Suprema Corte di Cassazione
sezione lavoro
Sentenza 15 gennaio 2014, n. 688
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido – Presidente
Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28603-2008 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimate –
avverso la sentenza n. 1127/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 26/11/2007 r.g.n. 106/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI Guido – Presidente
Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere
Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. BUFFA Francesco – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28603-2008 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);
– intimate –
avverso la sentenza n. 1127/2007 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 26/11/2007 r.g.n. 106/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dipendenti Inps, convennero in giudizio l’Istituto per sentirlo condannare al pagamento dei compensi incentivanti di cui alla Legge n. 88 del 1989, articolo 18, anche per le giornate nelle quali avevano fruito dei permessi per assistenza a persone con handicap Legge n. 104 del 1992, ex articolo 33, comma 3.
Il Giudice adito accolse la domanda e la Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 19.10 – 28.11.2007, rigetto’ il gravame dell’Istituto.
A sostegno del decisum la Corte territoriale, per cio’ che ancora qui rileva, osservo’ quanto segue:
– in base alla normativa di riferimento doveva ritenersi che i riposi ex Legge n. 104 del 1992 erano equiparati ai riposi per le lavoratrici madri e, come gli stessi, erano considerati ore lavorative a tutti gli effetti, cio’ che significava che il trattamento da corrispondere in relazione a tali permessi doveva essere esattamente quello che veniva corrisposto in caso di effettiva prestazione lavorativa;
– alla luce di tale assetto normativo di piena equiparazione fra i permessi ex Legge n. 104 del 1992 e quelli per le lavoratrici madri, i quali ultimi comportavano il diritto ad una indennita’ corrispondente esattamente alla retribuzione corrisposta per l’effettiva prestazione lavorativa, non rilevava la circostanza che il CCNL per il periodo normativo 1994-97, che oltretutto non aveva disciplinato i permessi incentivanti di cui alla Legge n. 88 del 1989, nulla avesse disposto per i permessi anzidetti, ma che lo avesse fatto solo nel 2003, non potendosi interpretare il silenzio sul punto come eventuale, ma non consentita, deroga al quadro normativo;
– ne’ risultava esistente, non avendone l’Inps mai fatto produzione, alcuna contrattazione articolata dell’Ente, delegata dalla Legge n. 88 del 1989, articolo 18 a disciplinare l’erogazione dei compensi incentivanti, dalla quale, fatto comunque salvo quanto gia’ osservato, potesse trovare conferma l’assunto dell’Istituto secondo il quale i compensi incentivanti de quibus avrebbero dovuto essere corrisposti solo per le ore effettivamente lavorate.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Inps ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo.
Le intimate (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensiva.
Il Giudice adito accolse la domanda e la Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 19.10 – 28.11.2007, rigetto’ il gravame dell’Istituto.
A sostegno del decisum la Corte territoriale, per cio’ che ancora qui rileva, osservo’ quanto segue:
– in base alla normativa di riferimento doveva ritenersi che i riposi ex Legge n. 104 del 1992 erano equiparati ai riposi per le lavoratrici madri e, come gli stessi, erano considerati ore lavorative a tutti gli effetti, cio’ che significava che il trattamento da corrispondere in relazione a tali permessi doveva essere esattamente quello che veniva corrisposto in caso di effettiva prestazione lavorativa;
– alla luce di tale assetto normativo di piena equiparazione fra i permessi ex Legge n. 104 del 1992 e quelli per le lavoratrici madri, i quali ultimi comportavano il diritto ad una indennita’ corrispondente esattamente alla retribuzione corrisposta per l’effettiva prestazione lavorativa, non rilevava la circostanza che il CCNL per il periodo normativo 1994-97, che oltretutto non aveva disciplinato i permessi incentivanti di cui alla Legge n. 88 del 1989, nulla avesse disposto per i permessi anzidetti, ma che lo avesse fatto solo nel 2003, non potendosi interpretare il silenzio sul punto come eventuale, ma non consentita, deroga al quadro normativo;
– ne’ risultava esistente, non avendone l’Inps mai fatto produzione, alcuna contrattazione articolata dell’Ente, delegata dalla Legge n. 88 del 1989, articolo 18 a disciplinare l’erogazione dei compensi incentivanti, dalla quale, fatto comunque salvo quanto gia’ osservato, potesse trovare conferma l’assunto dell’Istituto secondo il quale i compensi incentivanti de quibus avrebbero dovuto essere corrisposti solo per le ore effettivamente lavorate.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, l’Inps ha proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo.
