Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza n. 11425 del 23 marzo 2012
Con sentenza del 13 gennaio 2009 il Tribunale di Torino-sezione distaccata di Ciriè- dichiarava Bu. Ma. , Ai. Gi. e La. Al. colpevoli del reato di lesioni colpose commesso con violazione di norme antinfortunistiche in danno di Sa. Ma. (reato commesso in (Omissis)) e li condannava alla pena di mesi due di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni, ad una provvisionale immediatamente esecutiva e alla rifusione delle spese in favore della parte civile costituita, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante contestata; sostituiva altresì la pena irrogata con la corrispondente pena pecuniaria pari ad euro 2.280.00 di multa.
Agli imputati Bu. Ma. ed Ai. Gi. era stato contestato di avere cagionato, il primo nella qualità di socio ed amministratore della Bu. Cr. %. C. s.n.c., datore di lavoro, il secondo in qualità di socio della predetta società e direttore del cantiere e responsabile del montaggio di un trabattello mobile alto m.6,50 fornito ed installato per l’effettuazione di lavori di insonorizzazione da eseguirsi all’esterno della sede CI. s.r.l., un grave infortunio a Sa. Ma. , (da cui derivava una malattia insanabile, con una invalidità pari al 100%) che precipitava dalla piattaforma del
trabattello che si ribaltava in quanto non stabile e non adeguatamente ancorato alla costruzione, commettendo il fatto con violazione delle norme antinfortunistiche.
Avverso tale decisione hanno proposto appello gli imputati. La Corte di Appello di Torino in data 24.05.2011, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado nei confronti degli imputati Bu. Ma. e Ai. Gi. , che condannava altresi’ alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili ed assolveva invece per non aver commesso il fatto l’imputato La. Al. .
Avverso la predetta sentenza Bu. Ma. ed Ai. Gi. proponevano distinti ricorsi per Cassazione chiedendone l’annullamento.
Bu. Ma. censurava la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1) erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione.
Secondo il ricorrente erroneamente i giudici della Corte territoriale avevano ritenuto inefficace la delega ad Ai. Gi. in quanto priva del conferimento di reali poteri di intervento, dal momento che l’ Ai. era socio con pieni poteri. La motivazione sarebbe poi contraddittoria laddove la sentenza impugnata aveva condannato il Bu. , che aveva nominato direttore di cantiere l’ Ai. , consegnandogli e illustrandogli il piano di sicurezza e coordinamento, che quest’ultimo aveva sottoscritto per presa visione e accettazione, mentre invece aveva assolto il La. che era responsabile dei lavori e coordinatore per la progettazione e l’esecuzione degli stessi e quindi doveva operare quotidianamente nel cantiere. Erroneamente poi la Corte territoriale aveva ritenuto che la delega o preposizione ai compiti di sicurezza era abitualmente praticata soltanto nelle aziende di grandi dimensioni, non potendo essere posta a fondamento della responsabilità penale una pratica asseritamente “abituale”.
Ai. Gi. censurava la sentenza impugnata per i seguenti motivi:
1) in via preliminare declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione;
2) Nel merito violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera b) per omessa valutazione della responsabilità del preposto nell’attività di montaggio del ponte su ruote, in quanto, secondo il ricorrente la responsabilità dell’accaduto sarebbe ascrivibile alla persona offesa Sa. , che aveva la qualità di preposto ed era socio esperto della società appaltatrice dei lavori di insonorizzazione presso il committente e come tale incaricato del montaggio ed utilizzo del ponte a ruote oggetto dell’infortunio;
3) Nel merito, violazione dell’articolo 606 c.p.p., lettera e) per inadeguatezza della motivazione in ordine alla mancata individuazione della persona offesa quale preposto all’attività allorquando avvenne l’infortunio.
Bu.
Ma. , a mezzo del suo procuratore speciale Avv. Vi. Ga. del foro di (Omissis), in data 23.02.2012, dichiarava di rinunciare alla prescrizione.
Diritto
I proposti ricorsi sono palesemente infondati, in quanto ripropongono questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mirano ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità.
Tanto premesso si osserva che i ricorsi proposti per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione selezionano un percorso che si esonera dalla individuazione dei capi o dei punti della decisione cui si riferisce 1’impugnazione ed egualmente sì esonerano dalla indicazione specifica degli elementi di diritto che sorreggono ogni richiesta. Le censure che investano la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione impongono una analisi del testo censurato al fine di evidenziare la presenza dei vizi denunziati. Viceversa la censura che denunzia la mancanza di motivazione deve far emergere ciò che manca e che esclude il raggiungimento della funzione giustificativa della decisione adottata. Una censura che denunzia mancanza di motivazione deve cioè fornire specifica indicazione delle questioni precedentemente poste, specifica comparazione tra questioni proposte e risposte date, approfondita e specifica misurazione della motivazione impugnata per evidenziare come, nonostante l’apparente esistenza di un compiuto argomentare, si sia viceversa venuta a determinare la totale mancanza di un discorso giustificativo della decisione e deve fornire attenta individuazione dei vuoti specifici che hanno determinato quella mancanza complessiva.
