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4.2. Prima della chiusura del conto, infatti, non essendo il saldo passivo immediatamente esigibile, se non eccedente l’importo dell’affidamento concesso al correntista, soltanto i versamenti eseguiti in presenza di uno scoperto e volti a ricondurre il predetto saldo nei limiti del fido sono qualificabili come pagamenti, la cui effettuazione ad estinzione di un debito totalmente o parzialmente inesistente, in quanto determinato in applicazione di una clausola nulla, fa sorgere il diritto alla ripetizione, con la conseguente decorrenza del termine di prescrizione. Non compete tuttavia al correntista l’allegazione della mancata effettuazione di tali versamenti, trattandosi di un fatto negativo estraneo alla fattispecie costitutiva del diritto azionato, formata esclusivamente dall’illegittimo computo degl’importi annotati in conto per interessi e commissione di massimo scoperto, e non implicante necessariamente la contestazione dei movimenti che ne hanno causato l’addebito (i quali possono ben essere ritenuti dal correntista effettivamente esistenti e correttamente contabilizzati), ma solo quella delle partite periodicamente iscritte al predetto titolo. Incombe invece alla banca che eccepisca la prescrizione del credito l’onere di far valere l’avvenuta effettuazione di rimesse solutorie in pendenza del rapporto, non essendo configurabile, in mancanza di tali versamenti, l’inerzia del creditore, che rappresenta il fatto costitutivo dell’eccezione: non merita dunque consenso la contraria opinione del ricorrente, fondata sul richiamo al pur condivisibile orientamento della giurisprudenza di legittimita’ in tema di prescrizione, secondo cui la relativa eccezione deve ritenersi validamente proposta mediante la mera allegazione dell’inerzia del titolare del diritto, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la mancata individuazione del termine applicabile e del momento iniziale o finale di esso, in quanto si tratta di questioni giuridiche, in ordine alle quali il giudice non e’ vincolato dalle allegazioni di parte (cfr. Cass., Sez. 1, 27/07/2016, n. 15631; 24/05/2007, n. 11843; Cass., Sez. lav., 17/03/2009, n. 6459).
4.3. L’esclusione della decorrenza della prescrizione prima della chiusura del conto ed in mancanza di rimesse solutorie non comporta affatto l’imprescrittibilita’ del diritto del correntista, ma costituisce espressione del principio generale actio nondum nata non praescribitur, consacrato nell’articolo 2935 cod. civ. e valevole per tutti i diritti disponibili, trovando giustificazione, come si e’ detto, nelle caratteristiche specifiche del conto corrente bancario, che, escludendo l’esigibilita’ del saldo in pendenza del rapporto, impediscono di ravvisare un pagamento prima della sua estinzione, a meno che il conto non presenti un saldo debitore superiore all’importo del fido accordato al cliente. E’ manifestamente infondata, pertanto, la questione di legittimita’ costituzionale dell’articolo 2935 cod. civ., sollevata peraltro sulla base del richiamo ad alcune sentenze della Corte EDU riguardanti la violazione delle garanzie dell’equo processo e della certezza giuridica previste dall’articolo 6 della CEDU e dall’articolo 1 del Primo Protocollo addizionale alla stessa, che si riferiscono a fattispecie prive di qualsiasi punto di contatto con quella in esame, in quanto aventi ad oggetto rispettivamente la mancata previsione di limitazioni temporali all’esercizio dell’azione disciplinare nei confronti di un magistrato (sent. 9/01/2013, Volkov c. Ucraina) ed il riconoscimento di un eccessivo margine di arbitrarieta’ all’autorita’ procedente ai fini dell’apertura, della chiusura e della riapertura del procedimento di confisca di redditi ingiustificati (sent. 3/03/2015, Dimitrovi c. Bulgaria).
5. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’articolo 345 cod. proc. civ., rilevando che, nell’assumere pari a zero il saldo del conto al 1 gennaio 1987, la Corte di merito non ha considerato che l’attrice, nel chiedere il ricalcolo delle partite contabili, non aveva contestato specificamente il saldo risultante dagli estratti conto alla predetta data, la cui attendibilita’ era stata posta in discussione soltanto nell’atto di appello.
6. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 2729 cod. civ., sostenendo che, nell’escludere l’attendibilita’ del saldo risultante dagli estratti conto al 1 gennaio 1987, la sentenza impugnata ha presunto che lo stesso costituisse il risultato dell’applicazione delle clausole contrattuali dichiarate nulle, senza che vi fosse alcuna prova o indizio della loro applicazione nel periodo anteriore alla predetta data.
7. Con il sesto motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2697 c.c., commi 1 e 2, affermando che, nel porre a carico di esso convenuto la prova del saldo iniziale, la Corte di merito non ha considerato che, anche alla luce della mancata contestazione degli estratti conto, l’onere della prova incombeva alla cliente che aveva agito per l’accertamento del proprio credito e la ripetizione delle somme addebitate. Nel presumere l’avvenuta applicazione delle clausole nulle anche nel periodo anteriore al 1 gennaio 1987, la sentenza impugnata ha invertito l’onere della prova, senza che ricorressero i presupposti per l’applicabilita’ del principio della vicinanza della prova, operante soltanto nei casi in cui la ripartizione degli oneri probatori risulti oggettivamente dubbia.
8. Con l’ottavo motivo, il ricorrente deduce la violazione dell’articolo 2220 cod. civ. e del Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385, articolo 119, u.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha fatto riferimento all’obbligo della banca di conservare la documentazione contabile, sebbene la domanda di accertamento e ripetizione fosse stata proposta dalla correntista, alla quale incombeva pertanto l’onere della prova del credito.
9. Le predette censure, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riguardanti profili diversi della medesima questione, sono in parte infondate, in parte inammissibili.
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