Le intimate (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno svolto attivita’ difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunciando violazione di plurime norme di legge, il ricorrente, richiamata la normativa di riferimento, osserva che, nel settore privato, i permessi per assistere parenti entro il quarto grado comportano la riduzione delle ferie e della tredicesima mensilita’, nonche’ danno diritto al riconoscimento della contribuzione figurativa, mentre nel settore pubblico nessuna decurtazione avviene a seguito della fruizione dei permessi in parola e la contribuzione versata e’ quella effettiva; sulla base di tali considerazioni deduce l’erroneita’ della pronuncia impugnata per non avere la Corte territoriale tenuto conto di tali peculiarita’ proprie del settore pubblico.
1.1 Osserva la Corte che, a mente della Legge n. 104 del 1992 e successive modifiche, articolo 33, comma 3, primo periodo, “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravita’, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita’ abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta’ oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”; il successivo comma 4 prevede poi che “Ai pendessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti alla citata Legge n. 1204 del 1971, articolo 7, si applicano le disposizioni di cui alla Legge n. 1204 del 1971, medesimo articolo 7, u.c., nonche’ quelle contenute nella Legge 9 dicembre 1977, n. 903, articoli 7 e 8 “; sulla base di tale disposto normativo, anche in relazione all’espresso richiamo fatto alla Legge n. 903 del 1977, articolo 8 (abrogato dal Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 86, comma 2, che tuttavia, all’articolo 43 riproduce una disposizione di analogo contenuto), che, ai primi due commi, prevede che per i riposi di cui alla Legge n. 1204 del 1971, articolo 10 sia dovuta dall’ente assicuratore un’indennita’ pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi medesimi e che tale indennita’ sia anticipata dal datore di lavoro e sia poi portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti, l’Istituto ricorrente delinea le differenze tra settore pubblico e privato poste a fondamento del motivo.
Tuttavia il Decreto Legge n. 324 del 1993, articolo 2, comma 3 ter, convenuto con modificazioni in Legge n. 423 del 1993, stabilisce che “Legge 5 febbraio 1992, n. 104, articolo 33, comma 3 le parole “hanno diritto a tre giorni di permesso mensile” devono interpretarsi nel senso che il permesso mensile deve essere comunque retribuito”; lo stesso ricorrente osserva, condivisibilmente, che con tale norma di interpretazione autentica si e’ voluto chiarire che anche nel settore pubblico i permessi de quibus dovevano intendersi retribuiti; dal che derivano pero’ conseguenze del tutto opposte a quelle prospettate nel ricorso, posto che l’inequivoca previsione dell’obbligo di retribuzione dei permessi anche per il settore pubblico esclude, per evidente contrasto con la suddetta portata della norma di interpretazione autentica, l’interpretazione secondo cui, proprio nel settore pubblico, dovrebbe essere esclusa la corresponsione della retribuzione comprensiva dei compensi incentivanti a causa delle evidenziate differenze rispetto al settore privato.
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione di plurime norme di legge, il ricorrente, sulla premessa che il pagamento dei compensi incentivanti, corrisposti al personale che partecipa alla elaborazione e realizzazione dei progetti a termine elaborati dall’Istituto, e’ disposto previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti (Legge n. 88 del 1989, articolo 18, comma 3 bis, ultimo cpv), deduce che i suddetti compensi non possono essere ricompresi nella retribuzione dovuta per i permessi de quibus, in quanto legati alla singola valutazione dell’effettivo impegno profuso nel conseguimento degli obiettivi fissati dall’Ente ed alla verifica dell’effettiva realizzazione dei medesimi obiettivi.
