Pedone investito

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV

sentenza del 24 gennaio 2013, n. 3834

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 27 maggio 2010 il Tribunale di Varese, sezione distaccata di Luino, in riforma della sentenza del giudice di pace di Luino in data 7 ottobre 2009, appellata da P.S. assolveva quest’ultima dal reato ascrittole perché il fatto non costituisce reato. Alla P. era stato contestato il reato previsto e punito dall’art. 590 c.p., per avere, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, cagionato a F.P. lesioni personali consistite in “frattura piatto tibiale est. e testa perone destro”, con prognosi complessiva superiore a giorni 90 s.c.; in particolare poiché alla guida dell’autoveicolo Peugeot 206, percorrendo la rotonda nel tratto tra via (…) e via (…) , non si avvedeva della presenza della parte offesa che, quale pedone, stava attraversando la strada in quel tratto, investendolo e provocandone la caduta e le conseguenti lesioni di cui sopra. Il Tribunale perveniva alla pronuncia assolutoria, così riformando la sentenza di I grado, ritenendo che nessun profilo di colpa fosse riscontrabile nella condotta di guida della P. che procedeva a velocità ridotta e seguiva regolarmente la sua strada, mentre il pedone investito aveva attraversato sulle apposite strisce e di sbieco, comparendo all’improvviso di fronte all’autovettura.
2. Avverso tale decisione proponevano ricorso le parti civili A.A. , F.F. e F.A. n.q. di eredi di F.P. a mezzo dei propri difensori censurando la gravata sentenza per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. In particolare per non aver la sentenza impugnata in alcun modo confutato l’iter logico seguito dal giudice di I grado e senza dare alcuna motivazione del diverso convincimento espresso. Deducevano infine la violazione dell’art. 606, 1 comma lett. e) c.p.p. sotto il profilo del travisamento dei fatti e della prova.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Il Tribunale, infatti, nel ribaltare la pronunzia di primo grado, ha affermato unicamente – come già ricordato in narrativa – che nessuna colpa può essere riscontrata nel comportamento della P. . Come in più occasioni precisato da questa Corte (cfr. ex plurimis, Sez. V, n. 42033 del 17 ottobre 2008, imp. Pappalardo, RV 242330), se la sentenza di appello conduce ad una riforma totale del giudizio di primo grado, essa deve confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione, dimostrando puntualmente l’insostenibllità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. Nessuna traccia di tale impegno motivazionale, per quanto premesso, può rinvenirsi nel caso di specie, ove la responsabilità della P. era stata affermata in I grado sulla base delle stesse dichiarazioni dell’imputata che aveva ammesso di essersi distratta e di non aver prestato la dovuta attenzione alla strada, circostanza confermata dalla rilevata assoluta assenza di tracce di frenata, aspetti su cui la gravata sentenza non si è assolutamente soffermata. Va peraltro osservato che questa Corte di legittimità ha statuito che “Nel caso di investimento di un pedone, perché possa essere affermata la colpa esclusiva del medesimo per le lesioni subite è necessario che il conducente del veicolo investitore si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido e inatteso e, inoltre, che nessuna infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza sia riscontrabile nel comportamento dello stesso conducente (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 20027 del 16/04/2008 Ud. (dep. 19/05/2008), Di Cagno, Rv. 240221; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 44651 del 12/10/2005 Ud. (dep. 07/12/2005), Leonini, Rv. 232618; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 40908 del 13/10/2005 Ud. (dep. 10/11/2005), Tavoliere, Rv. 232422; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 4854 del 30/01/1991 Ud. (dep. 02/05/1991), Del Frate, Rv. 187055).Ne consegue che il giudice di merito, facendo mal governo delle norme di cautela sopra richiamate, è giunto ad una sentenza di assoluzione, non valutando adeguatamente la loro consumata violazione e ritenendo imprevedibile l’attraversamento del F. , che, secondo le accertate circostanze di fatto, era invece prevedibile ed avrebbe imposto una maggiore attenzione nella guida onde avere il completo controllo della strada.
4. Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio della sentenza che, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., deve essere fatto in favore del giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche il regolamento delle spese fra le parti per questo grado di giudizio

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui demanda anche il regolamento delle spese fra le parti per questo grado di giudizio.

Depositata in Cancelleria il 24.01.2013

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