministrazioni si costituirono spiegando domande riconvenzionali di rilascio e di risarcimento dei danni;

il processo venne interrotto per morte dell’attrice, indi fu riassunto dalle amministrazioni nei confronti degli eredi; si costitui’ il solo erede (OMISSIS), eccependo la nullita’ dell’atto di riassunzione per difetto dei requisiti di cui all’articolo 303 c.p.c.; il tribunale di Catanzaro, con sentenza non definitiva del 5-6-1997, rigetto’ le domande principali e accolse le riconvenzionali, rimettendo la causa sul ruolo per la determinazione del danno; quindi, con sentenza definitiva del 2-10-2007, liquido’ il danno nella somma di giustizia, con rivalutazione e interessi;

le sentenze vennero impugnate dagli eredi di (OMISSIS) e (OMISSIS), anch’egli nel frattempo deceduto;

la corte d’appello di Catanzaro ha accolto il gravame con specifico riferimento al primo motivo, col quale era stata dedotta la nullita’ del ricorso in riassunzione perche’ privo di ogni riferimento all’oggetto del processo riassunto; ha quindi dichiarato la nullita’ delle sentenze e l’estinzione del giudizio;

i ministeri interessati hanno proposto, per il tramite dell’avvocatura dello Stato, ricorso per cassazione affidato a un motivo, che denunzia la violazione dell’articolo 156 c.p.c. e articolo 125 att. c.p.c.; gli intimati non hanno svolto difese.

Considerato che:

il ricorso e’ fondato nello specifico senso che segue;

l’atto di riassunzione conteneva la seguente premessa: “pende avanti a questo Tribunale, g.i. dott. (OMISSIS), giudizio civile promosso dalla sig.ra (OMISSIS), dante causa degli odierni convenuti, con atto notificato il 6.9.1990 alle intestate amministrazioni, regolarmente costituite in giudizio”;

nell’atto le amministrazioni riassumenti cosi’ si erano espresse: “all’udienza del 17.1.1996 il g.i. dott. (OMISSIS) ha dichiarato interrotto il giudizio per l’intervenuta morte della sig.ra (OMISSIS)”, ed e’ “interesse delle Amm.ni riassumere il giudizio (..) nei confronti degli eredi”;

nelle date condizioni la corte d’appello ha ritenuto la nullita’ dell’atto di riassunzione “in quanto privo di qualsivoglia riferimento all’oggetto del giudizio, al contenuto della domanda attrice ed alla domanda riconvenzionale”;

invero la corte territoriale ha considerato codesti requisiti necessari “essendo defunta l’unica parte costituita ed essendo subentrata alla stessa gli eredi che non erano parti nel giudizio”; donde la nullita’ non era sanabile dalla costituzione di uno solo dei detti eredi;

la conclusione e’ da questo punto di vista corretta, in quanto l’interruzione era stata appunto determinata dalla morte dell’unica parte costituita, e di cio’ non tengono conto le amministrazioni ricorrenti, le quali richiamano il diverso orientamento relativo al venir meno della capacita’ di stare in giudizio della persona giuridica (per lo piu’ a seguito di fusione societaria): in quel caso, rileva soltanto l’articolo 125 att. c.p.c., che richiede che l’atto contenga gli elementi sufficienti a individuare il giudizio che si intende far proseguire (v. Cass. n. 17679-09, Cass. n. 1016-13, Cass. n. 7661-15), mentre, in caso di morte della parte unicamente costituita, la necessita’ che l’atto di riassunzione contenga anche “gli estremi della domanda” discende direttamente dall’articolo 303 c.p.c., comma 2;

questa Corte ha chiarito che per l’appunto nella (sola) ipotesi di interruzione del processo per morte della parte e’ necessario che il ricorso in riassunzione contenga gli estremi della domanda ai fini di una valida ricostituzione del contraddittorio (v. Cass. n. 8840-07), e che invece eguali esigenze non sussistono allorquando, immutata la parte, l’evento interruttivo abbia riguardato per esempio il difensore; va in particolare confermato che, ove non rispondente al requisito contenutistico, l’atto di riassunzione e’ nullo e tale nullita’ e’ sanabile per effetto della costituzione in giudizio di tutti gli eredi, non di uno solo di essi (v. Cass. n. 9432-98), restando irrilevante il diverso trattamento previsto nell’ipotesi di notifica dell’atto a uno solo di essi o di notifica nulla nei confronti di alcuni dei litisconsorti necessari, giacche’ questo non afferisce a ipotesi di nullita’ dell’atto ma della sua notificazione (cfr. Cass. n. 13736-05);

tuttavia la corte distrettuale ha errato nella determinazione delle conseguenze in ordine al tipo di decisione da assumere nella sede di appello, essendo stato il gravame proposto da tutti i coeredi;

qualora infatti si verifichi, nel processo di primo grado, un evento interruttivo cui faccia seguito un invalido atto di riassunzione, il giudice di appello, a cui tale invalidita’ venga prospettata, deve comunque decidere la causa nel merito, non potendo ne’ rimetterla al primo giudice – trattandosi di eventualita’ non prevista dagli articoli 353 e 354 c.p.c. – ne’ definirla con statuizione solo processuale;

il citato obbligo di decidere in ogni caso la causa nel merito deriva dalla natura dell’appello, che integra un’impugnazione sostitutiva, al punto che, ove con l’appello non fosse avanzata alcuna censura di merito contro la sentenza di primo grado, per essere il gravame limitato al solo rilievo dei vizi dell’atto di riassunzione, sarebbe corretta la decisione del giudice di secondo grado dichiarativa dell’inammissibilita’ dell’impugnazione (cfr. Cass. Sez. U n. 12644-08, cui adde Cass. n. 2682-15);

in altre parole, la nullita’ degli atti successivi alla interruzione del processo, conseguente alla invalidita’ della riassunzione del medesimo, determina un vizio della sentenza che si converte in motivi di gravame e che postula da parte del giudice d’appello l’esercizio dei poteri sostitutivi propri del tipo di impugnazione;

poiche’ la stessa sentenza da’ atto che, con l’appello, erano state prospettate anche censure di merito in ordine a entrambe le sentenze, non definitiva e definitiva, ne consegue che mai si sarebbe potuto definire il giudizio semplicemente dichiarando la nullita’ delle sentenze e l’estinzione del giudizio;

la sentenza della corte d’appello di Catanzaro va cassata con rinvio, affinche’ la medesima corte, in diversa composizione, decida la causa uniformandosi agli esposti principi;

il giudice del rinvio provvedera’ anche alle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Catanzaro.

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