2.1 Osserva il Collegio che, a mente della Legge n. 88 del 1989, articolo 18, comma 2, “Con la contrattazione articolata di ente sono stabiliti i criteri perla corresponsione, al personale e ai dirigenti che partecipano alla elaborazione e realizzazione dei progetti di cui al comma 1, di compensi incentivanti la produttivita’”; secondo quanto gia’ esposto nello storico di lite, la Corte territoriale ha dato atto che l’Inps non aveva prodotto la contrattazione articolata dalla quale dovrebbe trovare conferma l’assunto secondo cui il compenso in parola dovrebbe essere corrisposto solo per le ore effettivamente lavorate; ne’ dell’esistenza di una previsione in tal senso ad opera della contrattazione articolata il ricorrente fa cenno nel motivo all’esame.
Ne discende che, prevedendo la normativa legale il pagamento dei compensi incentivanti unicamente “previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti”, risulta privo di base normativa l’assunto del ricorrente secondo cui tali compensi non dovrebbero essere corrisposti nei giorni di permesso retribuito di cui alla Legge n. 104 del 1992 e successive modifiche, articolo 33, comma 3.
3. Con il terzo motivo, denunciando plurime violazione di norme di accordo collettivo e di legge, il ricorrente deduce che il CCNL 1994-97, pur avendo richiamato all’articolo 19, comma 6, ma ad altri fini, i permessi retribuiti di cui alla Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, non conteneva, a differenza di quanto stabilito per l’astensione dal lavoro delle lavoratrici madri, alcuna disposizione volta al riconoscimento del diritto alla corresponsione dei compensi incentivanti per le giornate di fruizione di tali permessi; soltanto nell’accordo collettivo del 3.4.2003, dopo che il CCNL 1998-2001 aveva inserito nella struttura della retribuzione anche i compensi incentivanti, era stato concordato che in permessi in parola fossero equiparati al servizio espressamente prestato con decorrenza dal 1.1.2003; ne deduce che le parti collettive non avevano voluto inserire, prima di tale data, nel computo della retribuzione dovuta ai dipendenti in permesso ai sensi della Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, i compensi incentivanti per cui e’ causa.
3.1 Il motivo presenta profili di inammissibilita’ per violazione del principio di autosufficienza, non essendo stato specificato in ricorso il periodo di tempo durante il quale si e’ verificata la fruizione dei permessi Legge n. 104 del 1992, ex articolo 33, comma 3, in relazione ai quali e’ stata richiesto il pagamento dei compensi incentivanti e non essendo stato riportato il testo dell’accordo integrativo del 3.4.2003 (che peraltro, come gia’ rilevato dalla Corte territoriale, neppure risulta essere stato prodotto).
3.2 Per completezza di motivazione deve comunque rilevarsi altresi’ l’infondatezza della doglianza.
Infatti, a fronte di un quadro normativo che, giusta le considerazioni svolte nella disamina dei precedenti motivi, legislativamente conduce alla ricomprensione anche dei compensi de quibus nella retribuzione relativa ai giorni di fruizione dei permessi, il silenzio al riguardo del CCNL 1994-97 non puo’ valere ad escludere dalla retribuzione (e, quindi, dal pagamento) tali compensi.
Ne’ va dimenticato che comunque la stessa contrattazione collettiva, con il CCNL 1998-2001, ha espressamente indicato i compensi incentivanti nella struttura della retribuzione (cfr, articolo 28, comma 1, lettera e) e che sempre il medesimo contratto collettivo, disciplinando il trattamento economico-normativo del personale a tempo parziale (che, per definizione, svolge la propria prestazione lavorativa in orario inferiore a quella dei dipendenti a tempo pieno), ha previsto che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti (fra i quali, come si e’ detto, rientrano i compensi incentivanti de quibus) sono applicati a quei dipendenti “… anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orano adottato” (cfr, articolo 23, comma 5), con cio’ implicitamente riconoscendo che la “previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti” richiesta dalla legge non e’ limitata al numero delle ore o dei giorni effettivamente lavorati.
