Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
sentenza 5 agosto 2014, n. 17625
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico – Presidente
Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere
Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere
Dott. GHINOY Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 24767-2011 proposto da:
(OMISSIS) S.P.A. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6335/2010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 16/10/2010 R.G.N. 2378/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/06/2014 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Dopo aver rassegnato le proprie giustificazioni ed essere stato ascoltato ai sensi dell’articolo 36 punti 3 e 4 CCNL, riferi’ di aver ricevuto in data 28 luglio 2004 ulteriore contestazione relativa alla propria partecipazione il giorno (OMISSIS) ad altro concorso ippico presso l’ippodromo di (OMISSIS), perche’ in contrasto con malattia descritta nella certificazione medica da lui prodotta.
Quindi dedusse di aver ricevuto, con r.r. 9 agosto 2004, intimazione di licenziamento per giusta causa.
Cio’ premesso, ritenuto di aver svolto una attivita’ compatibile con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa, ed inidonea a pregiudicare il recupero delle normali energie lavorative, convenne in giudizio la societa’ per conseguire pronuncia dichiarativa della illegittimita’ del licenziamento intimato e di condanna di controparte alla reintegra nel posto di lavoro con le conseguenze risarcitorie connesse alla applicabilita’ della Legge n. 300 del 1970, articolo 18 da commisurare su di una base retributiva mensile iniziale di euro 2.163,14 lorde.
Costituitasi in giudizio, la societa’ (OMISSIS) s.p.a., nel ribadire la sussistenza della giusta causa di licenziamento riconducibile al comportamento del lavoratore del tutto inadempiente rispetto agli obblighi scaturenti dalla obbligazione lavorativa, ed oggetto di provvedimenti disciplinari in precedenza irrogati, concluse per il rigetto del ricorso con vittoria di spese. Espletata attivita’ istruttoria mediante il libero interrogatorio del ricorrente, l’audizione di taluni testimoni e l’espletamento di accertamenti di natura medico-legale, con sentenza 17/3/08 il Tribunale dichiaro’ l’illegittimita’ del provvedimento espulsivo irrogato, ordinando alla societa’ resistente la reintegra del (OMISSIS) nel posto di lavoro, o a scelta del ricorrente, a corrispondergli un’indennita’ pari a 15 mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto percepita nel corso del rapporto, nonche’ al risarcimento del danno corrispondente alla retribuzione globale di fatto, pari alla somma mensile netta di euro 1.088,00 dal di’ del licenziamento sino al saldo, oltre alla regolarizzazione del rapporto contributivo.
2. Avverso tale decisione, con ricorso del 17 marzo 2009 ha interposto tempestivo gravame la (OMISSIS) s.p.a. affidandosi ad articolati motivi di censura con i quali ha chiesto riformarsi l’impugnata sentenza ed integralmente respingersi le pretese ex ad verso azionate.
Ritualmente instaurato il contraddittorio, si e’ costituito il (OMISSIS) che con diffuse argomentazioni ha resistito al gravame di cui ha chiesto la reiezione, nel contempo spiegando appello incidentale con il quale ha chiesto la condanna della controparte al risarcimento del danno corrispondente alla retribuzione globale di fatto da calcolarsi su una base mensile iniziale di euro (lordi) 2.163,14.
Con sentenza del 5-16 ottobre 2010 la Corte d’appello di Napoli ha rigettato l’appello principale ed, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, che nel resto ha confermato, ha condannato la (OMISSIS) s.p.a. al risarcimento del danno in favore di controparte commisurato alla retribuzione globale di fatto, pari alla somma lorda di euro 2.163,14, dal di’ del licenziamento sino alla effettiva reintegra, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione dei crediti sino al saldo. Ha compensato fra le parti le spese del grado.
3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione la societa’ con cinque motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
Con il primo motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione della Legge n. 300 del 1970, articolo 7 nonche’ degli articoli 1362 e 1363 in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3. In particolare deduce che, diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’appello, rispetto agli addebiti cristallizzati nelle due lettere di contestazione disciplinare del 15 luglio 2004 e del 28 luglio 2004, la societa’ tangenziale di Napoli non ha fatto valere in sede giudiziale alcuna circostanza nuova e/o argomentazioni ulteriori (quale la simulazione dello stato morboso del dipendente) tale da modificare il fatto costitutivo del diritto di recesso, consistente nell’aver il dipendente svolto attivita’ di partecipazione al due concorsi ippici in qualita’ di conducente in costanza del periodo di assenza per malattia nei giorni tra il (OMISSIS) e nell’aver consegnato in ritardo la certificazione medica di giustificazione dell’assenza (solamente in data (OMISSIS)) e da implicare una diversa valutazione dell’infrazione disciplinare.