Tutto ciò non è rintracciabile nei ricorsi proposti da Bu. Ma. e da Ai. Gi. , poichè mancano di qualsiasi considerazione per la motivazione criticata, e lungi dall’individuare specifici vuoti o difetti di risposta che costituirebbero la complessiva mancanza di motivazione, si dolgono del risultato attinto dalla sentenza impugnata e accumulano circostanze che intenderebbero ridisegnare il fatto in chiave per loro favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.
Nella sentenza oggetto di ricorso è infatti chiaro il percorso motivazionale che ha indotto quei Giudici a confermare la sentenza di primo grado.
La Corte di Appello di Torino ha infatti correttamente ritenuto la responsabilità di Bu.Ma. perchè, quale datore di lavoro, titolare, all’epoca del fatto, della impresa che aveva assunto l’appalto dei lavori di insonorizzazione dello stabilimento CI. , aveva consentito che fosse allestito il ponte su ruote (detto trabattello) che, pur essendo a norma e regolarmente utilizzabile, era
però privo di attrezzature antiribaltamento e di idonei ancoraggi alla parete cui si doveva appoggiare, difetti strutturali e di manutenzione che avevano avuto evidente efficienza causale nella effettuazione dell’evento delittuoso. Il Bu. poi non aveva provveduto all’adeguata formazione del personale che doveva usare il trabattello. Nè è fondato il motivo di ricorso secondo cui la sua responsabilità sarebbe esclusa in quanto egli aveva delegato gli adempimenti in tema di sicurezza del lavoro al socio Ai. Gi. .
Come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, che cita altresì pertinente e condivisibile giurisprudenza di questa Corte (cfr., altresi’, Cass., Sez.4, Sent. n.4123 del 10.12.2008, Rv. 242480), in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (già prima del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 17) il datore di lavoro non poteva delegare, neanche nell’ambito di imprese di grandi dimensioni l’attività di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi.
Per quanto sopra evidenziato la Corte territoriale ha correttamente ritenuto altresì la responsabilità di Ai. Gi. , socio del Bu. con poteri decisionali in materia di vigilanza, in considerazione della posizione di garanzia assunta quale responsabile della sicurezza aziendale, che quindi doveva prevedere anche possibili errori ed imprudenze dei dipendenti nell’uso degli attrezzi e delle macchine da lavoro. Nè poteva ritenersi, come correttamente ha rilevato la sentenza impugnata, che l’infortunio fosse avvenuto a causa del comportamento del preposto e cioè della persona offesa Sa. Ma. , non essendo verosimile che quest’ultimo, dopo avere constatato la difficoltà di ancorare il trabattello al muro, abbia corso il rischio di operare uno spostamento dello stesso senza discenderne e senza avvertire dell’ardita manovra Bu. Ma. e Ai. Gi. , mettendo in pericolo la propria vita e quella del figlio di Ai. Gi. , Lu. , che con lui lavorava. Al contrario il delicato problema della stabilità di tale struttura metallica, su cui si doveva salire fino ad almeno sei metri di altezza, avrebbe dovuto imporre al responsabile della sicurezza Ai.Gi. di assicurarsi della piena rispondenza del “trabattello” alle esigenze di stabilità.
Pertanto nè rispetto ai capi nè rispetto ai punti della sentenza impugnata , nè rispetto all’intera tessitura motivazionale che nella sua sintesi è coerente e completa, è stata in alcun modo configurata la protestata assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.
I ricorsi proposti non vanno in conclusione oltre la mera enunciazione dei vizi denunciati e dunque essi sono inammissibili con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Nei confronti di Ai. Gi. ( Bu. Ma. ha rinunciato alla prescrizione) non può invece essere dichiarata la prescrizione del reato (che sarebbe maturata in data 28.05.2011, successivamente quindi alla sentenza di appello, che è datata 24.05.2011), in quanto la dichiarazione di inammissibilità, secondo la concorde giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 1, Sent. n.24688 del 4.06.08, Rv.240594), preclude la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione anche se maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non dedotta, nè rilevata nel giudizio di merito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa ammende.
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