4. In definitiva il ricorso va rigettato.
Non e’ luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva delle parti intimate.
1.1 Osserva la Corte che, a mente della Legge n. 104 del 1992 e successive modifiche, articolo 33, comma 3, primo periodo, “A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravita’, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita’ abbiano compiuto i sessantacinque anni di eta’ oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa”; il successivo comma 4 prevede poi che “Ai pendessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti alla citata Legge n. 1204 del 1971, articolo 7, si applicano le disposizioni di cui alla Legge n. 1204 del 1971, medesimo articolo 7, u.c., nonche’ quelle contenute nella Legge 9 dicembre 1977, n. 903, articoli 7 e 8 “; sulla base di tale disposto normativo, anche in relazione all’espresso richiamo fatto alla Legge n. 903 del 1977, articolo 8 (abrogato dal Decreto Legislativo n. 151 del 2001, articolo 86, comma 2, che tuttavia, all’articolo 43 riproduce una disposizione di analogo contenuto), che, ai primi due commi, prevede che per i riposi di cui alla Legge n. 1204 del 1971, articolo 10 sia dovuta dall’ente assicuratore un’indennita’ pari all’intero ammontare della retribuzione relativa ai riposi medesimi e che tale indennita’ sia anticipata dal datore di lavoro e sia poi portata a conguaglio con gli importi contributivi dovuti, l’Istituto ricorrente delinea le differenze tra settore pubblico e privato poste a fondamento del motivo.
Tuttavia il Decreto Legge n. 324 del 1993, articolo 2, comma 3 ter, convenuto con modificazioni in Legge n. 423 del 1993, stabilisce che “Legge 5 febbraio 1992, n. 104, articolo 33, comma 3 le parole “hanno diritto a tre giorni di permesso mensile” devono interpretarsi nel senso che il permesso mensile deve essere comunque retribuito”; lo stesso ricorrente osserva, condivisibilmente, che con tale norma di interpretazione autentica si e’ voluto chiarire che anche nel settore pubblico i permessi de quibus dovevano intendersi retribuiti; dal che derivano pero’ conseguenze del tutto opposte a quelle prospettate nel ricorso, posto che l’inequivoca previsione dell’obbligo di retribuzione dei permessi anche per il settore pubblico esclude, per evidente contrasto con la suddetta portata della norma di interpretazione autentica, l’interpretazione secondo cui, proprio nel settore pubblico, dovrebbe essere esclusa la corresponsione della retribuzione comprensiva dei compensi incentivanti a causa delle evidenziate differenze rispetto al settore privato.
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione di plurime norme di legge, il ricorrente, sulla premessa che il pagamento dei compensi incentivanti, corrisposti al personale che partecipa alla elaborazione e realizzazione dei progetti a termine elaborati dall’Istituto, e’ disposto previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti (Legge n. 88 del 1989, articolo 18, comma 3 bis, ultimo cpv), deduce che i suddetti compensi non possono essere ricompresi nella retribuzione dovuta per i permessi de quibus, in quanto legati alla singola valutazione dell’effettivo impegno profuso nel conseguimento degli obiettivi fissati dall’Ente ed alla verifica dell’effettiva realizzazione dei medesimi obiettivi.
2.1 Osserva il Collegio che, a mente della Legge n. 88 del 1989, articolo 18, comma 2, “Con la contrattazione articolata di ente sono stabiliti i criteri perla corresponsione, al personale e ai dirigenti che partecipano alla elaborazione e realizzazione dei progetti di cui al comma 1, di compensi incentivanti la produttivita’”; secondo quanto gia’ esposto nello storico di lite, la Corte territoriale ha dato atto che l’Inps non aveva prodotto la contrattazione articolata dalla quale dovrebbe trovare conferma l’assunto secondo cui il compenso in parola dovrebbe essere corrisposto solo per le ore effettivamente lavorate; ne’ dell’esistenza di una previsione in tal senso ad opera della contrattazione articolata il ricorrente fa cenno nel motivo all’esame.