Con il secondo motivo la societa’ ricorrente denuncia omessa motivazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (raggiunta la prova della violazione degli obblighi di correttezza e buona fede da parte del dipendente a fronte della specifica prescrizione di riposo medico fino a tutto l'(OMISSIS)).
Con il terzo motivo la societa’ ricorrente lamenta la violazione nonche’ falsa applicazione degli articoli 2110, 2104, 2105 e 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Con il quarto motivo la societa’ ricorrente denuncia omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5 (raggiunta la prova della prima ordinazione della condotta del dipendente-mancata valutazione della produzione del certificato medico oltre i termini previsti dal contratto collettivo).
Con il quinto ed ultimo motivo la societa’ ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli articoli 2119 e 2106 c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
2. Il ricorso – i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente – e’ fondato.
3. Le circostanze di fatto rilevanti in causa sono state puntualmente ricostruite dalla sentenza impugnata.
E’ emerso che il (OMISSIS), dipendente della societa’ ricorrente con mansioni di esattore al casello della (OMISSIS), il giorno (OMISSIS) interrompeva momentaneamente la prestazione lavorativa per recarsi al pronto soccorso dove gli veniva diagnosticata la malattia consistente in “cervicalgia muscolo tensiva con difficolta’ di movimento”. Riprendeva non di meno il lavoro per altre due ore, ma poi era assente dal lavoro per malattia a partire dal (OMISSIS). La sera del primo giorno di assenza per malattia – il (OMISSIS) – il (OMISSIS) prendeva parte ad un concorso ippico presso l’ippodromo di (OMISSIS) come driver in una corsa di trotto a cavallo con calesse. Perdurando lo stato di malattia e l’assenza dal lavoro, per cui veniva effettuata anche visita fiscale in data (OMISSIS) confermativa della infermita’ denunciata, la sera di gualche giorno dopo – l'(OMISSIS), ultimo giorno del periodo di malattia – il (OMISSIS) prendeva parte ad altro concorso ippico presso l’ippodromo (OMISSIS). Solo in data 14 luglio 2014 egli, quando ormai aveva gia’ ripreso il servizio per essere cessato lo stato di malattia, consegnava alla societa’ la documentazione medica attestante lo stato morboso. Seguono – il 15 luglio 2014 – la lettera di contestazione degli addebiti, consistenti nei fatti suddetti (svolgimento di attivita’ sportiva agonistica in due circostanze in costanza di assenza dal lavoro per malattia; ritardo nella produzione della documentazione dello stato di malattia), e poi il licenziamento per giusta causa con comunicazione del 9 agosto 2004.
4. Un primo profilo controverso riguarda l’ipotizzata fraudolenta simulazione dello stato di malattia.
In proposito questa Corte (ex plurimis Cass., sez. lav., 29 novembre 2012, n. 21253) ha affermato che lo svolgimento di altra attivita’ lavorativa da parte del dipendente assente per malattia puo’ giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedelta’, oltre che nell’ipotesi in cui tale attivita’ esterna sia per se’ sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione, anche nel caso in cui la medesima attivita’, valutata con giudizio “ex ante” in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia.
Ma nella specie correttamente la Corte d’appello non tiene conto della allegata valorizzazione dei fatti suddetti, ad opera della difesa della societa’, per sostenere – secondo la sua prospettazione difensiva – la fraudolenta simulazione dello stato di malattia da parte del (OMISSIS) per poter partecipare ai due concorsi ippici del 3 e dell’11 luglio 2014.
E’ vero che lo svolgimento di attivita’ diversa da quella dedotta nel rapporto di lavoro in costanza di malattia puo’ essere valutata dal giudice come elemento indiziario dell’insussistenza della malattia stessa e quindi della sua fraudolenta simulazione da parte del lavoratore. Cfr. Cass., sez. lav., 7 giugno 1995, n. 6399, che ha affermato che lo svolgimento di altra attivita’ lavorativa da parte del dipendente assente per malattia puo’ giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedelta’ ove tale attivita’ esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per se’ sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una sua fraudolente simulazione ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l’attivita’ stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore.
