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Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza n. 19384  del 6 maggio 2013

Fatto e diritto

Con sentenza dell’11/5/2012 la Corte d’appello di Venezia confermava, disponendo altresì la sospensione della patente di guida, la sentenza di primo grado che aveva accertato la responsabilità di S.C. per il reato di cui all’art. 589 co. 2 c.p., perché, alla guida della autovettura Ford Focus tg. (omissis), per colpa, investiva con la parte frontale della vettura il giovane Sc.Gi. che, a bordo di un ciclomotore Malaguti F 12, si stava nel frangente immettendo sulla prioritaria provinciale percorrendo una corsia di canalizzazione in senso vietato.
I giudici di merito, pur riconoscendo un rilevante concorso di colpa della vittima, fondavano l’addebito di responsabilità mosso all’imputato sulla velocità (di 83 km orari) tenuta dallo stesso, superiore a quella imposta dal limite stradale (70 km h), inadeguata alle condizioni di tempo e di luogo, oltre che sugli esiti della disposta perizia, la quale aveva accertato che, tenendo una velocità inferiore, anche se non si sarebbe potuto evitare l’impatto (essendo a tal fine necessario il contenimento della velocità in 30 km orari, in concreto non esigibile), l’urto sarebbe stato meno violento e non avrebbe avuto conseguenze letali.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato.
Deduce erronea applicazione dell’art. 43 c.p. e vizio di motivazione con riferimento alla prova costituita dall’esame del prof. Sartori, esperto in tempi di reazione. Osserva che i giudici di merito avevano trascurato il tema della causalità della colpa. Rileva che il precetto di cui all’art. 142 c.d.s., in concreto violato dall’imputato, ha la finalità di garantire un’andatura corretta e regolare nell’ambito della corsia di marcia per la tutela del veicolo precedente e degli altri che la percorrono, ma non è inteso a evitare il rischio determinato dalla improvvisa occupazione della corsia da parte di veicolo proveniente contromano che si immette nella carreggiata.
Deduce, inoltre, che era stato omesso un giudizio sulla prevedibilità ed evitabilità dell’evento, mediante l’utilizzo dell’indagine peritale svolta riguardo ai tempi di reazione.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato e va rigettato.
Quanto al profilo di doglianza attinente alla causalità della colpa, è da osservare che, per costante insegnamento di questa Corte, le prescrizioni attinenti ai limiti di velocità, contrariamente a quanto asserito dal ricorrente, sono preordinate, oltre che al fine di non creare pericolo nel normale andamento della circolazione, anche al fine di consentire al conducente di prevenire e porre rimedio alle imprudenze altrui che si dovessero presentare: ogni conducente ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui.
La sentenza illustra con motivazione corretta e congrua perché la condotta dell’imputato non potesse essere considerata esente da colpa, evidenziando come la velocità dallo stesso tenuta non solo non fosse conforme al limite fissato dalla segnaletica stradale, ma fosse, altresì, inadeguata all’ora notturna, alla scarsa illuminazione, alla presenza di un manto stradale in parziale rifacimento e, in particolare (circostanza questa posta in evidenza dal giudice di primo grado) alla presenza di un consistente afflusso di motociclisti sopraggiungenti dalla strada laterale, ancorché nel corretto senso di marcia ad esclusione dello Sc.. Le indicate circostanze avrebbero richiesto il contenimento della velocità ben al di sotto della soglia posta dal limite stradale. Quanto ai rilievi inerenti alla mancata considerazione degli esiti della CTU circa i tempi di reazione, si osserva che la sentenza di primo grado supera le osservazioni del consulente tecnico, fondando l’affermazione della responsabilità dell’imputato su argomenti attinenti alla prevedibilità dell’evento (nella specie resa evidente dalla contestuale immissione di numerosi motocicli da strada laterale) e alla conseguente necessità di moderare la velocità (comportamento che avrebbe consentito di evitare o limitare i danni dell’impatto). Nessuna carenza motivazionale, pertanto, è ravvisabile sotto il profilo denunciato, profilandosi superflua, in ragione della ritenuta prevedibilità, ogni indagine attinente all’evitabilità dell’evento.
Per tutte le ragioni esposte il ricorso va rigettato.
Il rigetto del ricorso determina in capo al ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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