Ne discende che, prevedendo la normativa legale il pagamento dei compensi incentivanti unicamente “previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti”, risulta privo di base normativa l’assunto del ricorrente secondo cui tali compensi non dovrebbero essere corrisposti nei giorni di permesso retribuito di cui alla Legge n. 104 del 1992 e successive modifiche, articolo 33, comma 3.
3. Con il terzo motivo, denunciando plurime violazione di norme di accordo collettivo e di legge, il ricorrente deduce che il CCNL 1994-97, pur avendo richiamato all’articolo 19, comma 6, ma ad altri fini, i permessi retribuiti di cui alla Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, non conteneva, a differenza di quanto stabilito per l’astensione dal lavoro delle lavoratrici madri, alcuna disposizione volta al riconoscimento del diritto alla corresponsione dei compensi incentivanti per le giornate di fruizione di tali permessi; soltanto nell’accordo collettivo del 3.4.2003, dopo che il CCNL 1998-2001 aveva inserito nella struttura della retribuzione anche i compensi incentivanti, era stato concordato che in permessi in parola fossero equiparati al servizio espressamente prestato con decorrenza dal 1.1.2003; ne deduce che le parti collettive non avevano voluto inserire, prima di tale data, nel computo della retribuzione dovuta ai dipendenti in permesso ai sensi della Legge n. 104 del 1992, articolo 33, comma 3, i compensi incentivanti per cui e’ causa.
3.1 Il motivo presenta profili di inammissibilita’ per violazione del principio di autosufficienza, non essendo stato specificato in ricorso il periodo di tempo durante il quale si e’ verificata la fruizione dei permessi Legge n. 104 del 1992, ex articolo 33, comma 3, in relazione ai quali e’ stata richiesto il pagamento dei compensi incentivanti e non essendo stato riportato il testo dell’accordo integrativo del 3.4.2003 (che peraltro, come gia’ rilevato dalla Corte territoriale, neppure risulta essere stato prodotto).
3.2 Per completezza di motivazione deve comunque rilevarsi altresi’ l’infondatezza della doglianza.
Infatti, a fronte di un quadro normativo che, giusta le considerazioni svolte nella disamina dei precedenti motivi, legislativamente conduce alla ricomprensione anche dei compensi de quibus nella retribuzione relativa ai giorni di fruizione dei permessi, il silenzio al riguardo del CCNL 1994-97 non puo’ valere ad escludere dalla retribuzione (e, quindi, dal pagamento) tali compensi.
Ne’ va dimenticato che comunque la stessa contrattazione collettiva, con il CCNL 1998-2001, ha espressamente indicato i compensi incentivanti nella struttura della retribuzione (cfr, articolo 28, comma 1, lettera e) e che sempre il medesimo contratto collettivo, disciplinando il trattamento economico-normativo del personale a tempo parziale (che, per definizione, svolge la propria prestazione lavorativa in orario inferiore a quella dei dipendenti a tempo pieno), ha previsto che i trattamenti accessori collegati al raggiungimento di obiettivi o alla realizzazione di progetti (fra i quali, come si e’ detto, rientrano i compensi incentivanti de quibus) sono applicati a quei dipendenti “… anche in misura non frazionata o non direttamente proporzionale al regime orano adottato” (cfr, articolo 23, comma 5), con cio’ implicitamente riconoscendo che la “previa valutazione e verifica dei risultati conseguiti” richiesta dalla legge non e’ limitata al numero delle ore o dei giorni effettivamente lavorati.
4. In definitiva il ricorso va rigettato.
Non e’ luogo a provvedere sulle spese, in difetto di attività difensiva delle parti intimate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
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