Ma occorre che questo profilo fattuale emerga; chiaramente dalla contestazione dell’addebito, che non consiste piu’ soltanto nell’aver svolto un’attivita’ ulteriore in costanza di malattia, ma nel fatto – ben piu’ grave – di aver simulato la malattia sottraendosi all’obbligo di svolgere la prestazione lavorativa, simulazione desumibile dallo svolgimento di un’attivita’ ulteriore in costanza di malattia. Nella specie la Corte d’appello ha agevolmente verificato che nella comunicazione dell’addebito i fatti contestati non erano affatto specificamente allegati dalla societa’ per incolpare il lavoratore di un’asserita fraudolenta simulazione dello stato di malattia. Anche se l’accostamento (nella comunicazione degli addebiti) dell’impedimento temporaneo a svolgere la prestazione lavorativa all’effettuazione di un’attivita’ sportiva agonistica in due occasioni, coincidenti con l’inizio e la fine della malattia, poteva suggerire il ragionevole dubbio di come il (OMISSIS), non idoneo al lavoro, potesse essere, nello stesso tempo, idoneo all’attivita’ sportiva agonistica suddetta, e’ insuperabile pero’ la considerazione che il profilo della fraudolenta simulazione dello stato di malattia non poteva essere affidato ad una mera deduzione e alla suggestione insinuante che tale accostamento poteva evocare, ma esso avrebbe richiesto – anche per la ben diversa gravita’ che i fatti addebitati avrebbero assunto – una specifica e chiara contestazione per porre il lavoratore in condizione di comprendere bene l’addebito contestagli e di potersi difendere.
Quindi, in sostanza, lo stato di malattia “cervicalgia muscolo tensiva con difficolta’ di movimento” non puo’ considerarsi un dato controverso per il solo fatto che contestualmente il lavoratore abbia svolto un’attivita’ agonistica sportiva, ma l’accostamento di quest’ultimo alla legittima condizione di astensione dall’attivita’ lavorativa rilevava sotto il profilo delle cautele e del comportamento secondo buona fede e correttezza che il lavoratore avrebbe dovuto tenere.
E’ pertanto immune da censure l’affermazione della sentenza impugnata che motivatamente afferma che il thema decidendum va circoscritto allo specifico contenuto della contestazione degli addebiti e quindi, in particolare, alla questione della incidenza, o no, che l’attivita’ sportiva agonistica svolta dal (OMISSIS) in due circostanze – il 3 e l’11 luglio 2014 – abbia esercitato sulla possibilita’ di recupero delle energie psicofisiche da parte del dipendente.
5. Cio’ premesso, la Corte d’appello – altrettanto correttamente – afferma che lo stato di malattia del lavoratore ex articolo 2110 c.c. non comporta l’impossibilita’ assoluta di svolgere qualsiasi attivita’, ma e’ solo impeditivo delle normali prestazioni lavorative del dipendente; di guisa che, nel caso di un lavoratore assente per malattia il quale sia stato sorpreso nello svolgimento di altre attivita’ spetta al dipendente, secondo il principio della distribuzione dell’onere della prova, dimostrare la compatibilita’ di dette attivita’ con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa e quindi la loro idoneita’ a pregiudicare il recupero delle normali energie psico-fisiche, restando peraltro la relativa valutazione riservata al giudice del merito all’esito di un accertamento da svolgersi non in astratto ma in concreto.
Quindi la Corte territoriale muove da un corretto principio di diritto: il lavoratore assente per malattia, che quindi legittimamente non effettua la prestazione lavorativa, non per questo deve astenersi da ogni altra attivita’, quale in ipotesi un’attivita’ ludica o di intrattenimento, ma quest’ultima non solo deve essere compatibile con lo stato di malattia, ma deve essere altresi’ conforme all’obbligo di correttezza e buona fede, gravante sul lavoratore, di adottare ogni cautela idonea perche’ cessi lo stato di malattia con conseguente recupero dell’idoneita’ al lavoro.
In proposito questa Corte (Cass., sez. lav., 21 aprile 2009, n. 9474) ha affermato che l’espletamento di altra attivita’, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia e’ idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro (solo) laddove si riscontri che l’attivita’ espletata, costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione.
6. L’accertamento peritale svolto in causa ha consentito di verificare che la malattia diagnosticata al dipendente in occasione della visita cui egli si era sottoposto al pronto soccorso dell’ospedale (OMISSIS) (cervicalgia acuta) – peraltro riprendendo, nell’immediato, il lavoro per le due ore successive alla visita medica per poi iniziare il giorno dopo (quello della prima competizione agonistica cui il (OMISSIS) ha partecipato) il periodo di assenza per malattia – rendeva il dipendente temporaneamente inabilitato a svolgere l’attivita’ lavorativa di operatore al casello di pedaggio perche’ quest’ultima implicava continue e ripetute rotazioni laterali del collo, unitamente al costante utilizzo dell’arto superiore sinistro.
Sempre l’elaborato peritale ha poi consentito di accertare che, diversamente dall’attivita’ lavorativa, il suddetto stato di malattia non era invece impeditivo dell’attivita’ sportiva di driver nell’ambito del trotto con calesse in ragione della durata non superiore a due o tre minuti della gara ippica e alla mancanza di particolari scuotimenti o sollecitazioni al rachide.
Infine lo stesso accertamento peritale da atto – come risulta dalla sentenza impugnata – che per la malattia diagnosticata al lavoratore “i comuni presidi terapeutici contemplano riposo ed eventualmente, nelle fasi acute, l’assunzione di farmaci antidolorifici, antinfiammatori e miorilassanti”.
Pertanto la cautela di base per favorire il superamento dello stato di malattia ed il recupero dell’idoneita’ lavorativa consisteva nel “riposo”, mentre la terapia farmacologica era indicata solo nelle fasi acute.
La forte d’appello si e’ limitata a verificare, richiamando le risultanze della c.t.u., che le gare di trotto con calesse non comportassero “particolari scuotimenti o sollecitazioni del rachide”; cio’ che “non puo’ compromettere ne’ tanto meno ritardare la guarigione”. Ma non ha esteso la sua indagine al rispetto dell’obbligo di correttezza e buona fede che richiedeva che il lavoratore adottasse le cautele del caso, ossia quei “comuni presidi terapeutici” che, per la patologia lamentata dal lavoratore, contemplavano – secondo il c.t.u. – essenzialmente il “riposo” e solo nelle fasi acute l’assunzione di farmaci antidolorifici, antinfiammatori e miorilassanti.
L’affermazione della Corte territoriale secondo cui la partecipazione del lavoratore a due concorsi ippici non aveva inciso sulla doverosa attenzione che il lavoratore avrebbe dovuto prestare al recupero psico-fisico mal si concilia con l’affermazione del c.t.u., di cui da atto la sentenza impugnata, secondo cui la prima cautela era null’altro che il riposo. Tale insufficiente indagine, sotto questo versante, si accentua con riferimento in particolare al secondo episodio contestato dalla societa’ al dipendente: la partecipazione ad un concorso ippico “in trasferta” dell’11 luglio 2014 che aveva richiesto un viaggio per andare a Roma per partecipare alla gara ippica alle 22.10 e poi ritornare in sede per riprendere il lavoro il giorno dopo. La Corte territoriale ha ritenuto assorbito il profilo dello stress del viaggio, dedotto dalla societa’ appellante, e dell’incidenza sulla muscolatura cervicale e dorsale interessata dalla patologia denunciata, mentre tale profilo apparteneva alla piu’ ampia verifica del rispetto dell’obbligo di cautela gravante sul lavoratore in malattia.
Del resto, in riferimento a questa seconda competizione’sportiva, l’impugnata sentenza non ha mancato di osservare da una parte che la competizione ebbe luogo all’ippodromo di (OMISSIS) alle (OMISSIS), ossia “al termine dell’ultimo giorno di malattia allorche’ la guarigione era certamente avvenuta”; d’altra parte ha rilevato che il primo turno di lavoro decorreva dalle 22,00 alle 6.00 di ogni giorno. E’ allora rimasto in ombra l’apparente distonia tra la ritenuta guarigione al momento della seconda competizione ippica e la contestuale i decorrenza di un turno di lavoro in cui astrattamente avrebbe potuto essere impiegato il lavoratore per essere gia’ intervenuta la guarigione.
7. Nel complesso quindi l’impugnata sentenza risulta affetta dal denunciato vizio di motivazione per non aver approfondito il profilo del rispetto da parte del lavoratore in malattia dell’obbligo di cautela per favorire la propria guarigione; profilo questo che assorbe quello del ritardo nella produzione della documentazione medica attestante lo stato di malattia.
8. Il ricorso va quindi accolto nei limiti di cui si e’ detto.
L’impugnata sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione.
Leave a Reply